Cloverfield
J.J Abrams (Lost) da ragazzino amava “1997 fuga da New York”... Ed eccovi servito direttamente dal poster del film di John Carpenter, l’omaggio alla testa della statua della libertà staccata, sputata e giacente su una strada di New York...un'immagine assurda e spaventosa a detta dello stesso produttore. Concetti che si rispecchiano in questo "Cloverfield", dove una un Leviatano di 25 piani, reso reale dall’eccezionale contributo del regista Matt Reeves coadiuvato dal Phil Tippet Studio e Double Negative, divorando persone, si cimenta nella distruzione di edifici che collassano seguendo la dinamica dei fluidi, nel cuore di Manhattan; boati, polvere, detriti, urla,f ogli svolazzanti, luci al sodio...Un film fatto dal nostro punto di vista, e figlio dei nostri tempi multimediali e di una videocamera utilizzata durante una festa a Manhattan che si trasforma nello strumento per la cronaca di un vero e proprio inferno, un incubo a occhi aperti.
Da un punto di vista non convenzionale nascono immagini non convenzionali, che colpiscono appunto per il realismo espresso, per l’intimismo nel cercar di vedere qualcosa di enorme, per la profondità di campo in notturna, per i colori ed i dettagli. Infatti, seppur replicando uno stile dilettantesco in fase di ripresa e di editing, dietro tutto c’è un background professionale, solido, che vede alla fotografia il bravo Michael Bonvillain A.S.C., che ha utilizzato tutto il meglio della tecnologia disponibile HD 24p, cominciando con Thomson Viper (Collateral DOCET) in modalità filmstream sin dalle prime immagini del trailer per poi passare alla consumer Panasonic HVX200 per le riprese in diretta affidate al protagonista Hud(T.J.Miller) culminando con la nuova Sony Cinealta F23 nelle riprese notturne di una New York devastata e nell’odissea dei protagonisti (innamorati), visti correre nei bui cunicoli della metrò per poi arrampicarsi su un tetto di un grattacielo semi-diroccato ed appoggiato ad un altro mentre all’orizzonte si continua a combattere contro un castigo di Dio che niente e nessuno pare riuscire ad arrestare.
E se le immagini, sorprendentemente prive di Ghosting, sono la chiave di questo piccolo capolavoro, con un unico punto di vista (quello del protagonista Hud) spesso in ritardo sui momenti clou per lasciare così spazio all’immaginazione, il sonoro potente e dettagliato ci fa correre brividi lungo la nostra spina dorsale come se fossimo lì a correre fuggendo dall’ignoto che ci vuole masticare.
"Cloverfield" lascia aperti molti perché, dalle origini della bestia alla sua improbabile fine, ma tutto ciò è figlio della struttura narrativa: stiamo assistendo ad un documentario, inutile lamentarsi della scarsa vena degli attori perché il concetto non è romanzato, è realismo, cronaca,tensione. Devo dire che tutto ha funzionato a puntino, e mi auguro che i produttori di Lost trovino un'altra videocamera per darci un seguito a questa splendida catarsi, splendida quasi come la protagonista Beth (Odette Yustman).
Fabio Pirovano
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