Laws of Attraction - Matrimonio in appello
Audrey Woods (Julianne Moore) è un avvocato divorzista di grido: bella ed elegante, piena di scrupolo
nell'applicazione della legge, porta avanti una carriera brillante. Seria professionista, legale d'acciaio, single in
apparenza di ghiaccio antitesi della vanesia mamma (Frances Fisher) tutta lifting, palestre e beveroni dietetici. Ad
incrinarne la sicurezza, sia in aula che nella vita, sarà l'incontro/scontro con il collega Daniel Rafferty (Pierce Brosnan).
Altro brillante divorzista che sotto la facciata pigra e distratta nasconde la stessa stoffa di Audrey. E la medesima
abitudine: quella di non perdere le cause.
Apice della loro guerriglia legale, fatta di schermaglie amorose ora tenere ora pungenti, é la causa di divorzio
fra il celebre cantante rock Thorne Jamison (Michael Sheen) e sua moglie Serena (Parker Posey), stilista a un passo
dall'isteria ("Stracci i miei vestiti??? Vallo a dire a Nicole Kidman quando ne ha indossato uno per la notte degli
Oscar...!"). Al centro della contesa, un castello in Irlanda che entrambi i coniugi in rotta rivendicano. Costretti a
recarvisi per raccogliere separatamente le testimonianze del personale, Audrey e Daniel si trovano trascinati dalla loro
reciproca attrazione in una situazione imprevedibile e imprevista: dopo una notte di festeggiamenti, in occasione di una
ricorrenza tradizionale irlandese, si risvegliano marito e moglie. Il ritorno a New York li costringerà ad affrontare sia
la causa di divorzio fra le due star che il loro rapporto e lo status di coniugi. Quel matrimonio è la pazzia di un momento
o un'unione destinata a durare?
Dopo aver diretto Gwyneth Paltrow nel doppio ruolo di Sliding Doors, Peter Howitt torna alla commedia lasciando
da parte le disquisizioni esistenziali per raccontare quella che è sia una stravagante storia d'amore che un pastiche
divertito. La sceneggiatura di Aline Brosh McKenna e Robert Harling, infatti, sembra nascere come divertissement per
gli autori stessi, esaurire quasi la vena accattivante nel nascere e rimanere sterilmente infarcita di luoghi comuni nella
messa in scena. Il regista cerca di sfruttare le possibilità della storia amplificandone l'umorismo, con una tecnica briosa e
uno stile che guarda più al diversivo che al calligrafismo. Ma non sempre i risultati salvano Laws of Attraction dalla
banalità - ahinoi - meno raffinata (colpevole forse anche il poco fantasioso sottotitolo "Matrimonio in appello", che
richiama il più simpatico doppio senso del titolo originale in cui le "leggi", laws, sono sia quelle dell'attrazione,
attraction, che ovviamente quelle di cui si occupano per professione gli avvocati). Tristemente e purtroppo inutilmente
ripetitiva la battuta finale dell'autista, per fare solo un esempio, che richiama l'ossessione di Audrey per gli annunci
delle previsioni meteo.
Eppure intenzioni e premesse non sono malvage. Howitt ha già dimostrato - e continua a farlo - di sapersi
destreggiare fra le righe del sentimentale in più di un'occasione. E, a proposito, in Laws of Attraction è soprattutto la
significativa colonna sonora di Edward Shearmur, che arrangia più di un tema modellandosi costantemente sui cambiamenti
di location, a sostenere gli snodi del racconto e a portar loro animo.
L'omaggio alla commedia rosa di cinquant'anni fa, l'ironica malizia che sembra strizzare l'occhio a La costola di
Adamo di George Cuckor (1949, allora i legali erano interpretati niente meno che da Katharine Hepburn e Spencer Tracy)
riesce solo in parte. E' purtroppo il peccato di inerzia degli sceneggiatori che affossa e appiattisce un film che avrebbe
potuto dare di più. E non si possono incolpare i due protagonisti per la scarsa inventiva con cui vengono messe a fuoco
diverse situazioni.
Pierce Brosnan dimostra di trovarsi a suo agio in panni stile "letto sfatto", gongolandosi prima e scattando poi in
un'altalena di toni che sempre ruotano attorno alla figura del seduttore sopra gli anta, tratto mal marcato di un
personaggio che impedisce all'attore di brillare.
Julianne Moore è di una bellezza sempre più luminosa, e nonostante i numerosi ruoli drammatici ha dato prova di
eclettismo affrontando la commedia in più di un'occasione, come La fortuna di Cookie di Altman e in Un marito
ideale di Parker. "Era fondamentale avere un'attrice dotata non solo di talento e carisma, ma che fosse anche capace di
esprimere comicità ed emozioni", ha dichiarato il produttore David T. Friendly. Ma è un peccato vedere un talento come il
suo sciupato in un ruolo che spesso sconfina nella macchietta, per un'interpretazione sempre valida, ma che soffre di trovate
poco ingegnose. Eppure a penalizzare ancor di più il personaggio - qui gli autori non hanno colpa - è il pessimo doppiaggio
italiano diretto da Fiamma Izzo, che mette da parte le abituali voci italiane della Moore per affidare l'incarico di
doppiarla alla sorella Rossella; un lavoro inadeguato che rende la recitazione di Julianne (nota per la voce calda e le
inflessioni profonde) pressochè irriconoscibile.
Se non altro, Moore e Brosnan rendono meno rozzo l'uso degli stereotipi, che si concentrano comunque soprattutto nei
ritratti di contorno. Tuttavia, la poca inventiva con cui le figure più risapute vengono trattate appesantisce parecchio
Laws of Attraction, vittima della stanchezza con cui i toni comici sono creati e accostati a quelli romantici.
Alessandro Bizzotto
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