The Words

“Prima o poi arriva un momento in cui devi scegliere tra la vita e la finzione, le due cose sono vicinissime, ma non s’incontrano mai”

Clay Hammond a Daniella


Tre coppie, tre storie a cavallo tra realtà ed immaginazione, evocate dalla forza dei ricordi, suggellate da un ineluttabile fil rouge creato con le parole.
Siamo seduti tra un folto pubblico di lettori e critici intento ad ascoltare, con spasmodica curiosità ed attenzione, la lettura che Clay Hammond - autore di indubbia fama - fa della sua ultima fatica letteraria, atta alla promozione della stessa. Daniella, giovane ed avvenente dottoranda è seduta tra di essi ed è quanto mai determinata ad avvicinare il noto scrittore. Si creerà subito un’innegabile attrazione tra i due e non appena la ragazza comprenderà le possibili implicazioni che si celano dietro le prime misurate confidenze, non esiterà a lasciarsi coinvolgere; per andare fino in fondo, nella ricerca di un’inedita, incredibile rivelazione sepolta nel segreto passato di Hammond (Dennis Quaid – “Playing the Field” e “At Any Price”). Daniella (Olivia Wilde – “Tron: Legacy” e “Cowboys & Aliens”) diverrà così i nostri occhi e le nostre orecchie; il nostro personale lasciapassare nel cuore della storia.
Rory Larsen (Bradley Cooper – “The Place Beyond the Pines” e “Limitless” ) è al contrario un giovane scrittore in erba alla ricerca di sé: della propria identità artistica e con un grande desiderio di affermazione. Siamo negli anni ‘70 e Rory rappresenta tutto ciò che potremmo aspettarci immaginando un giovane di belle speranze, che ha rifiutato un sicuro impiego presso il padre per seguire le proprie inclinazioni a dispetto delle implicite conseguenze e delle ovvie rinunce che ciò presuppone. A sostenere i sogni di Rory vi è l’incrollabile fiducia della giovane, dolcissima moglie Dora (Zoe Saldana – “Avatar” e “Star Trek”) che non perde occasione per incoraggiarlo. Il successo giungerà in maniera del tutto folgorante, ripagando i sacrifici e la paziente attesa della coppia; proiettando Larsen nell’olimpo dei giovani scrittori della sua generazione e consacrandolo come uno di quei rari esempi che stravolgono il mondo letterario, rivoluzionando l’immaginario collettivo. Questo sino a quando un Vecchio (Jeremy Irons – “Appaloosa” e “Inseparabili” ), un misterioso uomo sbucato dal nulla, incontrato quasi per puro caso, reclamerà il passato che gli appartiene, ponendo Rory di fronte ad un dilemma etico dilaniante.
Nella lontana Parigi del secondo dopoguerra un irruento Giovane (Ben Barnes – “Dorian Gray” e “Stardust” ) vive la passionale e tormentata - quanto acerba - storia d’amore con Celia (Nora Arnezeder – “Safe House - Nessuno è al sicuro” e “Sleight of Hand”), sua musa oltre che compagna. I risvolti profondi di quest’altalenante relazione li segneranno e condizioneranno negli anni a venire. Provata oltremodo da un dolore che poche coppie riescono a superare restando unite; per quanto le singole scelte compiute da entrambi li guideranno per strade molto diverse tra loro, l’amore che li ha uniti rimarrà potente e immutato nei decenni successivi, custodito in uno scritto anonimo inizialmente smarrito, vivrà una seconda vita, appagato dall’apprezzamento che merita, grazie alla bruciante volontà d’affermazione di uno sconosciuto.
Quel che undici anni fa nacque come un’ipotetica, pigra dissertazione - a proposito di alcuni racconti smarriti di Hemingway - per ingannare il tempo in macchina a causa del traffico; con immensa pazienza, dedizione e cooperazione, è diventata “The Words”, debutto alla regia firmato a quattro mani da Brian Klugman e Lee Sternthal, amici di vecchia data, oltre che professionisti e collaboratori nel mondo dello spettacolo.
Si tratta di un film estremamente accattivante e molto piacevole da seguire, che coinvolge lo spettatore con le storie sensuali ed appassionanti di tre coppie, giocate su differenti piani, oltre che temporali, soprattutto emotivi. Se lasciarsi sedurre dall’intreccio non ci costa fatica alcuna; provare partecipazione per il dissidio interiore di Rory o immedesimarci nel rimpianto di Hammond è tutta un’altra faccenda. L’eco che la storia vorrebbe avere e che i due registi esordienti si auguravano in effetti avesse all’uscita sala; rimane invece ingabbiato nella sceneggiatura stessa e le riflessioni suggerite, le lasciamo per tanto volentieri alla coscienza dei protagonisti.
Del nutrito e convincente cast, va comunque segnalata l’ottima interpretazione di Bradley Cooper che, abbandonati gli ammiccanti e sin troppo facili ruoli in commedie da box office; qui dà vita ad un uomo sensibile, annichilito dalla possibilità di non avere sufficiente talento e alla ricerca di quel successo che potrà fugare tali paure, ripagando per tanto anche colei che non ha mai smesso di credere in lui. Temi come l’ambizione per il successo, l’importanza nel riconoscimento della paternità artistica di un’opera, il dilemma etico per l’appropriazione indebita di una creazione che non ci appartiene, ma alla quale dobbiamo la nostra consacrazione e da lì l’angoscia che ne deriva; non trovano l’afflato che dovrebbero nello sviluppo del film, ma sono efficacemente espresse sul volto di Rory.
Forse apparirà superfluo sottolineare l’innegabile bravura di Jeremy Irons che, notevolmente invecchiato per l’occasione, tratteggia un uomo prigioniero del passato, incatenato dai sensi di colpa e dal rimpianto. Un personaggio che sembra scritto dal destino, giunto da un passato talmente lontano da apparirci immaginario, letterario, visto il tema; il quale ci ricorda quanto non sia poi così difficile prendere delle scelte, quanto convivere con esse per il resto della vita.


Ilaria Serina

The Words

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