Non bussare alla mia porta
Quanto manca per “Wisdom”? Quanto perché siano ancora nostre semplicità e purezza di spirito? Scarsi i tentativi, poche le certezze, claudicanti e confuse le risposte al nostro interrogarci sulla qualità della vita umana. Può un vecchio cowboy, star del cinema ormai in disperante declino, risollevare se stesso dall’egoismo, dal vizio e dalla vacuità del suo vivere? Dopo il grande successo di pubblico ottenuto all’epoca con “Paris-Texas”, Wim Wenders torna a collaborare con Sam Shepard, attore americano dai molteplici talenti, prolifico drammaturgo, scrittore e musicista, qui nei panni del vecchio Howard. Scoperta la sua tardiva paternità, questo ormai opaco “eroe” del vecchio western, del tutto incapace di comunicare ed emotivamente insicuro, cerca la sua espiazione in Butte, nel Montana, tentando, in maniera del tutto goffa e impacciata, di recuperare il tempo perduto.
Ancora una volta Wenders fotografa il non-luogo degli spazi sconfinati e desolati, le città della più profonda provincia americana dove il tempo sembra essersi fermato, come nel nostro caso, ai tempi delle riprese del film “Just like Jesse James” che Howard (Shepard) aveva girato trent’anni prima proprio a Butte, ormai strozzata da un grande senso di solitudine e isolamento. Ottimo il lavoro sulle immagini, sulla fotografia che parla, piange, urla e sorride insieme ai suoi protagonisti quasi “prestati” al grande schermo dai più struggenti quadri di Hopper, il pittore della “Grande Depressione”.
Efficacemente coadiuvato da una colonna sonora che sembra riempire, come lo stesso Wenders afferma, gli “spazi bianchi” tra le righe di un buon libro, il regista tedesco offre allo spettatore una chiave di lettura, una lente da cui poter osservare l’essere umano trovatosi a dover fare i conti con se stesso, repentinamente aggredito dalle proprie miserie e dalle proprie mancanze. Quella mancanza di essere stati padri, educatori e confidenti per i propri figli, cresciuti invece nell’assenza e nella lontananza di chi non ti insegna a vivere, a crescere e a diventare uomo, celando loro il significato del proprio passato.
Quando il cinema riflette ciò che siamo e cosa avremmo potuto essere, dipanando le nubi sul nostro essere fallaci.
Carla Bagnulo
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