L'anima gemella
Definita da Sergio Rubini come "una storia di scambi di corpi e di personalità, di trasmigrazione d'anime, magia, vento, filtri ed incantesimi, sullo sfondo di una Puglia arcana e fiabesca, sfigurata dai segni di una modernizzazione inarrestabile", arriva L'anima gemella, distribuita con un forte ritardo a causa dei gravi problemi finanziari di Cecchi Gori.
Molte sono le doti di questo film in bilico fra commedia e tragedia, fra antico e moderno, fra magia e realismo, fra sogno e denaro, il sesto per la regia di Rubini. La trama ha tutti gli elementi delle intricate commedie shakespiriane, come l'amore puro dei due giovani, Tonino e Maddalena, osteggiato da chi così puro e spensierato non è, Teresa e la sua famiglia, l'intervento magico che dapprima sconvolge e poi riordina e dispensa giustizia, "ognuno ha quel che si merita" rivela Violante Placido alla presentazione milanese del film, con un sorriso fanciullesco. Ma ancora, ci sono i personaggi stessi, fortemente fissati in tipologie che rimandano ancor più in là nel tempo, nelle fiabe popolari, prima, e nella commedia latina arcaica, poi. Fra tutti spicca il divertentissimo ruolo del barbiere Angelantonio, che Rubini si è ritagliato sulla migliore tradizione dei fools shakespiriani ma ancor più sulla grandiosa figura del servus, il vero motore delle fabulae plautine, la cui ingegnosità è accompagnata da una chiara visione degli eventi e da un'ironia dissacrante, che non risparmia niente e nessuno. La sua forza è la giocosità creativa delle sue invenzioni, la discreta follia con cui s'immerge in situazioni ben più grandi di lui e la perenne minaccia che quanto compiuto fallisca o crei più danno che beneficio. E' sicuramente il personaggio più riuscito, perché più sfaccettato e complesso degli altri, che forse appaiono un po' troppo unidimensionali: il bel giovane Michele Venitucci, la bella ed angelicata biondina, Violante Placido e la cattiva e spietata mora, Valentina Cervi (per la serie "More diaboliche e Bionde bamboline"….).
La storia si snoda semplicemente intricata tra vicende a cavallo tra lo stereotipo folkloristico e l'originale reinterpretazione dell'antico, riservando graziosi colpi di scena nella seconda parte, momenti di sincera ilarità e prove attoriali molto buone da parte di tutto il cast, con doverosa menzione dei personaggi secondari tra cui la madre del parrucchiere, Benedetta, e i membri della famiglia della bruna Teresa, in forte odore di mafia. D'assoluto fascino e bellezza sono le spiagge ed il mare del Salento, che insieme a viottoli e casette di paesini persi nel tempo sono lo sfondo di quest'arcaica fiaba tradotta nel nostro tempo, squassata da un vento pressoché incessante ed inondata da un sole che pare troppo caldo perché sia vero.
Un'ultima nota va alla bella colonna sonora di Pino Donaggio, voluto apposta da Sergio Rubini a lavorare al suo film perché, come sostiene il regista stesso, "montando il film, m'era parso che avesse preso un'atmosfera vagamente epica, arcaica, forse per via dei luoghi e comunque mi sembrava che la cosa ponesse l'accento sull'intrigo, sulla tensione… per cui mi sono trovato ad appoggiare musiche quali quelle di Donaggio e, piuttosto che fargli il verso, ho preferito chiamarlo, riuscendo a realizzare una colonna sonora mista…"
Alla fine resta una bella pellicola, semplice, ma dai colti rimandi, non pretenziosa, come se ne vedono poche nel nostro cinema, che s'interroga sul tema del doppio, sull'altra parte di ognuno di noi e sulla ricerca dell'anima gemella, su quel qualcosa di chimico, d'alchemico e di magico che lega due persone innamorate l'una dell'altra. Carino, solare, mediterraneo.
Marta Ravasio
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