Foto © Ottavia Da Re
Intervista - Il giorno più bello di Fabio Troiano
Sul set Fabio Troiano ha un che di stralunato, con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ dinoccolata che ricorda il suo amato Troisi ma quando il regista Massimo Cappelli e il direttore della fotografia gli chiedono se se la sente di prolungare la scena che si sta girando andando a sbattere sulla porta-vetrata del museo Revoltella imbambolato dalla visione della bellissima Claudia Zanella, amica della sua fidanzata Nina/Violante Placido), lui non si tira indietro e comincia a fare l’ariete, schianto dopo schianto, ma le prime scene non sembrano avere la giusta dinamica e il regista decide di studiarle e riprenderle in seguito.
Così, tra un ciak e l’altro di “Il giorno più bello”, mentre il promesso sposo Leo si riposa dalle incombenze matrimoniali, Fabio Troiano si lancia con lo stesso entusiasmo nelle interviste di rito che per la prima volta lo vedono "protagonista" e mattatore…
Quanto condividi con il personaggio di Leo?
Non è che non ci penso, ma il matrimonio lo intendo di più come una festa tra amici, come una festa per dire a tutti che siamo felici. Io poi vengo da una famiglia tradizionale di origini napoletane quindi mi è capitato spesso di assistere, dove ci sono rituali che durano all’infinito: brindisi foto di cinque ore, taglio della cravatta. Cose che solo a pensarci dici: MAI.
Eppure saresti disposto a fare tutto questo per amore?
Se trovi qualcuno con cui stai bene di solito condividi anche l’idea di matrimonio. Non che di colpo lei decide di fare la Principessa Sissi e tu di andare sull’Isola dei famosi!
Bene o male spero se mai dovessi sposarmi di trovare qualcuno che condivida anche la mia idea di matrimonio…
Un anticonformista vero…
Assolutamente.
Secondo te quella del protagonista è più paura di crescere o di essere conformato?
Forse tutt’e due. Il senso della responsabilità c’è, i protagonisti stanno insieme da un po’, quindi di fatto non cambia nulla se non due firme. Quindi è più forse paura di essere conformati, l’idea di omologarsi alla società ma indirettamente è anche paura di crescere. Nel momento in cui tu non ti vuoi omologare forse non vuoi neanche crescere. Però credo sia una cosa più che altro inconscia…
Non pensi che dietro la paura di essere conformati in realtà si nasconda un atteggiamento conformista?
Beh, comunque, nel momento in cui cresci in una società, come la nostra, anche se non vuoi farti omologare devi per forza di cose seguire delle regole. Però quando devi decidere qualcosa di importante della tua vita, lì la tua scelta è fondamentale e non può farsi condizionare dalle convenzioni.
Tornando al cinema, hai già girato due commedie con Ferrario, l’ultima delle quali “Se devo essere sincera” prendeva di mira il rapporto di coppia in modo molto ironico. Un po’ come in questo film. Quindi ti senti a tuo agio nella cosidetta “commedia sentimentale”…
Per il momento sì. Anche in “Dopo mezzanotte” nonostante lì il mio personaggio era un po’ drammatico, c’è sempre una vena ironica, così come in “Andata + Ritorno” di Ponti.
A questo punto, speriamo che la commedia mi si addica…
Anche perché questa è la prima commedia in cui sono protagonista assoluto. Ringrazio Massimo perché ha rischiato con me, buttandosi con il bungee jumping. Speriamo che l’elastico tenga…
Avrà avuto le sue buone ragioni…
Beh, lo spero…
Scherzi a parte, questo film è davvero una scommessa importante.
Per entrambi…
Sicuramente. In ogni caso non avrei mai potuto rifiutare la sua proposta. La sceneggiatura è scritta benissimo e i suoi lavori precedenti mi sono piaciuti moltissimo e poi sul set Massimo è molto determinato, uno che sa cosa vuole. Non ci troviamo mai sul set senza sapere cosa fare, o come muoverci...
Non è facile quando si tratta di una commedia...
Infatti. Abbiamo dei tempi comici da rispettare, delle inquadrature ben precise da realizzare, da cui non puoi svincolarti altrimenti saltano gli schemi e rischi di non far ridere. Quindi sono contento che Massimo abbia voluto rischiare con me. Spero, in queste cinque settimane, di averlo ricambiato, di avergli dato quello che lui si aspettava da me o meglio dal personaggio di Leo…
Per questi ruoli, come attore brillante, hai qualche modello di riferimento? Qualche attore a cui ti ispiri e che ti fa dire io un giorno vorrei essere…
Io un giorno vorrei essere sempre me stesso e basta…
Non voglio prendere dei modelli veri e propri. Però ci sono degli attori che ammiro molto. Uno di questi è Massimo Troisi, una delle mie passioni. Ma anche altri, tra cui alcuni giovani che hanno la mia età e che apprezzo molto. Ma più che ispirarmi a loro, vorrei lavorare con loro, per poter condividere determinate esperienze.
Quello che dici è molto bello, quanto insolito, in un mondo che non brilla certo per solidarietà…
Io invece, e te lo dico sinceramente, sarei entusiasta di lavorare con attori come Luigi Lo Cascio, Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino…
Claudio Santamaria…
Sì, ma per lavorare con Claudio Santamaria bisognerebbe fare un film su due gemelli…
In effetti qualche somiglianza c’è. Magari fra i tuoi prossimi progetti c’è posto per uno script su due gemelli…
In tal caso, si può fare…
- si schermisce divertito -
Al momento sto valutando un progetto televisivo, che dovrebbe partire l’inizio del prossimo anno. Ma ora me ne vado un po’ in vacanza. Dopo questo film che come protagonista mi ha impegnato molto, mi ricarico, ripenso a quest’esperienza e poi chissà…
Fabio ritorna in scena, di nuovo concentrato su quella maledetta vetrata. Stavolta la scena si gira davvero. “Te la senti?” chiede il regista. Non ci sono santi. La troupe è tutta su di lui, aspetta di nuovo l’azione, dopo l’ennesimo schianto andato a vuoto perché poco convincente, poco “vero”.
Anche le comparse più stanche si sono ormai raccolte intorno al monitor del regista. E Fabio parte come un treno, e stavolta lascia perdere i tempi, i passi, la posizione e va di faccia sulla porta mentre la vetrata trema in uno schianto secco…
Tenendosi il viso si piega in due lasciando sfogare un dolore represso di fantozziana memoria, mentre il regista con un gesto rapido della mano fa segno all’assistente già pronto a stoppare, di lasciar andare la pellicola. Tutt’intorno, un silenzio di attesa e interrogativi. Massimo Cappelli si alza contenendo a fatica un mezzo sorriso, ricomponendosi subito dopo in un piglio autoritario e serioso…
“Stooop! Buona! Questa è buonaaa!”
Inevitabile l’applauso che innesca una risata collettiva e liberatoria. Fabio si rilassa e per poco non stramazza sul pavimento del museo, ancora intontito dalla botta ma con stampato in faccia lo sguardo beato e stranito di chi sa di aver azzeccato tutto, trovando la gag e il sorriso.
Ottavia Da Re
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