Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
Seduta alla tavola dei Dursley, la malcapitata zia Marge, grassa e bisbetica con cane al seguito, non sa che è un errore
insultare i Potter in presenza del giovane Harry, che zia Petunia ha ridotto a cameriere tuttofare. Le parole di troppo le
costano caro: la sua stazza si gonfia, i bottoni schizzano, la sedia si spezza. E l'antipatica zia si ritrova a volare come
un pallone nel cielo di Londra.
Humour godibile apre il terzo capitolo della serie ambientata nei corridoi della scuola di magia di Hogwarts, creata
dall'estro letterario di J.K. Rowling. Ideale passaggio di consegna da Chris Columbus, che ha diretto sia Harry Potter e la
pietra filosofale che Harry Potter e la camera dei segreti, al messicano Alfonso Cuarón, cui la Warner ha affidato la
regia di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban.
Ma i tempi della candida spensieratezza infantile sono finiti. O quasi.
Cuarón, specializzato nel mettere sullo schermo il passaggio generazionale - e il suo disagio - dopo Y Tu Mamá También
(nomination all'Oscar nel 2003 per la sceneggiatura originale), modella la storia portandola ad assecondare la sua vena
meno estroversa e per questo più insinuante, anche nel rispetto di uno schema narrativo con dinamiche e situazioni spesso
analoghe alle storie precedenti (l'arrivo a Hogwarts dopo l'estate, le lezioni, il gioco del Quidditch).
Il prigioniero di Azkaban altri non è che Sirius Black (Gary Oldman), l'unico mago mai evaso dalle omonime carceri
custodite da terrificanti Dissennatori, mostruosi esseri incappucciati il cui arrivo è annunciato da freddo glaciale. Perfido
seguace di Voldemort o vittima di un drammatico equivoco? Il giovane Harry (per la terza volta Daniel Radcliffe) avrà modo
di scoprirlo, insieme agli ormai storici compagni Ron (Rupert Grint) ed Hermione (Emma Watson).
La regia di Cuarón, di scuola meno patinata e più realistica rispetto a quella di Columbus, parte in svantaggio,
rivelandosi poco adatta - anche se pulita - per la parte iniziale a Londra e l'ambiente dei babbani (leggi "persone prive
di poteri magici"). Il disagio psicologico che schiaccia un Harry Potter alle soglie dell'adolescenza (gli echi di Freud e
seguaci non sono estranei al racconto) incupisce l'incipit ambientato in una Londra, guardacaso, più grigia e umida del
solito.
Ma quando si cambia scena e Harry inizia a preparare la partenza per Hogwarts a Diagon Alley, la traccia inquieta della
nuova regia sposa il gusto sovrannaturale per un risultato di fascino nuovo. La maggiore raffinatezza della mano di Cuarón
rispetto a quella di Columbus si riflette in più di una componente.
E' una studiata partecipazione alla pratica del rimando e all'allusione che attraversa l'intera pellicola. Il cambiamento
che porta Harry a riflettere su se stesso e sulle sue origini trova efficace rappresentazione nel costante gioco di specchi
su cui il regista fa leva a intervalli regolari. Quando a Diagon Alley il signor Weasley mette Potter in guardia dal pericolo
di Sirius Black, il dialogo fra i due avviene nello stretto passaggio fra il muro e una colonna, in mezzo a due quadri sui
cui vetri si riflettono le sagome dei due visi, in un pregnante prender forma dell'accerchiamento psichico. La mdp, poi, si
getta spesso a riprendere i personaggi attraverso gli specchi, confondendo la visione arrivando persino a
ribaltare i piani del reale e del riflesso; durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure, ad esempio, l'inquadratura
finisce per coincidere con l'immagine dello specchio di un armadio, entrandovi e scavalcando il campo visivo, muovendosi al
suo interno. Potter ha occasione di rispecchiarsi addirittura nel lago mentre cavalca in volo l'ippogrifo Fierobecco, metà
cavallo e metà aquila, quando l'animale scende in picchiata e increspa la superficie d'acqua con una zampa.
La leggerezza della mano di Cuarón rigetta comunque la pesantezza di un moralismo troppo carico.
E' pur vero che l'elemento dark contamina Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Le giornate di sole che
mostravano i due film precedenti scompaiono; a Hogwarts, quest'anno, piove quasi sempre. La stessa partita di Quidditch è
bagnata da una pioggia torrenziale (impensabile in Harry Potter e la pietra filosofale), e finisce per essere semplice
occasione per una nuova apparizione dei Dissennatori in cerca di Sirius Black. Persino il viaggio verso Hogwarts si svolge in
un vagone dell'Express insolitamente scuro, nel bel mezzo di un temporale.
Ma i toni più sinistri non costituiscono certo una novità lacerante. Voci da brivido e scritte rosso sangue infestavano i
muri di Hogwarts nel precedente Harry Potter e la camera dei segreti. Anche per questo l'atmosfera vagamente gotica non
segna un vero punto di rottura. Del resto, Cuarón ha donato all'intero film un'eleganza visiva cui Columbus aveva
privilegiato la patina di una fotografia carica e satura di colore.
Pare una steadycam la semisoggettiva in volo che segue un passero attraversare l'etere rapido come uno schizzo e
schiantarsi puntualmente contro un ramo del Platano Picchiatore. Il banchetto d'inizio anno a Hogwarts, poi, è introdotto
con vivida originalità da un coro di alunni, i cui rospi fanno il controcanto, che intona un motivo vagamente somigliante
ai più celebri brani composti da Danny Elfman per il miglior Tim Burton.
L'intera colonna sonora, ancora una volta affidata a John Williams, rivede i suoi motivi per conservare, delle musiche
dei precedenti episodi, solo il celebre tema iniziale, e virare in buona parte verso toni più complessi e in definitiva
armoniosi.
D'indiscussa levatura, ancora una volta, il cast, dai giganti della recitazione Maggie Smith (la professoressa McGonagall)
e Michael Gambon (che ha sostituito Richard Harris nel suolo di Silente) ad Alan Rickman (il professor Piton) e le new entry
Gary Oldman (Sirius Black) e David Thewlis (il professor Lupin), entrambi perfettamente in parte. Divertenti le apparizioni
della grande Emma Thompson nel ruolo della (svampita?) insegnante di Divinazione Sibilla Cooman. Sempre illustri le comparse,
da Julie Walters (la signora Weasley) a Julie Christie (Madame Rosmerta).
Alessandro Bizzotto
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