Orgoglio e pregiudizio
Le numerosissime ispirazioni che Jane Austen ha fornito alla narrazione cinematografica sfuggono al conto matematico.
E' straordinario come un'autrice del primo ottocento, vissuta nei modesti agi della piccola borghesia campagnola, abbia
potuto con la sua produzione (che tempi addietro qualcuno bollò "per signorine" con supponenza) nutrire la settima arte tanto
a lungo, in modo così ricco e in definitiva costante.
A spianare la strada agli adattamenti contemporanei, con gli anni Novanta, è stato Ang Lee, portando sullo schermo
uno dei primi romanzi della Austen, ritenuto a volte uno dei meno perfetti - ma sicuramente fra i più affascinanti -, ossia
Ragione e
sentimento. Il film, interpretato da Emma Thompson, Kate Winslet, Alan Rickman e Hugh Grant, ottenne nel 1996 sette
nomination agli Oscar, vincendo la statuetta per la sceneggiatura non originale, firmata dalla stessa Thompson. Da allora, la
via è stata libera per le trasposizioni successive. Pressoché in contemporanea Roger Michell ha tradotto in immagini
Persuasione; l'anno successivo Douglas McGrath ha diretto Gwyneth Paltrow nel ruolo principale di Emma (Oscar per la
colonna sonora); nel 1999 Patricia Rozema è stata regista di Mansfield Park.
Orgoglio e pregiudizio è con ogni probabilità l'opera più celebre della Austen, sia presso i lettori di tutto il
mondo che per gli sceneggiatori. Il film di Joe Wright è l'ultimo di una serie d'adattamenti che ha avuto inizio con gli anni
Cinquanta, comprendendo più di un lavoro televisivo (fra cui quello del 1995 con Colin Firth e Jennifer Ehle).
Del resto, sempre fresca è la storia, universale la tematica sentimentale, senza età lo spirito che attraversa il
racconto, a prova d'analisi l'indagine sociale - oggi ormai arricchita di valore storico -. Tutto al punto che qualcuno,
come mi hanno fatto notare, ha osservato che anche Sex and the City deve qualcosa a Jane Austen.
Elizabeth Bennet resta una delle eroine letterarie più celebri di tutti i tempi, anche se meno mitizzata della Emma
Bovary di Flaubert o della Isabel Archer di James. Giovanissima e dotata d'arguta intelligenza, Elizabeth vive in campagna
con un padre ironico e distaccato e una madre che non è esattamente un modello in galateo e savoir faire. Seconda di
cinque sorelle, intimamente legata solo alla maggiore, la bellissima Jane, Elizabeth completerà il percorso di maturazione
personale attraverso l'esperienza dell'innamoramento: assistendo da spettatrice alla difficile intesa fra Jane e il giovane
Mr. Bingley, vivrà in prima persona l'iniziale antipatia e poi la tenerezza dell'attaccamento per l'aitante Mr. Darcy, il cui
orgoglio dovrà scontrarsi col giudizio prevenuto di Elizabeth sulla sua apparente alterigia.
La rilettura dell'audiovisivo per un testo scritto nasce inevitabilmente in una situazione comunicativa dissimile,
se l'opera letteraria appartiene ad un'epoca diversa. Eppure, Orgoglio e pregiudizio di Wright conserva dietro la cortina
del bel film in costume la forte veredicità di situazioni e tematiche sia nei ritratti che nella descrizione delle relazioni.
Il passaggio al sistema semiotico cinematografico - si sa - tenta sempre di rileggere la materia testuale in bilico fra
attenzione alla fedeltà (che rischia d'esaurirsi in pedante copiatura, o peggio saccheggio della fonte narrativa) e tensione
verso un'autonomia che doti di linfa nuova il risultato. Tentando la strada dell'attualizzazione della storia, la
sceneggiatrice Deborah Moggach ha seguito una strada che non nega l'etichetta e la forma pre-vittoriana, ma la guarda dall'ottica
contemporanea senza ironia superiore. La componente spiritosa, in questo modo, emerge grazie alla modernità propria
dell'eroina austeniana, quella Elizabeth Bennet che si muove in un sistema sociale senza farsene soffocare e che sa giudicarlo
anziché esserne succube (come le sorelle minori o la madre poco accorta). Esattamente - per di più - come potrebbe fare una
figura femminile contemporanea, ma senza sentirsi un pesce fuor d'acqua.
Ecco dunque come, trovando nel rispetto per le pagine del romanzo originale un valido punto d'equilibrio da cui
iniziare la revisione, questo Orgoglio e pregiudizio riesce ad accompagnare l'ottima cura formale ad una sensibilità
giovane, insolitamente intelligente. Anche nel guardare alla storia d'amore, e non solo con l'inguaribile spirito romantico.
Perché, come ricorda l'ormai ventisettenne e nubile amica Charlotte, essere romantici è un lusso che non tutte possono
permettersi. Tant'è che non c'è vergogna, ieri come oggi, nel mostrare - e guardare - il maschio come un bene di mercato,
considerato per tanto per l'avvenenza quanto per le proprietà.
L'adattamento cinematografico, chiamato a ragionare per immagini, non rinuncia in quest'occasione al dialogo, che
resta arguto, veloce, efficace nel dipingere idee e umori, compiendo l'inevitabile operazione di revisione la quale, più che
tagliare, ha pensato a naturalizzare la semplice forma di un copione (quello austeniano) già completo in sé. In tale
direzione sono state rese meno ampollose rispetto al romanzo le battute che si scambiano Darcy ed Elizabeth, ma soprattutto
più complice e spontaneo viene ad essere tratteggiato il legame fra la protagonista e la sorella Jane, di cui la stessa Austen
ebbe a crucciarsi trovandolo qua e là troppo affettato e formale. La struttura del racconto, poi, asciuga e sintetizza
anziché eliminare, procedendo per condensazioni e alludendo dove mostrare non è necessario.
Ed eccellente è il lavoro registico di Joe Wright, che parla attraverso una sintassi filmica assai ricca e precisa,
mai casuale. L'uso dei piani sequenza (è magistrale quello dell'incipit) modella un geometrismo che non pecca di rigidità, i
movimenti di macchina sono numerosi, ma mai sovrabbondanti (perfettamente costruite le scene in occasione dei balli, in cui
l'attraversamento dello spazio avviene secondo linee convergenti non percepite); il regista unisce la visione a scelte di
stile che non impongono un tipo di occhio (inteso come punto di vista fisico), ma lo adattano alla circostanza. Bellissima,
ad esempio, è la scelta di mostrare il passaggio di tempo attraverso una panoramica orizzontale che diventa soggettiva per
gli occhi di Elizabeth, seduta su un'altalena a corda che ruota attorno al proprio asse.
Particolarmente adatte si rivelano le scelte di un cast in cui brillano i giovani talenti, più che le vecchie glorie
(sempre in formissima) chiamate a mostrare talento di caratteristi in ruoli di supporto (da Brenda Blethyn a Donald
Sutherland fino a Judi Dench). Sono belli e bravi i protagonisti Keira Knightley (Elizabeth) e Matthew Macfadyen (Darcy),
capaci di rendere conto di profondi contrasti emotivi con delicatezza e intesa, e altrettanto validi gli emergenti Rosamund
Pike (Jane) e Simon Woods (Bingley).
Lode al lavoro della costumista Jacqueline Durran, di pregio quello del compositore Dario Marianelli, preziosi
contributi per la nuova vita di una delle più celebri (e plausibili) storie d'amore. Come oggi non si vedono quasi più.
Alessandro Bizzotto
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