The Producers: una gaia commedia neonazista
Già a Broadway The Producers aveva sbancato: il musical di Mel Brooks era approdato sugli stage nel 2001, nato come remake teatrale di Per favore non toccate le vecchiette (The Producers) dello stesso Brooks. Dodici premi Tony nel 2001 avevano celebrato il successo dello spettacolo e dei suoi stessi protagonisti Nathan
Lane e Matthew Broderick. Tant'è che un paio d'anni dopo, aggirandosi per Covent Garden a Londra, era possibile leggere i nomi di Lane e Broderick in cima al cartellone dello stesso musical, giunto anche nella capitale britannica.
Il cerchio oggi s'è chiuso col ritorno della storia lì dov'è nata, ossia al cinema. Susan Stroman, già librettista di Brooks, ha preso sulle spalle l'onere di dirigere lasciando l'ideatore originale nelle doppie vesti di sceneggiatore e produttore. Imprescindibile il ritorno davanti alla mdp degli stessi Lane e Broderick, affiancati per l'occasione da una diva coi crismi come Uma Thurman. E riecco la storia nuovamente cucinata e servita in salsa musical alle plateee cinematografiche.
Max Bialystock (Nathan Lane) è un produttore di Broadway abile nel collezionare insuccessi. Il suo timido contabile Leo Bloom (Matthew Broderick) un giorno gli mette innocentemente e involontariamente in testa un piano truffaldino: stanziare un altissmo budget per produrre la peggiore commedia mai vista, fare flop in modo da annullare le repliche e scappare col resto dei finanziamenti. Bialystock vince la riluttanza di Bloom, e i due si mettono in
cerca della commedia più orrenda in circolazione; la scelta cade su La primavera di Hitler del fanatico Franz Liebkind (Will Ferrell). Trovato il musical e ingaggiata come ballerina (ma anche come segretaria) l'affascinante scandinava Ulla (Uma Thurman), ai due produttori non resta altro che fare di tutto per ottenere il fiasco del secolo...
La sensazione è nostalgica, il gusto classico in una New York tutta insegne luminose e vaporosi vestiti di raso per signore; si canta e si ride in una nuvola tutta charme e in un kitsch "gaio" - tutti gay fino al midollo sono il regista ingaggiato per la commedia (Gary Beach) e i membri del suo eccentrico entourage -. Musical di qualità a partire dalla confezione (ben pensate le scenografie di Mark Friedberg), The Producers sa fare ironia col politicamente scorretto senza scandalo, con leggerezza canzonatoria: riesce a prendere in giro sia una pretestuosa esaltazione dello spirito nazista che la voracità sessuale delle attempate signore che Bialystock soddisfa in cambio di finanziamenti.
La qualità del prodotto resta indiscussa, dai tempi rapidi e ben studiati ai numeri musicali nel più celebre e scintillante stile broadwayano. Ma la ricerca dell'intrattenimento raffinato e intelligente, del dettaglio preciso, della battuta che punge e vuol far ridere a intervalli regolari rischia in più punti di devitalizzare il risultato, finendo
per appesantire un marchingegno così dettagliatamente studiato. La lucidata glamour, che vuol essere perfetta e brillante, diviene una patina troppo spessa che rende il film un'elegante prodotto imbalsamato e chiamato a fare bella mostra di sè. Anche per questo alcuni numeri musicali (fra cui quello di Lane solo dietro le sbarre) portano più noia che spontanea ammirazione, e alcune gag dello stesso Lane - sproloqui ben inseriti per dar prova delle raffinate doti interpretative delcomico - si fanno accompagnare dallo sbadiglio.
La levatura degli interpreti è fuori da ogni possibilità di discussione; ma, costretti in una struttura troppo studiata e carente in fresca spontaneità, gli stessi finiscono per restare imbrigliati in un'impostazione ingessata, frenati in duetti spesso leziosi. Solo Uma Thurman riesce a conferire il giusto respiro alle dinamiche della comicità in musical, aiutata anche dal personaggio più divertente della vicenda e da una buona dose di auto ironia.
A salvare The Producers può restare così solo quello stile soft e anticato, elegantemente impegnato, coerente con la propria vocazione, che nella cloaca di certa comicità contemporanea non fa comunque rimpiangere un umorismo più sguaiato.
Alessandro Bizzotto
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