Non aprite quella porta
Eletto come fenomeno ai botteghini negli USA (il che mi lascia molto da pensare sul buon gusto del pubblico d'oltreoceano), questo Non aprite quella porta del tedesco Marcus Nispel, è l'ennesimo remake di un classico dell'horror, l'omonimo capolavoro diretto da Tobe Hopper nel 1974.
Il film riadatta la sceneggiatura originale con uno script di Scott Kosar, rivelandosi un'altra inutile rilettura di un soggetto molto "abusato" nel corso anni. Ben quattro, infatti, sono i sequel tratti dall'originale: Non aprite quella porta - parte 2 ("Texas Chainsaw Massacre II") del 1986, sempre di Tobe Hooper; Non aprite quella porta 3 ("Leatherface: Texas Chainsaw Massacre III") di Jeff Burr del 1990 e Non aprite quella porta 4 ("The Return of Texas Chainsaw Massacre") di Kim Henkel del 1994.
Unico denominatore comune con l'originale, la fotografia di Daniel Pearl, più elaborata e assai distante dalla documentaristica luce vista nel capolavoro del 1974, con un lavoro di camera a mano che tuttavia cerca di rendere reale e plausibile la cronaca del massacro.
Rispetto all'originale però questo film manca d'autenticità. Un esempio su tutti: nell'originale, la sequenza del colpo inferto con un martello alla prima vittima in casa non ha nulla a che vedere con quanto si materializza in questo film. Se la pellicola di Hopper, infatti, aveva nel delirio delle immagini il suo elemento di maggior forza, qui la visionarietà risulta piuttosto diluita e annacquata, mentre risulta del tutto vano il tentativo in stile The Blair Witch Project di chiudere il finale.
Inoltre, rispetto al primo film, i riferimenti al cannibalismo risultano molto più impliciti e il regista sembra voler dare maggiore importanza ai gusti e alle pratiche da serial killer di "faccia di pelle" Leatherface (Andrew Bryniarski).
In questo senso, Non aprite quella porta, si caratterizza sicuramente come un horror per stomaci forti, ciò nonostante, resta la spiacevole sensazione che la pellicola sia stata a sua volta "vittima" di cannibalismo o, meglio, di una banale e piatta "derubricazione" in fase di montaggio.
Fabio Pirovano
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