Travolti dal destino

L'uscita di Travolti dal destino (Swept Away) nelle sale americane è stata seguita da un'impietosa campagna denigratoria, acuta come sempre contro la protagonista femminile, l'intramontabile Madonna.
Sommerso dalle accuse più varie, in patria il film di Guy Ritchie è naufragato come i suoi protagonisti nella storia.
Travolti dal destino è infatti il remake del celebre Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto di Lina Wertmüller, e la trama -almeno nella forma- non cambia. Crociera nel Mediterraneo di ricchi snob, odio a prima vista fra una ricca bionda borghese e un pescatore a bordo, naufragio dei due su un isolotto deserto con conseguente inversione di ruoli.
In realtà nelle intenzioni di Ritchie e nell'interpretazione di Madonna non c'è niente che meriti un rimprovero secco e completo.
L'eclettica diva, indiscussa regina del pop, che ha alle spalle un'interpretazione come quella di Evita Peron in Evita di Parker a dimostrare che vale anche come attrice, affronta anche questo ruolo con la solita energia dirompente, con l'usuale determinazione. E pur sembrando carente sul piano dell'intensità drammatica (poco convinte le lacrime che bagnano qualche momento triste), ritrae la viziata Amber con sufficiente acida spigolosità, ben addolcita nella seconda parte della storia. E come sempre porta in dote la sua forte carica divistica. Tant'è che la sequenza onirica in cui Giuseppe (il pescatore con cui è naufragata) la immagina danzare fasciata da un fastoso abito da sera verde limone appare come un puro e voluto omaggio di Ritchie alla moglie-star. E forse proprio questo divismo cancella Amber, annulla e spazza via il personaggio che deve giocoforza lasciar spazio alla stella. Madonna è sempre e soprattutto Madonna, è questa l'impressione. Davanti a lei, tutto deve passare in secondo piano.
Quanto ai propositi del regista, nel voler riportare sugli schermi la storia narrata dalla Wertmüller nel 1974 non c'è niente di condannabile in sé. E la voluta fedeltà all'originale è testimoniata anche dalla scelta di Adriano Giannini come protagonista maschile, figlio del Giancarlo che fu il rude marinaio siciliano in Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto.
La regia di Ritchie, soprattutto nella prima parte del film, presenta trovate divertenti, orchestra le scene in modo brioso (soprattutto quelle ambientate nelle cucine dello yacht).
Ma uno scarto temporale di quasi trent'anni c'è stato. Le nuove dinamiche studiate dalla comunicazione politica, il tramonto del voto ideologico e la crisi dei partiti degli anni recenti privano di efficacia i discorsi politici (che infatti sono appena accennati) dei personaggi, e lo scontro delle idee capitaliste di Amber con quelle di Giuseppe (i cui tratti comunisti sono però qui smorzati) lascia il tempo che trova, poco utile perfino all'ironia.
Così, Travolti dal destino finisce per essere soprattutto una love story, ripulita dai tratti duri e piuttosto "violenti" che presentava il film della Wertmüller. E in quanto tale manca di originalità, di forza, di passione. Ritchie, costretto a sottrarre sul piano dei contenuti politici, non si preoccupa di aggiungere sostanza al dramma di un amore atipico e difficile, limitandosi a ridare vita a una storia come facendo la polvere a un vecchio soprammobile.


Alessandro Bizzotto

Travolti dal destino

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