8 Mile
Look,
if you had one shot,
one opportunity
to seize everything
you ever wanted…
One moment
Would you capture it
or just let it slip?
Una possibilità, un'opportunità. E' questo che chiede Jimmy Smith Jr. (Eminem) alla sua misera esistenza mentre sta per affrontare il palco dello Shelter dove il pubblico, una fiumana nera e furiosa, aspetta l'ennesimo "battling", l'ennesima sfida fra rapper a colpi di rime e rabbia. Jimmy è un genio, come dice il suo amico Future (il carismatico Mekhi Phifer), ma quando il DJ "scratchando" il solito disco "attacca quella merda" che la disperazione della vita di strada trasformerà in musica, la paura di vincere e di arrivare in alto lo blocca e Rabbit, (il suo nome da rapper), abbandona il ring sconfitto da un sonoro K.O.
Una sconfitta durissima, ma come il mitico Alì, (emblematica la citazione "Vola come una farfalla, punge come un'ape"), con le sue storiche battute rimate, autentico precursore dei rapper contemporanei, Jimmy cercherà di conquistarsi la stima e il rispetto del pubblico.
Siamo a Detroit, a metà degli anni '90, negli stessi locali calcati da Eminem (come il Michigan Theatre o il Chin Tiki, ricostruiti o risistemati ad hoc dall'abilissimo scenografo Philip Messina) e da altri grandi rapper.
Quella stessa squallida Detroit che scorre attraverso i finestrini dell'autobus che porta Jimmy in fabbrica. Ha sulle orecchie il rap e in mano dei foglietti scribacchiati che sono la sua musica, la sua vita.
Fuori, la strada, le macerie che ricordano una città che non esiste più, una roulotte come casa, una madre alcolizzata (una disperata e bravissima Kim Basinger già musa per Hanson in L.A. Confidential) che se la fa con ragazzotti maneschi, un gruppo di amici (bro') un po' sfigati (su tutti il bravo "Cheddar Bob" Evan Jones) che però suonano la sua stessa musica. E quell'8 Mile che separa il quartiere dei bianchi da quello dei neri, che divide B-Rabbit dal suo sogno, quello di rappare, di fare musica, una musica nera.
E' dura, veramente dura sognare un "demo" che ti porti al successo quando non hai nemmeno una macchina per arrivare in tempo al lavoro e ti vergogni di tua madre che ti chiama ancora Baby, rinfacciandoti ad ogni occasione la sua squallida esistenza. Ma proprio quando arrivi a due passi dal baratro e tocchi il fondo capisci da dove devi ricominciare a vivere...
"Ti sei mai chiesto a che punto devi smettere di vivere quassù e cominciare a vivere quaggiù?"
Rabbit trova la sua risposta proprio nello squallore che lo circonda, in quell'inferno di fumo, insulti e rabbia da cui non si può fuggire ma solo combattere, per ritrovare la strada, per superare l'8 Mile, per riuscire a farcela.
Curtis Hanson attraverso uno sguardo lucido, diretto, quasi documentaristico, cala magistralmente la sua mdp nei bassifondi di una Detroit fatiscente, squallida e bellissima nella fotografia sporca e realistica di Rodrigo Prieto, per raccontare in modo inedito e sincero, su una sceneggiatura di Scott Silver tanto semplice quanto geniale, il mondo del rap e dell'hip hop, una cultura musicale sconosciuta e sottovalutata, nata come musica nera, divisa in una guerra fra East Coast e West Coast e unita da un rapper bianco, Eminem, che ha saputo conquistarsi il palco e il rispetto di un ambiente esclusivo, facendo del rap un fenomeno mondiale.
Questa è anche la sua storia. E Marshall Mathers III (il vero nome di Eminem) la porta in scena silenziosamente, senza strafare, mai sopra le righe, in un'interpretazione sorprendente, contenuta ma acuta, carica di energia e forza interiore che esplodono sul palco e sulla strada (emblematica la performance fra gli operai della fabbrica) calamitando il pubblico su quella voce e su quegli occhi azzurri che da sotto il cappuccio per tutto il film ti puntano addosso una rabbia che sa di lotta e di rivincita sulla vita.
Ma è soprattutto la storia di un ragazzo qualsiasi, di uno come tanti, che tocca il fondo, si risolleva e vince la sua sfida varcando quel confine, quell'8 Mile che ogni individuo deve superare per trovare la sua strada e liberare se stesso...
Lose yourself
Ottavia Da Re
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