Sky Captain and the World of Tomorrow
Il cinema ha tagliato i ponti con le sue origini una volta stabilizzatosi come tecnologia. Così, tutta l'animazione
novecentesca si è ritrovata ad essere semplice deposito per le tecniche di rappresentazione delle immagini in movimento
scartate (dalla lanterna magica alle immagini dipinte a mano animate prima manualmente poi automaticamente).
L'intera cultura dell'immagine del Novecento - o buona parte di essa - è stata definita da questa contrapposizione
fra animazione e cinema, di cui la prima ha sottolineato il carattere artificioso, come già ha notato Lev Manovich. E' stato
proprio il cinema, s'è detto, a voler cancellare le tracce del suo processo di produzione, negando che fuori dal film esista
una realtà differente da quella mostrata. E di conseguenza storici, critici e cineasti hanno spesso spinto gli effetti
visivi speciali ai margini della cultura cinematografica.
Ma proprio su queste tecniche marginalizzate i nuovi media digitalizzati si sono concentrati a partire dagli anni
Novanta del XX secolo. E, soprattutto nell'industria di Hollywood, gli effetti speciali hanno assunto un ruolo nuovo.
Sky Captain and the World of Tomorrow permette al regista Kerry Conran di portare alle estreme conseguenze la
manipolazione delle immagini che fa crollare la storica opposizione fra creare e modificare. Conran ha preso attori in
carne e ossa, li ha piazzati davanti a uno sfondo blu e lì li ha fatti recitare. Tutto ciò che nella storia circonda i
protagonisti è stato poi creato dall'animazione computerizzata a 3D. E che tutto. Giganteschi robot che invadono la New York
a cavallo fra gli anni Trenta e Quaranta, singolari navi spaziali, aerei, androidi e persino il sembiante di sir Laurence
Olivier che riappare in ologramma (figurando anche nei credits) nel ruolo del megalomane dottor Totenkopf. Contro il suo
folle progetto sarà chiamato a schierarsi l'asso dell'aviazione Joe Sullivan (Jude Law), noto come Sky Captain, che per
l'occasione si ritroverà affiancato dalla sua affascinante ex Polly Perkins (Gwyneth Paltrow), testarda reporter d'assalto
che vuole documentare il tutto con la sua macchina fotografica per un fenomenale reportage.
Conran sperimenta parecchio in materia di logica del processo filmico, contribuendo a far perdere alla ripresa dal
vivo il suo ruolo fondamentale di materia prima legata alla realtà che preesiste il film. Nella prima parte di Sky Captain and the World of Tomorrow, soprattutto, lo sfondo è svaporato da contorni estremamente morbidi somiglianti a quelli di un
cartoon. E l'intera ricostruzione ambientale possiede quasi sempre i caratteri di estrema perfezione frutto del digitale:
tutta la plasticità che connota il risultato è quella che in passato era possibile solo alla pittura (o all'animazione).
Sono tutte cose che George Lucas ha già fatto, tanto per fare un nome. Ma Kerry Conran calca la mano; non solo non si
preoccupa di nascondere l'origine di quanto presenta sullo schermo, ma addirittura la enfatizza, mostrandola quasi con
orgoglio, esplorando fino in fondo le potenzialità che al cinema offrono i nuovi media. Ha addirittura rinunciato talvolta
ad abbassare la qualità delle immagini generate dal computer per adeguarle all'imperfezione della grana della pellicola; di
nuovo, senza curarsi della debordante artificialità dell'apparenza. Modificare un'immagine a computer o elaborarla con
algoritmi sono operazioni ugualmente possibili. Soprattutto ugualmente facili. Al punto che è possibile costruirvi sopra un
film vero e proprio.
E infatti Sky Captain and the World of Tomorrow tende verso l'estremo opposto, se parliamo di storia e racconto. Si
basa su un plot estremamente tradizionale, cui una tavola cromatica che oscilla fra nostalgia e sogno conferisce il sapore
della citazione. E allora via con lo sguardo al passato: omaggi a King Kong (in una sequeza subacquea s'intravede il relitto
della nave usata per il viaggio verso l'Isola del Teschio) e all'espressionismo tedesco, fino a richiami meno nostalgici a
Spielberg con Indiana Jones e Jurassic Park (nel parco che circonda il centro operativo di Totenkopf).
Il cinema di Conran oscilla così fra un futuro ipertecnologico e un passato che con il digitale deve (o può?) essere
conciliato. Gli stessi interpreti sono superstar dall'appeal brillantissimo. Ed è davvero ottima l'alchimia fra i due
protagonisti (affiancati per un cameo da Angelina Jolie): Jude Law si muove disinvolto nel ruolo oltre-classico dell'aviatore
ora eroico ora spocchioso, mentre Gwyneth Paltrow, simile nell'aspetto alle lady dei noir ma morbida e a tratti languida
nell'intenzione, splende di bravura e dell'allure Grace Kelly. Ed entrambi ovviamente rubano la scena ai mirabolanti effetti
visivi.
Il futuro ci porta verso un'immagine svincolata dai limiti storici della visione? Kerry Conran se lo chiede, ma
senza serietà in eccesso. Dopotutto, il film resta un godibile divertissement, sempre sottile e intelligente, in cui sono
gli eventi stessi a connotarsi come incredibili e futuristici. Forse anche per uscire dal dilemma senza sacrificare l'amore
per lo spettacolo e la ricerca di verità che il cinema vuole documentare per vocazione. Pur sapendo, sempre, che fuori
dall'immagine filmica una realtà esiste eccome.
Alessandro Bizzotto
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