In Her SHOES - Se fossi in lei
“Don’t believe in fear/ dont’ believe in faith/ don’t believe in anything/ that you can’t break/ You stupid girl/ you stupid girl/ all you had you wasted/all you had you wasted/…”
La voce androgina e ultra sexy di Shirley Manson dei Garbage apre il titoli di testa del nuovo film di Curtis Hanson, “In Her SHOES – se fossi in lei”, ritmando ossessivamente un fugace quanto bollente incontro tra una bionda mozzafiato ed un fusto WASP, prima che sul più bello lei stia male e venga scaricata.
Incipit brillante e iper glamour, quanto il succinto abbigliamento di Cameron Diaz, ovvero Maggie, nella scena iniziale, raggiunta, il minuto successivo, dalla sorella maggiore, Rose, alias Toni Collette. Bastano poche sequenze per capire l’abisso che separa le due sorelle: Rose è quella laureata, la sgobbona di un importante studio legale di Philadelphia, con la testa sulle spalle, un’attenzione quasi inesistente per il proprio aspetto fisico e qualche chilo di troppo, mentre Maggie, la minore, è la classica testa calda, senza un soldo né un lavoro, furba, che abilmente sfrutta la propria bellezza per sedurre chiunque le possa offrire un drink, dei soldi o ospitalità per qualche tempo. Tanto diverse eppure così irrimediabilmente legate dalla tragica morte materna quand’erano ancora bambine e dall’assenza catatonica del padre, risposatosi con un’acida donnetta ossessionata dal lifting e dal bon ton, le due protagoniste hanno un rapporto molto complesso d’amore e odio, di complicità e d’invidia, d’interdipendenza continua a dispetto delle incomprensioni o dei litigi. Abituate sin dall’infanzia a scambiarsi tutto, il loro precario equilibrio frana d’un tratto quando Maggie infrange l’unico comandamento del rapporto sororale, ovvero “mai andare a letto con l’uomo di tua sorella”!
Da quest’episodio in avanti, che produce un’insanabile frattura tra le protagoniste, i toni ed i ritmi del film subiscono un’inaspettata virata, la location muta totalmente e inizia un affastellarsi, forse eccessivo, di temi, di sentimentalismi e qualche lungaggine.
Cacciata in malomodo dalla casa della sorella, Maggie scopre che la nonna materna, che credeva morta, è in realtà viva e vegeta e per di più abita sulle bianche spiagge della Florida: occasione troppo ghiotta per non sfoderare il micro-bikini d’ordinanza e presentarsi lì con parassitarie intenzioni mascherate da affetto per i cari nonni lontani… La delusione di trovarsi in un centro per anziani attivi (da leggersi “ospizio en plein air”)e non in un club vacanze da sogno è cocente per la bionda Cameron Diaz, che, dopo un primo tempo di solo relax, è costretta a rimboccarsi le maniche e andare a lavorare nell’ospedale del residence, essendo stata colta in odor di furto dalla nonna, una straordinaria Shirley McLaine. I mesi passano e le due sorelle sono obbligate, per la prima volta, a funzionare come persone singole, fatto che ha un potentissimo effetto liberatorio, dal momento che consente a ciascuna di loro di andare per la propria strada e quindi, in un certo senso, di scoprire la propria vera identità, avviandosi verso un classico lieto fine imbevuto di melassa.
Diretto dal Curtis Hanson di “L.A.Confidential”, “8mile” e “Wonder Boys”, “In her Shoes-se fossi in lei”, vista il soggetto rosa che affronta, corre senza dubbio il rischio di diventare un film per un pubblico femminile, anche se va ammesso che si tratta di un prodotto molto curato, piacevole, sorretto da ottime interpretazioni, dialoghi intelligenti e credibili , colonna sonora molto cool e un’atmosfera che alterna sapientemente toni frizzanti alla “Sex and the City” (a cui c’è molto più che un semplice rimando) nella prima metà della pellicola, a sfumature più malinconiche, riflessive e melò della seconda parte, dove, purtroppo, i tempi s’allungano un po’ troppo, e si cade talvolta nel buonismo e nell’improbabile – va bene la conversione di Maggie da animale sessuale a socialmente utile, ma addirittura in animale letterato, ha un retrogusto di fantascienza, che ben si sposa con il grande Ridley Scott in veste di produttore. I personaggi sono sapientemente costruiti e ben interpretati, Toni Collette è misurata, credibile e ha tutta la nostra comprensione, Cameron Diaz, azzeccatissima nel ruolo come non mai, riesce magnificamente a dare a Maggie quel mix di paura, insicurezza e sfacciataggine che le sono proprie e non sembra affatto a disagio nello sfoggio continuo del suo corpo da mannequin, con nostra somma invidia. Immensa, intensa, ironica e coriacea allo stesso tempo la sublime Shirley McLaine, nel ruolo della nonna Ella, alla quale è concessa, dalla sorte, l’opportunità di recuperare l’affetto delle nipoti e la fiducia in se stessa come donna e come madre, e che funge da catalizzatore per le due sorelle e permette loro, non solo di riappacificarsi, ma soprattutto che rincontrarsi e di guardarsi per la prima volta negli occhi, o nel grande specchio della scena finale, con la consapevolezza di essere molto simili, se n uguali, realizzando che per entrambe l’insicurezza è acqua passata, hanno acquisto l’autostima e l’amor proprio di cui erano prive e che il loro legame da cappio in corda grezza s’è trasformato in una morbida pashmeena in seta, adatta a tutte le stagioni e le occasioni, un must da cui non poter prescindere. Certo, la profondità dell’indagine introspettiva ed emotiva lascia un po’ a desiderare a differenza dell’aspetto più fashion, ma c’era da aspettarselo, considerato che lo script è tratto dal best seller di Jennifer Weiner “A letto con Maggie” e che i movimenti delle protagoniste, vuoi spaziali, vuoi emotivi, sono scanditi da primi piani delle loro scarpe, sapientemente assunte a oggetto simbolo dell’ego della Venere metropolitana d’oggi, oggetto o soggetto di relazione col mondo e con noi stesse. Resta interessante e godibile la scelta dell’oggetto di culto per eccellenza dell’universo femminile come metafora del legame tra le protagoniste e della difficoltà di rapportarsi tra loro, e dell’incapacità di convogliare le energie in un rapporto umano degno di tal nome: Rose le tiene tutte chiuse nell’armadio paurosa d’indossarle mentre Maggie le indossa a sproposito, senza cura e le rovina, come qualsiasi cosa che tocca.
Marta Ravasio
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