Il figlio della sposa
In una sequenza de Il figlio della sposa l'accesa discussione fra il protagonista e un suo
amico d'infanzia entra involontariamente nell'inquadratura di una ripresa cinematografica, dietro
le spalle di un ignaro anziano attore impegnato in un monologo. Sul set come comparse, i due
iniziano una conversazione che -causa una rivelazione poco attesa- li porterà a un piccolo
litigio.
E l'intero film di Juan José Campanella può trovare una sintesi rappresentativa ed efficace in
questa scena. La vita tracima ed entra nella rappresentazione; nemmeno la finzione
cinematografica può farne a meno.
Co-produzione Spagna-Argentina, Il figlio della sposa (El hijo de la novia), inserito nel 2002
nella lista dei candidati all'Oscar per il miglior film straniero, mette in scena la quotidianità
senza idilli di Rafael, quarantaduenne gestore del ristorante di famiglia. Un divorzio alle
spalle, una figlia, una nuova compagna, mille sforzi per far quadrare i bilanci. Rafael non sa
quanto la sua vita gli piaccia, annaspa fra un impegno e l'altro. Saranno tre eventi a
convincerlo a dare una svolta alla sua vita e a guardare le cose in modo diverso: un infarto,
l'incontro con un vecchissimo amico (quello della lite di cui sopra) e la decisione del padre
ormai anziano di realizzare il vecchio sogno di sua madre, malata di Alzheimer, sposandola in
chiesa.
Campanella modella la storia una morbidezza atipica, probabile funzione derivata dell'elemento
autobiografico ("Un giorno mio padre mi ha detto di volersi sposare in una chiesa con mia madre,
che soffre di morbo di Alzheimer. Questi obiettivi contradditori, così eccezionali e forti e la
loro semplicità, furono all'origine della sceneggiatura. A partire da lì, abbiamo creato tutti
i personaggi e le situazioni").
Nella messa in scena degli squarci di vita del protagonista l'elemento realistico prevarica,
nella descrizione dei rapporti familiari prevale il tono poetico. E' quando i due elementi
s'incontrano che si hanno i momenti migliori de Il figlio della sposa. Un verismo rivisto che
sa toccare punte di lirismo inattese.
La carezza di Norma, la madre di Rafael, a Nino, il padre, è un riuscito concentrato di
malinconica dolcezza. L'inizio del film, così letterariamente romantico, è pieno di slancio nella
forza trascinante della colonna sonora e di brio nelle corse dei bambini. Ma soprattutto il momento
dell'incedere della ragazza di Rafael, Naty, lungo la navata centrale semibuia della chiesa dove
vuole sposarsi l'anziano suocero; e questi, guardandola, immagina di udire l'organo accompagnarne
i passi, vedendola, per pochi attimi, come una sposa. Probabilmente il momento migliore
dell'intera pellicola.
Ma il regista non rinuncia allo humour e a un'ironia ora sofferta ora accattivante, riuscendo
a inserirla senza darle l'aspetto di un'aggiunta posticcia.
Al tutto avrebbe giovato un'iniezione più decisa di brio, un ritmo (in alcuni punti) appena
più sostenuto, per contrastare l'effetto di lentezza -anticamera della noia- che sembra aleggiare
su alcune sequenze. Eppure è la prudenza con cui Campanella vi rinuncia a non intaccare la
delicata essenza di una storia ben concepita e ben raccontata, i cui toni sarebbero usciti
alterati da un percorso a tappe forzate. Così Il figlio della sposa lascia alla volontà dello
spettatore il compito di apprezzare il garbo della storia. E -magari- in parte di rivedersi in
essa. Alessandro Bizzotto
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