V per Vendetta
V per verità, V per giustizia, V at least per Vendetta.
Diretto da James McTeguie (regista di seconda unità di Matrix) è un adattamento della graphic novel di Alan Moore (illustrato da David Lloyd) dove Hugo Weaving interpreta il protagonista "V". Tradotto in sceneggiatura dai fratelli Wachowski (Bound, Matrix) il film lascia un chiaro messaggio al potere distorsivo ed imbonitore dei media e dei governi che li regolano.
Il modo di mostrarci il futuro assolutista e gli highlight dai notiziari mostrati in televisori tutti rigorosamente J V C (Justice Veritas Consequence? ndr) ci riporta al Paul Verhoeven di Starship Troopers, ma il grigio fumo di Londra conferisce una firma inconfondibile alla pellicola, merito anche dell’interessante lavoro iconografico in formato anamorfico, (utilizzando mdp Arricam ST, LT ,435ES Xtrem e ARRI 235,abbinate a Lenti Cooke S4 con Filtri Black Pro Mist su Stock Kodak 5218,5205 e per alcuni parti 5289) dell’inglese Adrian Biddle BSC (Aliens; 1492 La Conquista del Paradiso; Punto di Non Ritorno), direttore della fotografia scomparso alla fine delle riprese per un attacco di cuore.
Se il film latita di azione non possiamo certo dire lo stesso dei contenuti e in genere della componente narrativa, comunque ben supportati dalle perfomence del cast, anche se da una parte, non c’è niente sopra le righe nell’interpretazione di Natalie Portman (nella parte di Evey) mentre dall’altra, la mimica di Hugo Weaving, nel far “monologare” V, a tratti, è ridicolmente paragonabile a quella dell’assassino prezzolato visto nei vari Scream.
Violenza in funzione della Giustizia, il film sembra voler affermare questo (machiavellico?) concetto. Difficile dargli torto, seguendo le fila della storia e l’evolversi dei meccanismi di anche se una certa etica e una certa retorica condannano questa stessa violenza. Dopo tutte le gesta infami compiute del tiranno Adam Sutler (John Hurt, rappresentato alla stregua di un Hitler…ancora retorica), tutto, alla fine, sembra ammissibile. Come se si volesse avvertire di una serpeggiante minaccia filo-nazista che l'inghilterra potrebbe coltivare. Ma non puoi, per questo, definire V un terrorista…forse un "Eroe", ma non di una resistenza, perché allora lo fraintenderesti...semmai un "Eroe degli Uomini".
Un film difficile, da questo punto di vista, che innesca ragionamenti etici complessi soprattutto se comparato ai recenti fatti di cronaca e di politica internazionale.
Un film che parla di malattie innescate dai governi, malattie vere e mediatiche tendenti a imbonire il popolo (“disconnessione di massa”)...ed è qua che V trova terreno fertile cercando di aprire gli occhi alla gente con iniziative corroboranti e subliminali, in certi frangenti, asserendo inoltre che non esistono coincidenze.
Forse c’è troppa “V come violenza” che sta in equilibrio sulla troppa (nulla?) retorica ma è sicuramente un film, non certo un capolavoro, che farà riflettere almeno sulla possibilità di esercitare il libero arbitrio e di cercando di sfuggire alla “disconnessione di massa” che affligge le ultime generazioni, dove tutto spesso viene fatto passare per una coincidenza ma il più delle volte è regolato da una legge fisica in cui “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, che però trova una dimensione “religiosa”, in un’altra conseguente e inevitabile realtà: “chi semina vento raccoglierà tempesta”.
Fabio Pirovano
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