Collateral
“Ci sono cose che in motion picture non possono essere colte”.
Con questa frase Michael Mann apre le porte a Collateral e al mondo del digitale ad alta definizione, di cui questo film (se si escludono le scene in interni del film, tradotte per noi con telecamere Thomson Viper e Sony HDw-F900) rappresenta la più alta espressione e la più assoluta concretizzazione.
Magnificamente fotografato secondo i dettami dell’era Heat, in Collateral la patinatura coerente della pellicola e il lavoro molto selettivo del direttore della fotografia (Dante Spinotti per Heat), qui vengono più semplificati, razionalizzati nel lavoro di Paul Cameron, prima, e Dion Beebe, poi: in Collateral tutto vira nell’incredibile profondità di campo in notturna, nella spontaneità e nella naturalezza di una risoluzione che riesce a riprodurre i colori tipici degli ambienti urbani e suburbani della città delle luci, alla ricerca del realismo e dell’attenzione per il dettaglio, che danno, in un certo senso, nuove regole all’interpretazione, che per i più attenti trovano piena espressione nella scena del primo omicidio e nel seguente dialogo tra Max (Jamie Foxx) e Vincent (Tom Cruise), dove si nota chiaramente quest’ultimo osservare una persona sullo sfondo, precedentemente vista fuori fuoco durante un’inquadratura sul primo piano di Max, e inserita poi, come soggetto testimone della conversazione tra i due, nel dialogo successivo tra Il detective Fanning (Mark Ruffalo) e i suoi collaboratori, giunti sul luogo del crimine.
Ricapitolazioni ragionate di tutti i film di Michael Mann a parte (anche se Heat ne conteneva di più), Collateral si apre con il bellissimo brano di Tom Rothrock “Briefcase”, mai cosi vicino al Dr.Destructo composto dai Tangerine Dream e utilizzato verso l'epilogo di Thief (Strade Violente); musicalmente Collateral offre l’ennesima prova della bravura e della competenza musicale del regista (produttore di ogni soundtrack dei suoi film), questa volta con scelte forse meno pioneristiche ed indelebili, nel fondere immagini e musica, ma pur sempre eccezionali.
E la storia sembra dipanarsi attraverso il filo conduttore di queste note, testimoni e, a loro volta, registe, della collisione tra due individui che si incontrano/scontrano ai margini della loro esistenza, delle loro aspirazioni, dei loro limiti, in quella zona franca, collaterale, che unirà, le loro strade, trascinandoli, accompagnandoli in un viaggio/metamorfosi irreversibile, dopo il quale niente sarà più come prima.
Cruise ci mette del suo, non facendoci odiare Vincent, ma dando possibilità allo spettatore di interessarsi al suo personaggio, fatto di solitudine e determinazione, gelida rabbia e celata umanità, mentre il bravissimo Jamie Foxx si trasforma in un tassista a tutti gli effetti, credibile in ogni espressione dimessa, autentico in ogni sia pur semplice gesto, sicuro ed esperto nel modo di guidare, quanto incerto e maldestro nell’impugnare la pistola.
Un realismo narrativo che si fa tecnico, formale, e che emerge anche negli spari (il sonoro è imprescindibile in questo tipo di cinema), nel modo in cui Vincent liquida due malintenzionati, nel suo modo di uccidere e di agire, di rompere un vetro con una sedia, di inciamparci dentro come un comune mortale (nella scena dell’ufficio che poi sfocia nell’ingresso dell’Edison Building lo stesso dove il David Ames di Vanilla Sky urlava “supporto tecnologico”)…
Scariche d’adrenalina pura, omicidi in diretta, Real TV…cronaca da Los Angeles ma mai così lontano da Hollywood!
Effetto Collateral
Uscendo dalla proiezione di mezzanotte da una multisala adiacente all’ingresso autostradale della periferia sud ovest di Torino, immerso in mare di luci agli ioduri e ai vapori di sodio, con il cielo grigio-arancio e i profili dei palazzi all’orizzonte, non ho potuto fare a meno di chiedermi se erano miei occhi a materializzare quelle immagini o le Viper Thomson Grass Valley/ Sony HdWf900…
Sicuramente carpiremo, e potremo apprezzare pianamente, i preziosi dettagli di questo film nella versione domestica in DVD, almeno fino a quando le tecniche di proiezione digitale non saranno rese disponibili globalmente e ci permetteranno di apprezzare i film nella loro totalità cromatica e risolutiva e non come “vittime” di un lavaggio ingrato, vero neo delle copie in pellicola.
Fabio Pirovano
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