La recensione: THE DRESSMAKER – IL DIAVOLO è TORNATO
Dungatar cittadina di provincia nel sud est del continente australiano è un luogo decrepito e cadente costituito da una manciata di case appena che si stringono l’una all’altra nel mezzo di un polveroso e pianeggiante nulla. Siamo agli inizi degli anni ’50, ma qui il tempo sembra essersi fermato alla Grande Depressione. Difficile non immaginare, dato l’esiguo numero di abitanti e le poche attrattive offerte, che tutti non si conoscano tra loro e non conoscano anche sin troppo bene le storie personali di ognuno; nonostante questo Dungatar è un crogiuolo di segreti che vive sul non detto e le apparenze da preservare ad ogni costo, dove tutti gli archetipi possibili ed esistenti si son dati appuntamento per mettere in scena questa commedia.
Dopo vent’anni trascorsi negli atelier di haute couture europei, una scarmigliata e sprovveduta bambina di nome Myrtle Dunnage si è trasformata nella sofisticata, acuta e disincantata donna ribattezzata a nuova vita, Tilly ( Kate Winslet ), che fa ritorno alla sua cittadina natale nel cuore della notte, precisando sin dalle primissime battute quanto poco pacifici siano i suoi intenti.
Allontanata in tenera età poiché accusata dell’omicidio di un suo compagno di classe, Tilly Dunnage potrebbe a buon diritto esser considerata una sorta di “Figliol Prodiga” se non fosse che nessuno attende, tanto meno desidera, il suo ritorno in seno alla comunità, madre compresa. Sprezzante dei giudizi altrui e ben consapevole di quanto insidiosi si possano mai dimostrare i suoi concittadini, la nostra eroina non indietreggia dinanzi ad alcuna difficoltà pur di far luce sul suo passato e pareggiare i conti con chi, pur avendole inconsapevolmente regalato l’opportunità di una vita diversa, non soggiogata alle ristrettezze di Dungatar, l’ha precocemente sottratta agli affetti più cari etichettandola ignominiosamente. Nell’emarginata famiglia McSwiney, che abita in una roulotte ai piedi della collina dove si erge casa Dunnage, Tilly troverà inaspettatamente i primi preziosi alleati: Barney ( Gyton Grantley ), che nonostante il gravoso deficit mentale è un giovane uomo sensibile, coraggioso e grato alla vita ed il fratello minore Teddy ( Liam Hemsworth )
, caparbio e affascinante giocatore di punta della squadra di rugby, uno dei pochi motivi di vanto e appuntamento socialmente condiviso a Dungatar. I McSwiney sono gli unici a cui Tilly sente di dover in qualche modo riconoscenza, per come si sono presi costantemente cura dell’eccentrica e burbera madre Molly ( Judy Davis ) in sua assenza; madre con la quale sarà costretta a sostenere non poche schermaglie e non sempre di natura prettamente verbale, in nome di una riconciliazione agognata da anni e più che necessaria ad entrambe le donne, sia l’una per l’altra che per sé stesse.
Tratto dall’omonimo romanzo di Rosalie Ham pubblicato nel 2000, “The Dressmaker” è un film di fattura squisitamente australiana, scritto e diretto da Jocelyn Moorhouse, nota al grande pubblico per “Istantanee” ( del 1991, con gli allora poco più che esordienti Rassell Crowe e Hugo Weaving ), “Gli anni dei ricordi” e “Segreti” ( rispettivamente del 1995 e del 1997, entrambi con un cast all star tutto al femminile ); ma anche per le collaborazioni, in veste di produttrice e sceneggiatrice con il marito, il regista P.J.Hogan.
Con “The Dressmaker” la Moorhouse mette in scena tutte le piccinerie, le meschinità e le ipocrisie che contraddistinguono e mettono in contraddizione il microcosmo di Dungatar, facendone un esempio di quella che a buon diritto si può definire una commedia umana.
Il set richiama le ambientazioni degli spaghetti western e in effetti di occasioni per duellare non ne mancano, benché le armi non siano da annoverarsi tra quelle convenzionalmente note ai più. Il tono del racconto però è da ricercarsi tra la black comedy che alterna a grottesche scene consumate tra le mura domestiche, quelle più corali e pubbliche di autentica farsa. A tutto ciò si unisce il discorso ben più drammatico di ricerca della verità da parte di Tilly, sul suo passato e le ragioni del suo coercitivo allontanamento; all’intimità del suo riavvicinamento alla vita ed ai sentimenti che ne costituiscono il fondamento. Se si accetta sin da subito e ci si lascia catturare senza pregiudizio alcuno da quel che è il climax dell’intero film – che comunque è dichiarato con onestà e ben orchestrato dalla sua regista e sceneggiatrice – allora avremo modo di apprezzare e divertirci con una commedia graffiante, che a trovate ingegnose se non diaboliche, alterna l’indagine di un thriller psicologico a un pizzico di gradito romanticismo. A far vivere il tutto sul grande schermo un cast veramente indovinato, mai prigioniero di alcun cliché e capace di grande generosità ed ironia, nel quale ritroviamo un frivolo quanto irresistibile Hugo Weaving e la talentuosa Sarah Snook, promettente astro nascente della cinematografia australiana già vista ed apprezzata lo scorso anno in “Predestination”, accanto ad Ethan Hawke.
Il tutto procede perfettamente sino all’inaspettata svolta drammatica che alza ulteriormente la posta in gioco e reitera la vendetta sino all’apice finale. Il film perde di spirito e compattezza narrativa lasciandoci un poco di amaro in bocca.
Non si può non citare il fondamentale contributo al film dato del reparto costumi nelle persone di Marion Boyce e Margot Wilson: con il loro prezioso lavoro gli abiti hanno conferito colore e carattere alla storia diventando essi stessi un personaggio insostituibile del racconto, motore dell’azione, complici nella vendetta, forgiando ogni singolo personaggio in scena; disvelando vanità e segrete debolezze o mettendo in risalto pregi e punti di forza. Al centro di tutto una straordinaria Kate Winslet che, nella veste di un avveduto pigmalione, si serve della miope arroganza di uno sparuto e mal assortito gruppo di donne, divise dalla competizione, dall’invidia e dalla volontà di apparire a qualunque costo, per colmare con astuzia senza pari la sua sete di vendetta. Tilly ci ricorda che un abito è pur sempre un travestimento, ma a suo modo rimarca ciò che realmente siamo o vorremmo essere e all’occorrenza può diventare un alleato prezioso se non addirittura un’arma.
Dopo la splendida prova accanto a Michael Fassbender in “Steve Jobs”, che le ha regalato un Golden Globe e un BAFTA – oltre alla pioggia di nomination ai più importanti premi della stagione – e la cattivissima Irina Vlaslov di “Codice 999”, ancora nelle sale; Kate Winslet ci fa dono di un altro irresistibile personaggio femminile che va ad arricchire una già nutrita galleria di indimenticabili interpretazioni.
Scheda film:
Titolo originale: “The Dressmaker”
Anno: 2015
Data uscita: 28/04/2016
Durata: 118’
Nazione: Australia
Produzione: Apollo Media, Film Art Media, Screen Australia
Distribuzione: Eagle Pictures
Regia: Jocelyn Moorhouse
Sceneggiatura: Jocelyn Moorhouse
Fotografia: Donald M. McAlpine
Montaggio: Jill Bilcock
Musiche: David Hirschfelder
Scenografie: Roger Ford
Costumi: Marion Boyce e Margot Wilson ( per Kate Winslet )
Cast: Kate Winslet, Liam Hemsworth, Judy Davis, Hugo Weaving, Sarah Snook, Caroline Goodall, Kerry Fox, Rebecca Gibney, Gyton Grantley