American Pie - Il matrimonio
Cambiano gli ingredienti ma la "base" rimane la stessa. E parlando di American Pie, non possiamo che fare riferimento alla celeberrima "torta" che, da corpo del reato di un adolescente brufoloso con imprevedibile sfogo ormonale, si è trasformata in una bianca torta nuziale per l'imminente matrimonio che i due protagonisti Jim (Jason Biggs) e Michelle (Alyson Hannigan) si preparano a celebrare con il "supporto" di amici e parenti tutti. Un candido trionfo di tulle e panna montata che dovrà resistere sfoglia dopo sfoglia, pelo dopo pelo, a invitati poco graditi, testimoni arrapati, suoceri strampalati e all'immancabile, terrificante "addio al celibato". Riuscirà il nostro antieroe a sopravvivere ai preparativi e a portare la propria amata all'altare?
Sotto questi poco incoraggianti auspici si consumerà, manco a dirlo, il più rocambolesco degli sposalizi.
Ed è proprio nella sacra istituzione del matrimonio, fra le sue morigerate tradizioni e convenzionali celebrazioni, che l'irriverente opera di demolizione di American Pie sembra trovare il proprio terreno ideale, il locus amoenus della risata "sbracata", dove lasciar sguazzare i propri grufolanti protagonisti…
Il risultato è una commedia demenziale a tratti smodatamente sguaiata, caratterizzata da qualche eccessiva forzatura, che tuttavia riesce anche a dar vita a momenti davvero esilaranti, merito soprattutto di un cast collaudato capeggiato dall'eterno imbranato Jason Biggs anche qui spalleggiato da figure di contorno ormai assurte al ruolo di veri e propri protagonisti, come l'invadente padre Eugene Levy (che qui si riprende lo spazio che gli era stato tolto in American Pie 2), la giuliva fidanzatina-ninfomane Alyson Hannigan, l'intellettualoide sofisticato "pausa merda"/Finch Eddie Kaye Thomas e il detestabile, irrefrenabile ma ahimé irresistibile guastafeste, Steve Stifler, Seann William Scott (un "talento" da non sottovalutare), lo "stifmeister", che in questa terza performance dà tutto il "peggio" di sé, diventando la vera anima del gruppo e l'artefice delle sue disastrose gesta.
Un affiatamento premiato da un meccanismo ben oliato che rimane fedele, nello "stile", ai primi due capitoli, ma che riesce anche nella difficile impresa di recuperare l'effetto dirompente del primo American Pie dotato di una marcia in più grazie alla regia/sceneggiatura dei fratelli Paul e Chris Weitz (qui in veste di produttori) che si sono dimostrati capaci anche di operazioni ben più edificanti e nobili (About a Boy - Un ragazzo) ma che non si sono voluti privare della propria "mostruosa" creatura, affidandola all'esordiente regista Jesse Dylan. Uno chef che nella zozza cucina di American Pie si diverte un mondo a preparare brodaglie e manicaretti, con l'unico scopo di farci venire una trasgressiva, ma gratificante, indigestione di volgari, scurrili e disgustose oscenità. Un mal di pancia garantito…ma a suon di risate.
Leggere attentamente le istruzioni.
Si prega di astenersi in caso di difficoltà di digestione per manifesta intelligenza…
Ottavia Da Re
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