The Ring
Il terrore scorre sul nastro...
"Hai sentito di quella cassetta che se la guardi muori?"
Chiede Becca all'amica Katie. La ragazza risponde terrorizzata di aver guardato una strana cassetta sette giorni prima in una baita sperduta e di aver ricevuto, subito dopo, una telefonata inquietante: "7 giorni"...
Le dieci di sera, fuori piove a dirotto. Le due ragazze sono sole in casa. La tv ci accende improvvisamente, si vede un cerchio e Katie muore.
Rachel (Naomi Watts), giornalista di cronaca nera comincia ad indagare i motivi dell'assurda morte di sua nipote Katie e di tutti gli amici che con lei hanno visto quel maledetto videotape. Ma dopo aver guardata i suoi lugubri terrificanti fotogrammi squilla il telefono e anche per Rachel scatta la micidiale sentenza: "7 giorni"…
Inizia una disperata lotta contro il tempo, scandita giorno per giorno, nel tentativo di dare una spiegazione razionale, ad una realtà assurda e di salvare se stessa e suo figlio Aidan (David Dorfman) , mentre "il cerchio" si allarga...
Tra inquietanti fotogrammi e apparenti allucinazioni, una brava Naomi Watts (già fenomenale incubo vivente in Mullholland Drive di David Lynch) conduce lo spettatore a raccogliere e a rivivere i frammenti che compongono un misterioso puzzle di immagini ossessive, ipnotiche, oniriche e simboliche (il cerchio ripetuto ovunque) fino allo svelamento del terribile mistero che genera la lunga "catena" di terrore e morte. Un terrore costruito su un efficace climax ascendente che come quel maledetto nastro scorre fra scetticismo, stupore, paura per sprofondare nell'orrore attraverso meccanismi e schemi ben collaudati dal genere thriller (l'uso di superfici riflettenti come l'acqua, il vetro, gli specchi).
Evidente il "debito" con Il Sesto Senso, di M. Night Shyamalan (con il piccolo e sensibile David Dorfman/Aidan occhiaie profonde e sguardo severo, erede ideale di H.J.Osment) ma molte situazioni rimandano anche a The Blair Witch Project (di D.Myrick e E.Sanchez) e a Le verità nascoste di R.Zemeckis (l'uso delle superfici e dell'acqua) via via fino agli archetipi della stessa tradizione Hitchcockiana (Vertigo)...
Nonostante tutto, Gore Verbinski attinge con sapienza e una buona dose di furbizia dal "pozzo" del genere e sembra più a suo agio fra i brividi dell'horror che fra le risate a denti stretti dei suoi precedenti film (Un topolino sotto sfratto, The Mexican) e grazie soprattutto alla forza dell'idea originale del giapponese "Ringu" di Hideo Nakata (di cui The Ring è il remake) Verbinski ricava un solido thriller con evidenti venature horror, la cui potenzialità "terrificante" sta tutta nella quotidianità della situazione (Chi non ha mai avuto tra le mani una VHS non etichettata, anonima, di cui non ricorda il contenuto?) e dall'incapacità di spiegare una situazione totalmente irrazionale (chi non è mai stato turbato almeno una volta da lettere/messaggi stile Catene di S.Antonio?) in un clima reso ancor più accattivante dall'oscura e olografica fotografia di Bojan Bazelli (già autore delle luci per Abel Ferrara) e dall'inquietante dall'accompagnamento musicale, alternato ad improvvisi "tonfi" di silenzio, del sempre grande Hans Zimmer.
Ma il maggior pregio del film sta soprattutto negli interessanti interrogativi metafilmici che evocano, sia pur in modo meno significativo, il fondamentale e "bunueliano" concetto di "visione". Fra cieli plumbei e nubi che "tagliano" il sole si sprigiona la violenza di una visione che ferisce il nostro sguardo ormai viziato, scettico e convenzionale per renderlo cosciente di realtà nascoste e inconfessabili, che possiamo ignorare (e morire) o conoscere (e sopravvivere). Allo scorrere del nastro, i nostri occhi, violati e consapevoli, vedranno per la prima volta e niente sarà più come prima.
"7 giorni" per capire o morire.
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