Young Adam
Un cigno bianco che, solitario, nuota nella acque scure di un fiume avvolto dalla foschia. E' questa la prima immagine su cui scivolano malinconici i titoli di testa di Young Adam, opera prima di David McKanzie tratta dall' omonimo capolavoro di Alex Trocchi.
Dal candore del piumaggio del volatile che mestamente si lascia sospingere dalla corrente d'improvviso di passa alla trasparenza della sottoveste che a stento copre il corpo bianchissimo di una giovane donna senza vita, trascinata e cullata mollemente dall'acqua fino a quando non viene ripescata da Joe e Leslie, due chiattaioli scozzesi.
Young Adam è contraddistinto, fin dal suo inizio, da una affascinante fotografia curata da Giles Nuttgens, che, fumosa, sfocata e vagamente retrò, colora i tristi e desolati paesaggi delle città fluviali scozzesi con tonalità fredde, quasi metalliche, indugiando sulle innumerevoli sfumature del grigio, del verde e del blu, trasmettendo un fortissimo senso di cupezza e pesantezza all'intero ambiente. E' come se tutti fossero soggetti inanimati, le città ed i canali deserti, i personaggi sbiaditi, schiacciati da una condizione di inadeguatezza, privi della possibilità di migliorarsi e disturbati, per non dire tormentati, da angosciosi segni di morte. L'unica scintilla vitale della storia è Cathie, la brava Emily Mortimer, che però, significativamente, ci viene mostrata già defunta, come a dire che non c'è speranza per il futuro, che la spensieratezza è ormai cosa legata al passato, così come lo sono i colori caldi e luminosi che caratterizzano i numerosi flash back in cui si ripercorrono gli ultimi due anni della sua vita e ci viene raccontato la sua storia d'amore per il giovane ed ambiguo Joe, colui che con lei seppellirà anche una parte della propria anima oltre che del proprio passato. Morte, appunto, ma anche solitudine, rassegnazione, senso di abbandono e persino indifferenza per le vita propria ed altrui è quanto si dibatte nell'inquieto ed ambiguo Joe, il cui volto è quello di un Ewan Mc Gregor assolutamente perfetto ed efficace fino in fondo, che incanta per la sua naturalezza. Fedele al protagonista del libro di Trocchi, il giovane barcaiolo nasconde un'agiatezza d'origine che pare aver abbandonato per scelta o per obbligo, di cui si hanno tracce vaghe nelle sue frustrate aspirazioni di scrittore, è insoddisfatto, irrequieto, nervosamente frenetico, a tratti iroso e quasi violento, come apprendiamo dalla sua rievocazione del rapporto con Cathie. Non è ben chiara quale sia la sua condizione, se sia sopraffatto dalla vita e dagli eventi, incapace di reggerne il peso, o se invece se ne tiri volontariamente fuori, quasi che non lo riguardassero più di tanto. Probabilmente nemmeno lui lo sa. Di sicuro è alla ricerca di qualcosa, ma cosa? Joe percepisce vuoti spaventosi nella propria esistenza e nel proprio essere e disperatamente tenta di colmarli attraverso il sesso, mostrato senza morbosità, ma solo come crudo atto meccanico dove l'amore non c'entra, ma è piuttosto l'incontro di due anime perdute, quasi fossero animali privi di sentimenti.
Nella storia il sesso ha un peso fondamentale, viene vissuto dai personaggi senza imbarazzi né remore morali, anche di contro al perbenismo e alla morigeratezza cui aspirava la società britannica nel secondo Dopoguerra, periodo in cui s'ambienta la pellicola, e addirittura può essere considerato il mezzo attraverso cui Joe si relaziona con gli altri, nient'altro che un impulso al quale dà sfogo senza trarne piacere più di tanto e che lo annoia subito, ma con il quale ripaga chi gli dà una casa, un lavoro o anche solo un po' di attenzioni.
Nonostante sia agli esordi da regista di lungometraggi e non riesca sempre a mantenere alti ritmo e drammaticità,David Mackenzie si dimostra piuttosto abile nel orchestrare la complessa trama di flash back facendoli compenetrare alle sequenze presenti con grande armonia , soprattutto grazie al montaggio che ammorbidisce i toni della scrittura frammentaria di Trocchi e mantiene una certa distinzione fra le due vicende coesistenti nella pellicola: la relazione fra Joe ed Ella, una smunta Tilda Swinton doppiata in modo terribile, e i fatti legati alla morte di Cathie e alla ricerca del suo assassino. Come già nel capolavoro dello scrittore italoscozzese, le due storie proseguono parallelemente con continui passaggi da primo piano a sfondo e viceversa, confondendo lo spettatore che per buona parte del film crede di aver stabilito quale sia il rapporto gerarchico fra gli eventi e la centralità o la marginalità dei personaggi, e che poi scopre che non è forse possibile parlare in questi termini, di una trama che come la corrente del fiume Clyde trascina ora in superficie, ora in profondità eventi, personaggi e sensazioni, come è magnificamente enfatizzato dalla splendida, languida, cupa colonna sonora di David Byrne.
Marta Ravasio
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