I BAMBINI DI COLD ROCK
“La vita è più sorprendente di qualsiasi sceneggiatura” Pascal Laugier
Trentasei ore per giungere alla soluzione di un mistero che ha attanagliato nel dubbio e nella paura un’intera comunità, quella di Cold Rock, piccola cittadina americana affacciata sulla costa pacifica nordoccidentale, messa in ginocchio dalla recessione economica a causa della chiusura di una grossa miniera, unica vera fonte di sostentamento per la forza lavoro dei suoi abitanti. Tuttavia non è questo ad aver tolto loro ogni speranza, ma il rapimento di ben diciotto bambini di altrettante famiglie che ora vivono nello sconforto e in un’attesa che sembrava non dover mai aver fine. In quest’ultima manciata di ore decisive, tutte le loro preghiere, nonché la peggiore delle domande che mai potrebbe porsi un genitore, potrà finalmente avere una risposta… E un volto. Sì, perché quando ciò che ci colpisce e ci terrorizza è tanto assurdo da diventare inspiegabile, si ha il bisogno di dargli comunque una forma plausibile, un nome, per quanto aleatorio e fittizio. “L’Uomo Alto” è la leggenda che gli abitanti di Cold Rock hanno inventato per dare un senso a ciò che la mente umana non è in grado di racchiudere, tanto, da farlo sfociare in qualcosa di misterioso e sovrannaturale: la peggiore della credenze popolari che diviene realtà. Una figura incappucciata, molto forte, alta e minacciosa che agisce indisturbata con grande rapidità, senza lasciare traccia alcuna dietro di sé. L’unica a non credervi è Julia Denning (Jessica Biel - “The Illusionist” e “A-Team”). Rimasta a Cold Rock anche dopo la morte del marito che era l’unico medico della comunità e per essa rappresentava un vero e proprio perno; un riferimento forte e rassicurante. Ora Julia ne mantiene vivo il ricordo, continuando il lavoro da infermiera, prodigandosi specialmente per i più piccoli, che lei vede come autentiche vittime dello stato di abbandono in cui sprofonda inesorabilmente la piccola città isolata tra i boschi.
Verrà presto smentita nel cuore di una notte come tante altre, in cui Julia però si vedrà costretta ad ingaggiare una caccia all’uomo impari e senza sosta, per proteggere quanto ha di più caro al mondo.
Pascal Laugier, regista e sceneggiatore francese è divenuto noto al grande pubblico per i suoi horror: “Saint Ange” del 2004 e “Martyrs” del 2008, con cui ha letteralmente conquistato gli amanti del genere, creando al contempo grandi divisioni e polemiche all’interno della censura e della critica a causa delle massicce, quanto esplicite dosi di violenza. Qui abbandona questa sua inclinazione registica, per realizzare il suo primo film oltreoceano in lingua inglese: un thriller in cui mixa abilmente suspense e sovrannaturale, inserendo però la propria storia in un contesto profondamente calato nel reale. In maniera avvincente e inanellando un colpo di scena dopo l’altro, Laugier ci riserva un finale – un discreto colpo di scena – che vorrebbe essere una forte critica sociale, ma si rivela semmai una considerazione, piuttosto ovvia e semplicistica, sulle differenze di classe. Il punto di vista più interessante lo riserva a due dei cooprotagonisti. Jenny (Jodelle Ferland –“Tideland” e “Case39” ) una ragazzina muta che stringe un forte legame con Julia ed arriva ad intuire la verità prime di chiunque altro, riservandosi così una via di fuga che le consenta un’opportunità di vita. Questo però la porterà a riconsiderare molti rapporti che aveva; a quanto ogni scelta non sia pienamente consapevole poiché ne possiamo solo intuire le reali conseguenze ed inevitabilmente comporta delle rinunce; a come talvolta ci si erga a giudici e carnefici degli altri, nella convinzione che per proteggere il bene, si debba anche essere in grado di gesti estremi, pur di sovvertire un ordine precostituito che non abbiamo contribuito a creare o spezzare una catena che riteniamo dolorosa ed inaccettabile.
Lieutenant Dodd (Stephen Mchattie - “300” e “2012” e “A History of Violence”) è il tenente di polizia incaricato di sovraintendere le ricerche dei bambini scomparsi e collaborare con lo sceriffo locale alla cattura del colpevole. Essendo esterno alla comunità in cui accadono i fatti, Laugier fa del tenente Dodd il ponte ideale tra lo spettatore e al storia, poiché di fatto imparziale.
Apparentemente freddo e di poche parole, ha però una carica umana non indifferente che gli deriva proprio dalla sua grande esperienza sul campo. Ciò gli permette, sebbene con disincanto ed amarezza, di non emettere giudizi affrettati e, a noi come spettatori, di tenere aperte le porte a tutte le considerazioni del caso, sino all’ultimo fotogramma e forse anche oltre, per chi avesse piacere a farlo.
Curiosità
Come location per le riprese del film è stata scelta Nelson, una pittoresca cittadina mineraria situata nella Columbia britannica, nei pressi della catena montuosa di Kootenay. Luogo poco avvezzo ad ospitare troupe cinematografiche, Nelson è apparsa in precedenza nella commedia romantica “Roxanne”, del 1987 con Steve Martin e Daryl Hannah; così come nella pellicola drammatica firmata da Scott Hicks “La neve cade sui cedri” del 1999.
Metà della città comunque non è reale e l’intervento sugli ambienti, sia concretamente in loco che in studio mediante il digitale, da parte dello scenografo Jean André Carrière è stato massiccio. Basti pensare alla miniera che in realtà è un ex ospedale; mentre la tavola calda era uno spazio industriale.
Ilaria Serina
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