Quelliche...ilCinema alla conferenza stampa di VELOCE COME IL VENTO
“Il cinema che mi piace, prima di tutto da vedere e che a mia volta voglio poter fare, deve avere una connessione, un’adesione forte alla realtà, pur permettendo allo spettatore di evadere dalla sua quotidianità, di staccare la spina, di prendersi una pausa per divertirsi”
Matteo Rovere
Il concitato vociare dei fotografi nel reclamare attenzione, l’incalzante, incessante baluginio dei flash così come l’inarrestabile cliccare delle macchine fotografiche è tutto ciò che riusciamo a scorgere dal salottino adiacente, dove la stampa è stata fatta accomodare ospite della Terrazza Martini a Milano per la presentazione di “Veloce come il vento”, del giovane, promettente regista e produttore romano Matteo Rovere. C’è evidente curiosità ed attesa attorno al film ed al suo cast - per il quale siamo qui - e che a buon diritto si può ritenere protagonista di una delle più belle sorprese della stagione cinematografica italiana, per cui si spendono volentieri parole di elogio miste a stupore, perché sì, purtroppo lo dobbiamo mestamente ammettere e senza neanche troppi giri di parole: operazioni come queste nel panorama italiano se ne vedono ancora troppo poche!
La locandina del film giganteggia di fronte a noi, facendo da sfondo, alle spalle del divano dove si accomodano, raggiungendoci dopo essersi fatti lentamente strada tra gli ultimi fotografi ed i giornalisti in attesa di interviste, Matteo Rovere per l’appunto, accompagnato da Stefano Accorsi e dalla giovanissima esordiente Matilda De Angelis. Il nostro sguardo abbraccia finalmente, mettendo subito a fuoco, i due ottimi protagonisti a diretto confronto con due dei fratelli De Martino, ai quali hanno dato volto e cuore sul grande schermo e per i quali ci siam lasciati coinvolgere ed emozionare non poco, tanto che lo stupore iniziale cede brevemente il passo alla consapevolezza: anche sotto questo aspetto, il film di Rovere rappresenta una novità, poiché raramente personaggi di questo tipo vengono scritti per poi essere plasmati e supportati con tale trasformismo nel nostro cinema.
al centro del film vi sia il rapporto conflittuale che lega i fratelli De Martino ed il loro difficoltoso riavvicinamento dopo la morte del padre; è l’adrenalinico, competitivo e rischioso mondo delle corse a far da palcoscenico, dettando il climax dell’intera storia. Tra box e circuiti, per chi come noi non respira e vive di soli benzina e motori, tutto può apparire solo come un azzardo, per quanto calcolato al centesimo di secondo oltre che al millimetro: questo fa sì che il ritmo del film sia particolarmente serrato, incalzando lo spettatore dall’inizio alla fine. Pertanto è proprio sugli aspetti tecnici della realizzazione e sulla scelta compiuta da Rovere per le ambientazioni sin dalla fase di scrittura che si concentrano le prime domande. Il regista romano ci racconta che il lavoro di ricerca partito in fase di ideazione e proseguito poi con la stesura dell’intera sceneggiatura, in realtà non si è mai fermato lungo il corso di tutta la lavorazione del film: hanno avuto la fortuna di potersi immergere totalmente nel mondo delle corse seguendo il Campionato GT parallelamente alle riprese e di aver avuto per tanto costantemente a disposizione la consulenza di tecnici, meccanici, piloti sempre pronti a fornir loro dettagli, precisazioni e correzioni, laddove si fossero rese necessarie, per conferire realismo ed autenticità alla storia, sotto ogni punto di vista.
Tecnicamente le riprese son state molto impegnative poiché si volevano ridurre al minimo gli interventi in post produzione: questo ha portato ad adattare quanto la tecnologia cinematografica avesse da offrire o ad inventarsi tutti gli espedienti possibili per riprendere anche in situazioni limite. Oltre alle corse portate in pista da veri piloti, molte sequenze son state girate in prima persona dai due protagonisti che, per l’occasione, han dovuto seguire corsi di guida veloce sia su pista che e non. Aspetto questo che ha notevolmente impegnato soprattutto la giovane Matilda De Angelis, neo patentata nella vita reale e che per il suo esordio al cinema ha dovuto imparare a tener sotto controllo macchine da quasi seicento cavalli, mostrando la padronanza e la freddezza di una consumata pilota di razza.
Quello che affascina del mondo delle corse e che si è voluto esplorare - prosegue Rovere – è che è un mondo a sé stante, ben codificato e soggetto a regole ferree, anche non scritte, ma tacitamente condivise. Una realtà che corre costantemente a tutta velocità sul filo del rasoio ed è all’interno di quel mondo che la storia dei De Martino doveva prender vita ed esser raccontata.
Accorsi ci spiega inoltre di quanto anche la mentalità degli atleti sia assolutamente ferrea e non soltanto perché la sfida che si ripropongono ad ogni corsa di vincere corre sull’invisibile, sottile ma marcata linea che separa la vita dalla morte; ma poiché conoscono perfettamente ed hanno grande consapevolezza dei propri limiti oltre che di quelli degli avversari, sapendo come affrontare ogni singolo tracciato, in ogni diversa condizione e per ogni macchina che avranno a disposizione. Tutti questi aspetti fanno parte e connotano fortemente la preparazione mentale oltre che fisica di ogni pilota ed ogni pilota scende in pista a gareggiare per una ed una ragione soltanto: vincere a qualunque costo. Tutto ciò porta ovviamente la posta in gioco a livelli altissimi, anche per chi come loro deve restituire quel mondo unicamente sullo schermo, ma rispettandone ovviamente verità e coerenza, pur non vivendo in funzione di velocità e motori.
Loris De Martino è un personaggio molto complesso e sfaccettato: ex campione di indubbio talento è stato però segnato da dolorose vicende famigliari e dalla tossicodipendenza, aspetto che l’attore bolognese ci racconta aver approfondito attraverso incontri e dialoghi nelle comunità con tutti coloro che si son resi disponibili, sia tra chi è vittima di tale dipendenza che attraverso chi li aiuta quotidianamente a combatterla, fisicamente e psicologicamente. Questo lavoro di ricerca ha portato Stefano Accorsi a costruire il rapporto con Annarella insieme all’attrice Roberta Mattei e a decidere con Matteo Rovere ed il supporto della coach Anna Redi, come calarsi nei panni di Loris anche attraverso una notevole trasformazione fisica. Tutto questo però, ci ricorda Accorsi e non perde occasione di sottolinearlo, non sarebbe stato possibile senza l’ottimo copione propostogli inizialmente dal produttore Domenico Procacci: la qualità della scrittura che sostiene e caratterizza tutte le scene ed i dialoghi è evidente, oltre all’accuratezza con cui ogni aspetto della lavorazione del film è stato affrontato e risolto sullo schermo. Matilda De Angelis ci parla invece di come sia venuta a conoscenza quasi per caso del progetto, superando un lungo casting fatto di numerosi provini prima di poter ottenere la parte della protagonista Giulia De Martino. Questo suo debutto nel cinema, come la stessa De Angelis ci racconta, per lei che ha esordito giovanissima nel mondo dello spettacolo con la musica, è stato come imparare a nuotare una volta buttata nel bel mezzo dell’oceano: un’esperienza totalizzante che l’ha messa spesso a confronto con fragilità e paure, ma al contempo altrettanto elettrizzante e stimolante, sebbene sempre molto, molto impegnativa anche dal punto di vista fisico. Quel che recitazione e musica hanno in comune per chi le vive in prima persona è il modo in cui si entra in contatto e si attinge alle proprie emozioni per renderle materia viva ed utile al lavoro in scena.
Alla conferenza stampa manca però uno dei fratelli De Martino: il piccolo Nico interpretato da Giulio Pugnaghi, così, approfittando dello spunto fornitogli da una nostra domanda sulla scelta ed il lavoro compiuto sul set con il giovane protagonista, Matteo Rovere ci racconta della decisioni prese in merito ad ogni personaggio, sia esso protagonista che comprimario, rimarcando quanto ognuno sia stato fondamentale in ogni singola scena per donare il giusto tono alla storia, darle verità e conferire autenticità ad un mondo che altrimenti crollerebbe miseramente su sé stesso. Ogni particolare per il regista si è dimostrato fondamentale e assolutamente degno della medesima attenzione nonché cura. Giulio Pugnaghi si è rivelato un collaboratore coscienzioso e capace nonostante la giovanissima età; sempre pronto a seguire scrupolosamente ogni indicazione sul set, ma, a differenza del suo alter ego cinematografico, bonariamente canzonato con il soprannome di “Allegria”, Giulio non ha certamente rinunciato a divertirsi prendendo tutto il meglio che questa esperienza aveva da offrirgli. Se l’atteggiamento di Matilda De Angelis nei confronti di Nico è stato quello materno e protettivo che, da sorella maggiore qual è, tiene anche nella vita; Stefano Accorsi ammette che solo attraverso il personaggio di Loris avrebbe mai potuto comportarsi come descritto in sceneggiatura, concedendosi quella libertà che solo la finzione è in grado di regalarti e che come padre mai e poi mai avrebbe potuto accettare.
Tutta la stampa è concorde nel rimarcare quanto il film sorprenda piacevolmente perché sottosta poco nulla ai più classici canoni e talvolta stereotipi del cinema italiano, guardando invece a film dal gusto più internazionale, complici anche le numerose sequenze d’azione. Questo, se da una parte determina un merito importante a favore del film di Rovere, d’altro canto, forse evidenzia una tendenza piuttosto monotona, perseguita da registi, produttori e sceneggiatori con una caparbietà e pigrizia poco comprensibili, tantomeno auspicabili per il futuro del nostro cinema.
Per realizzare “Veloce come il vento”, sin dal suo concepimento, ammette Rovere, egli ha voluto prendere a modello molto cinema europeo e non, tra mainstream ed indipendente, che sposasse il suo gusto prima di tutto come spettatore e poi soddisfacesse le sue esigenze come regista. Gli è stato fatto presente, da diverse persone che hanno avuto modo di vedere il film in anteprima, quanto si senta l’odore della benzina che si mescola alla puzza del letame. Questo primo commento di pancia è stato accolto da tutto il cast come un sincero apprezzamento al loro lavoro, poiché mette in evidenza in maniera diretta e senza mezzi termini, quanto il film, pur avendo una cornice cinematografica molto accurata, affondi le proprie radici, rispettando e restituendo la vivida realtà romagnola, dove la tradizione automobilistica rappresenta un patrimonio importante, pressoché imprescindibile della propria cultura, quanto il rapporto diretto con la terra ed i legami famigliari.