The Dreamers - I sognatori
Parigi. La città delle rivoluzioni e delle avanguardie intellettuali ed artistiche, la città dell'amore e delle passioni per antonomasia è ancora una volta sfondo ed allo stesso tempo protagonista nell'ultimo film di Bernardo Bertolucci dal titolo The Dreamers - I Sognatori.
Profondamente legato, sia umanamente che professionalmente, alle vie ed ai palazzi che caratterizzano la capitale francese, il grande regista italiano ha deciso di tornarvi, dopo Il conformista e Ultimo tango a Parigi, per ambientarvi una bellissima storia d'amore per la vita, per il cinema, per la libertà, per la scoperta. Temi, questi ultimi, che stanno molto a cuore di Bertolucci e che spesso sono stati al centro delle sue opere precedenti dagli anni Sessanta ad oggi.
Quella scelta per The Dreamers, però, non è una Parigi qualsiasi, bensì quella in fermento e ammantata di sole primaverile del maggio del 1968, il mese del risveglio delle coscienze degli intellettuali, delle lotte studentesche e degli scontri per le strade, un periodo unico, vissuto in prima persona dal regista e dal suo sceneggiatore Gilbert Adair, autore anche del romanzo da cui è tratto il film.
Un tempo ed uno scenario, dunque, che da soli sarebbero in grado di fagocitare ed adombrare qualunque intreccio o qualunque trama, se non fosse per la precisa volontà di non fare un film sul '68, sullo scontro sociale dal sapore documentaristico o storico, ma di raccontare la storia di un ragazzo americano che incontra due fratelli parigini ed allaccia con loro uno stretto rapporto d'amicizia che presto si trasforma in amore impossibile. The dreamers narra di un'iniziazione all'età adulta, di una crescita individuale e di una maturazione che i tre protagonisti subiscono nell'arco di poche settimane, un processo scandito da veri e propri rituali soprattutto di natura erotica. Sensualità e sessualità sono alla base della relazione che lega Thèo ed Isabelle all'ingenuo Matthew, la reciproca conoscenza intima, tattile, carnale permettono una presa di coscienza di sé e della propria visione dell'Altro. Il sesso fa uscire i ragazzi allo scoperto, li costringe a riconsiderare i rapporti dati per scontati fino a pochi giorni prima: per crescere e diventare adulti i due fratelli devono accettare l'estraneo amico tra loro, non solo come compagno di giochi, ma come colui che può portare l'equilibrio nel loro rapporto vagamente incestuoso, colui che può ricondurli a quella realtà che essi hanno scelto di tener lontano per sempre. Matthew rappresenta, per Thèo ed Isa, l'occasione per crescere davvero, per recidere il doppio filo che fanciullescamente ancora li fa dipendere l'uno dall'altra. "Siamo fratelli siamesi uniti per qui" dicono entrambi sfiorandosi la tempia. Bertolucci, con bellissime scene avvolte da una luce morbida e quasi sognante, mostra il sesso apertamente come scoperta, senza intenti scandalosi né tanto meno provocatori, indugiando con grazia e dolcezza sui corpi e sui volti dei protagonisti impegnati in atti d'amore, prima che di piacere fisico.
Se la sessualità è esplorazione dell'ignoto, l'amicizia è condivisione della passione per il cinema - per i tre Sognatori, il cinema è come una lente che permette loro di leggere il mondo, di scovarne il sentimento e la bellezza- come dei più disparati interessi, dei sogni come della quotidianità; una quotidianità che, consumata al riparo di un antico, labirintico e decadente appartamento dal passato aristocratico, astrae sempre di più i tre giovani cinefili dal contesto storico che si sta vivendo per le strade di Parigi. La regia è sapiente ed abile nel sottolineare l'attaccamento che il cineasta italiano ha per l'atmosfera ed i sentimenti che hanno caratterizzato la Parigi del '68 senza mai lasciarsi andare a nostalgici affreschi del tempo che fu o a retorici sentimentalismi. Il film resta un inno al cinema ed alla vita, intesi l'uno come metafora e referente dell'altra e viceversa. La vita è cinema ed il cinema è vita, come ricordano i continui quiz di cultura cinematografica, in cui i protagonisti si sfidano senza sosta, e le numerose citazioni di grandi film del passato presenti nella pellicola.
Il fascino della metropoli parigina, l' ancor oggi percepibile eredità del Sessantotto, la passione e la maestria di uno dei maggiori registi italiani sono elementi indispensabili ma non sufficienti per spiegare l'impatto emotivo che The dreamers ha sul pubblico. Ve ne sono almeno altri due: la bellissima colonna sonora che racchiude alcuni fra gli artisti più significativi di quel periodo, come Hendrix, The Doors, Janis Joplin, Bob Dylan, ma anche François Hardy, Charles Trenet ed Edith Piaf, e le straordinarie interpretazioni di Eva Green, Michael Pitt e Louis Garrel. Attori giovani, ma dall'indubbio talento, capaci di apparire adulti, sexy e carichi di fascino un attimo prima grazie ad un solo sguardo o ad una posa e, un attimo dopo, rivelare l'ingenuità e l'inesperienza dei loro personaggi, spesso ambigui, come, ad esempio, la splendida Isa, allo stesso tempo giovane donna misteriosa e dolce ragazzina insicura. Grazie ai loro visi ed ai loro corpi, i ragazzi di Bertolucci sono perfetti nei rispettivi ruoli che arricchiscono continuamente di sfaccettature interessanti e personali, e che contribuiscono in grande misura a creare un flusso ininterrotto d'emozioni che trapassano lo spettatore e lo toccano nel profondo.
Grandissimo pregio di questa pellicola, inoltre, è la sua universalità: essa ricorda la storia passata ed il suo bagaglio di sensazioni a chi trentacinque anni fa li ha vissuti direttamente e consente ai più giovani di sfiorare col pensiero, di assaporare e conoscere un periodo fondamentale del secolo appena trascorso dimenticato o troppo spesso strumentalizzato e travisato.
Marta Ravasio
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