Vita da strega
Per ridare vita alla famosa serie televisiva Vita da strega la Columbia ha pensato a due donne: Nora Ephron e
Nicole Kidman. La prima, regista e sceneggiatrice, s'è più volte cimentata con la commedia sentimentale dai tempi di
Insonnia d'amore, mettendo in scena il sentimento con il brio leggero della risata. La seconda è stata coinvolta già nella
fase iniziale del progetto, sia per la pretesa somiglianza alla strega dell'originale Elizabeth Montgomery, sia per
l'indiscusso talento eclettico che l'ha portata a misurarsi anche col comico oltre che con il dramma.
Già l'anno scorso la Kidman s'era messa in gioco con La donna perfetta di Frank Oz, vestendo i panni di una
stressatissima manager d'acciaio che cerca di ritrovare se stessa e il rapporto con la famiglia in un idilliaco paese dove
tutto è ordinato e davvero troppo perfetto. In Vita da strega Nicole è Isabel, una vera e propria strega che sta cercando
di smettere con il soprannaturale per rifarsi una vita da comune mortale, affrontando i problemi di tutti i giorni quali
montare un videoregistratore, non avere l'ombrello durante un temporale e disperarsi quando il vento mette in disordine i
capelli. I suoi buoni sentimenti la portano ad conoscere Jack Wyatt (Will Ferrell), un attore in declino che tenta di
rilanciare la sua carriera vestendo i panni del protagonista maschile in un remake televisivo proprio della sitcom Vita da
strega. E indovinate chi viene scelta per il ruolo della protagonista Samantha...?
Il discorso metacinematografico senza impegno di fiction nella fiction è un buon punto di partenza che svecchia
il materiale permettendo di giocarci con paradossi e nuove idee. Le gag, infatti, funzionano eccome, soprattutto nella prima
mezz'ora quando illustrano i maldestri tentativi di Isabel nel rifiutarsi di usare la magia nella sua nuova vita normale.
La Kidman fa faville spalleggiata da co-protagonisti validi, e sicuramente la bonaria spiritosaggine di Ferrell si fa
apprezzare più del gigioneggiare di due vecche glorie come Michel Caine - comunque bravo nell'interpretare il padre-Casanova
di Isabel - e Shirley MacLaine - tutta smorfie nei panni dell'attrice chiamata a interpretare il ruolo della madre di Samatha,
Endora -. La spontanea caramellosità della protagonista è sempre accattivante, e riesce a rendere simpatica l'ingenua
strega dal cuore
tenero; ma per quanto brava, Nicole non trova in Isabel un personaggio con cui sorprendere. Vita da strega è completamente
o quasi privo del mordente de La donna perfetta; la strega del primo non consente i giochi ironici che sul piano
interpretativo rendevano irresistibile la protagonista del secondo. Nel film di Oz Nicole strappava l'applauso caricando la
mimica fino a renderla pressochè isterica, giocava con la bellezza e con il look, prendeva in giro la perfezione prestandosi
a un gioco che non risparmiava nessuno.
Vita da strega è essenzialmente troppo imbevuto di buonismo per rendere il sarcasmo penetrante. E nonostante in
definitiva risulti godibilmente spensierato, si affida a una struttura drammaturgica fin troppo risaputa, con svolte tanto
classicheggianti da apparire ovvie. Così, diviene scontato che l'adorabile strega e l'egocentrico attore finiranno per
innamorarsi e che le differenze di vedute li porteranno a fraintendersi, e via di questo passo. Insomma, manca la vernice
ambigua che ha reso la Kidman indimenticabile ne La donna perfetta: lì lo scherno graffiava perchè alla forma
accompagnava la sostanza, qui invece le spumeggianti battute restano fini a se stesse, si perdono nella patina zuccherosa che
lascia l'estroversione solo alla superficie (con la recitazione degli interpreti, ma anche con tutto il lavoro di
ricostruzione scenica ispirato al serial originale e opera dello scenografo Neil Spisak).
Sarebbe potuto risultarne un inno alla convivenza dei poli opposti e all'accettazione dell'anomalia, ma la
riflessione si stempera nell'imitazione del telefilm originale; e non tanto per l'impianto narrativo - ben riadattato -, ma
per la ricerca della battuta immediata e leggera, della risata innocua, del bon ton retrò. Quello, ahinoi, rimane
a tratti televisivo. Mentre il resto è pensato per il cinema.
Alessandro Bizzotto
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