Mean Girls
La dolce e ingenua Cady Heron (Lindsay Lohan), dopo un’infanzia trascorsa in Africa al seguito dei genitori ricercatori, si ritrova improvvisamente nella vita civile della tranquilla cittadina dell'Illinois, North Shore, catapultata in un’altra “giungla”, altrettanto feroce, quella del liceo a cui viene iscritta, che si rivela fin da subito, piena di insidie e popolata da strani “animali” che vivono in gruppo e lottano per la sopravvivenza della propria specie…
Sono i "secchioni", gli "atleti", gli "alternativi", gli "sfigati" e, naturalmente, le Barbie, guidate dalla spietata Regina George (Rachel McAdams)…
Sulle prime Cady stringe amicizia con i più reietti del liceo, la dark Janis (Lizzy Caplan) e il suo amico gay Damian (Daniel Franzese), schierandosi contro quel gruppetto di ochette che sembrano calamitare l’attenzione di tutti, ma ben presto, spinta dalla stessa che Janis che la convince ad infiltrarsi nel loro club esclusivo per smascherarne e farsi quattro risate, l’impacciata Cady si sentirà attratta dal loro “carisma” e dal fascino di della perfida "Ape Regina" capace di manipolare le persone a proprio uso e consumo.
La dolce e ingenua ragazzotta venuta dalla giungla si trasformerà ben presto in una perfetta Barbie, tutta mini, boccoli e malignità, nel tentativo di diventare finalmente "in" e conquistare il ragazzo più "cool", Aaron Samuels (Jonathan Bennett) , guarda caso, l’ex boyfriend di Regina...
L’incipit di questo film (tratto dal "manuale di sopravvivenza" intitolato: Queen Bees and Wannabes: Helping Your Daughter Survive Cliques, Gossip, Boyfriends and Other Realities of Adolescence Trad.: "Api regine e regine fallite: come aiutare vostra figlia a sopravvivere a cricche, pettegolezzi, boyfriend e altre realtà dell'adolescenza" di Rosalind Wiseman) lasciava intendere una parodia “animalesca” dell’universo adolescenziale femminile e del mondo delle scuole americane. Uno spunto non originalissimo che avrebbe, tutto sommato, dato una caratterizzazione ironica e divertente ad un universo fin troppo sfruttato sul fronte maschile (il filone di American Pie; Road Trip) ma ancora tutto da esplorare e dissacrare per quanto riguarda il “gentil” sesso.
Ma i buoni intenti si esauriscono ben presto, proprio quando vengono meno la parodia (se si eccettuano alcuni versacci fuori campo e la volgarità ”animale” di certe situazioni) e la cattiveria incarnata da Regina e dalle sue famigerate gesta di prevaricazione che lascia il posto a note di gratuita e, a tratti, sadica ferocia.
"Piccole donne" che non crescono ma che si accapigliano sparlando e tramando senza grande originalità alle spalle di amiche, compagne e tirapiedi.
Con la progressiva metamorfosi della protagonista, sicuramente buffa ma non abbastanza “simpatica”, la commedia perde le sue potenzialità, rinunciando alla possibilità di caricaturare con ironia le diverse tipologie di adolescenti, preferendo la strada demenziale della banalizzazione, della generalizzazione e della più becera volgarità di cui questo filone (che, paradossalmente, ha avuto come illustre, inimitabile, precursore Animal House di John Landis), non sembra voler fare a meno.
Se lo scopo era quello di dimostrare che il mondo adolescenziale sa regredire ad uno stato animale, il regista (Mark Waters) e la sceneggiatrice (Emmy Tina Fey) colgono nel segno, dando alle proprie protagoniste tutte le battute più insulse e le situazioni più frivole con le quali portare in scena questa degenerazione. Se l’intento invece era quello di farne un'ironica parodia, l’impresa fallisce miseramente in un crescendo di banalità che fa di questa commediola (che però si dilunga per ben 137 minuti, assolutamente ingiustificati...) l’ennesimo sgangherato e frivolo ritratto del mondo giovanile.
Non aiuta certo il cast delle "sgallettate" protagoniste in cui l’insipida stellina, ex enfant prodige del piccolo schermo, Lindsay Lohan (Quel pazzo venerdì), non riesce quasi mai ad essere una convincente eroina acqua e sapone con la quale identificarsi, e finisce per farsi rubare la scena dalla vera "Regina" del film, Rachel McAdams (ve la ricordate in My name is Tanino di Paolo Virzì?) che, a colpi di sorrisini perfidi e smorfie maligne ben assestate, riesce ad accaparrarsi tutte le simpatie del pubblico.
Ottavia Da Re
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