La recensione: IL CASO SPOTLIGHT di Tom McCarthy, Oscar 2016 come MIGLIOR FILM
Nell’estate del 2001 il giornalista ed editor Martin “Marty” Baron arriva a Boston, da Miami, con il compito di prendere in mano le redini del The Boston Globe. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da chi certamente non è nuovo alla professione, ma alla città che lo ospita e all’ambiente di lavoro sì; Baron dimostra subito di preferire ad una misurata valutazione imprenditoriale con un occhio di riguardo ai contenuti, che però tenga ben presente il pubblico di lettori ai quali il quotidiano si rivolge da più di un secolo, un approccio forte e diretto che non teme le sfide e non accetta compromessi, pur di portare avanti quelle istanze che hanno reso il giornalismo statunitense celebre ed apprezzato in tutto il mondo.
L’attenzione di Marty Baron ( Liev Schreiber – “La quinta onda” e “Pawn Sacrifice” di prossima uscita ) si focalizza sulle denuncie a carico di un sacerdote, sei in sei differenti parrocchie, che paiono non aver destato particolari sospetti agli occhi di nessuno, ma che non solo potrebbero, ma dovrebbero essere materiale di indagine ed approfondimento per Spotlight, il team diretto e coordinato dal caporedattore Walter “Robby” Robinson ( Michael Keaton – “Birdman” e “Need for Speed” ) e formato dai cronisti Sacha Pfeiffer ( Rachel McAdams – “Passion” e “Sotto il cielo delle Hawaii” ), Michael Rezendes ( Mark Ruffalo - “Teneramente folle” e “Tutto può cambiare” ) e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll ( Brian d’Arcy James, noto e apprezzato attore americano di musical).
Benché nessuno di loro abbia modo di comprendere sin da subito la reale portata e vastità di quanto si apprestano ad investigare; intuiscono di trovarsi di fronte alla punta di un iceberg che è rimasto sommerso grazie all’omertà compiacente di chi, pur sapendo, ha deciso di tacere per ignoranza, per vergogna, per paura, per denaro, permettendo all’orrore che si stava consumando di perpetuarsi forte per di più del fatto che si basava sul ricatto morale più antico del mondo: l’obbedienza a Dio! Thomas McCarthy ( “Station Agent” e “L’ospite inatteso” ) mette a segno un film dall’impianto robusto e ben strutturato sotto ogni punto di vista; dal taglio decisamente classico che rimanda immediatamente la memoria dello spettatore a quel cinema d’impegno sociale e civile che ha caratterizzato una parte della filmografia degli anni settanta firmata da registi ed autori dell’allora New Hollywood, come: Alan J. Pakula ( “Tutti gli uomini del presidente” ), Sidney Pollack ( “Non si uccidono così anche i cavalli?” ) e Milos Forman ( “Qualcuno volò sul nido del cuculo” ).
La regia di McCarthy qui si distingue per sobrietà e rigore perseguiti con determinazione in ogni singola sequenza, senza mai un attimo di distrazione alcuna e senza per tanto concedere al film la benché minima sbavatura.
Al centro della vicenda, impegnati a dare corpo e anima a coloro che allora furono i veri protagonisti di quella delicatissima quanto odiosa indagine giornalistica e che, denunciandone con fermezza e coraggio ogni aspetto e ripercussione si aggiudicarono il Premio Pulitzer per il più importante servizio pubblico nel 2003, troviamo un ottimo cast, al quale si aggiungono, agli interpreti già citati, Bill Crudup ( “Big Fish” e “Blood Ties” ) e Stanley Tucci ( “Margin Call” e “Amabili Resti” ). Il lavoro di squadra che emerge ne “Il caso Spotlight” non è determinato unicamente da quanto si racconta nel film, ma è il risultato della sensibilità e del talento che McCarthy ha avuto la fortuna di trovare e riconoscere, mettendo poi abilmente a frutto, in un team di attori quanto mai affiatato che nel perfetto equilibrio di una performance corale riesce anche ad affermare e rispettare le specificità di ognuno.
La sceneggiatura, firmata a quattro mani dal regista statunitense con il collega sceneggiatore Josh Singer ( insigniti con l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale ), insieme al più che calibrato montaggio ad opera di Tom McArdle, conferiscono profondità e ritmo ad un’opera che, pur mantenendo sempre ben presente l’importanza del tema trattato, non disdegnano di regalare emozioni e suspense al grande pubblico, mantenendo sempre alta la tensione proprio come sarebbe lecito aspettarsi da un grande thriller.
Quel che rende “Spotlight” il miglior film dell’anno è la capacità di possedere un ampio respiro e considerare con grande onestà intellettuale tutti i punti di vista pur non dimenticando mai il soggetto del film e non venendo meno a quello che è il suo spirito. McCarthy, sia come regista che da sceneggiatore, non si limita a raccontare, denunciandoli, gli abusi commessi dalla Chiesa, ma ci ricorda che la responsabilità individuale è il primo fondamentale passo per proteggere chi nei legami e nelle istituzioni ripone giustamente la sua fiducia e invece è proprio a causa di quella stessa fiducia, ingenuamente, inconsapevolmente mal riposta, che diverrà vittima prima e prigioniero poi di una colpa mai commessa. Sono le famiglie, gli amici, l’intera comunità che ci circonda e di cui facciamo parte, nella quale viviamo quotidianamente e poi le istituzioni, a dover garantire che la paura e l’omertà non permettano a un modo di pensare, ancor prima che di agire, di prender piede, di farsi strada sino a distruggere in maniera del tutto indisturbata la vita di chi ha diritto di crescere preservando la propria innocenza. Le responsabilità di quanto accadde dunque, ci racconta McCarthy, sono a tutti i livelli e nessuno nel corso del film si scopre esentato da esse; ma al dito puntato o a toni accusatori il regista americano preferisce una chiara, lucida e attenta disamina che, portando alla luce la verità con tutte le sue ripercussioni ed implicazioni, trovi in esse la forza e la comprensione necessaria perché quanto accaduto, così come qualunque abuso, non solo non trovi un seguito, ma non si ripeta mai più.
“Spotlight” è anche una bellissima occasione per ricordarci, questo a livello prettamente cinematografico, quali siano e restino le solide basi per un’opera che all’impegno nel contenuto può coniugare una forma stilistica impeccabile, funzionale e avvincente, regalandoci un film che giustamente è stato consegnato, nel corso della notte appena trascorsa, alla storia degli Academy Awards e magari, ci auguriamo, anche a quella del Cinema.
Scheda film
Titolo originale: “Spotlight”
Anno: 2015
Data uscita: 18/02/2016
Durata: 128’
Nazione: USA
Produzione: Anonymous Content, Participant Media, Rocklin / Faust
Distribuzione: BIM
Regia: Thomas McCarthy
Sceneggiatura: Thomas McCarthy, Josh Singer
Fotografia: Masanobu Takayanagi
Montaggio: Tom McArdle
Musiche: Howard Shore
Cast: Rachel McAdams, Mark Ruffalo, Michael Keaton, Liev Schreiber, Stanley Tucci, Billy Crudup, John Slattery, Len Cariou, Jamey Sheridan