L'acchiappasogni
Da un film che parte piuttosto bene, con quei titoli di testa così poeticamente sinistri,
paesaggi montani innevati che si deformano trasformandosi nelle maglie della rete di un
acchiappasogni, non ci si aspetta una caduta così rumorosa.
A L'acchiappasogni giova la prima mezz'ora, criptica e insinuante, sfumata di presagi
paranormali e silenzi innaturali, con momenti di piacevole puro appagamento visivo (la neve sui
pini montani, la sovrannaturale parata degli animali dei boschi davanti alla casa dei
protagonisti).
Ma con l'entrata nel vivo della vicenda, un'invasione aliena dipinta con tratti improbabili, il
tutto scade nell'azione più trita che degenera quasi nel comico (uno dei protagonisti comunica
telepaticamente usando una pistola appartenuta a John Wayne come cornetta del telefono!!!).
La storia degli alieni diventa un'involontaria scimmiottatura di X-Files, la brutta copia di
Alien associata a momenti che sembrano presi dal peggior filone demenziale, e la lotta contro il
tempo per fermare le malvagie creature dello spazio si gonfia e deforma assomigliando a uno
splatter, a un finto horror di serie B.
La sceneggiatura è di una banalità imbarazzante, zeppa di affossamenti, e in tanta confusione
passa inosservata anche la prova di Morgan Freeman nel ruolo di un paranoico generale
dispotico, inaspettatamente monoespressivo.
Non ce n'era bisogno. La parodia dell'attacco alieno è stata tentata con maggior successo da
Tim Burton con Mars Attacks! e da Ivan Reitman con Evolution, sorretti da uno spirito più genuino
e da prove d'attori più corpose (un istrionico Jack Nicholson e due autoironiche Glenn Close e
Annette Bening per il primo, un David Duchovny che fa il verso ai suoi personaggi e una Julianne
Moore goffa ma sempre sexy per il secondo). E l'inquietudine per presenze non terrestri ha già
trovato immagini efficaci in Signs di M. Night Shyamalan. Alessandro Bizzotto
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