La recensione: SICARIO
“Sicario” di Denis Villeneuve, presentato lo scorso maggio in Concorso alla 68esima edizione del Festival di Cannes e più di recente, alla 40esima edizione del Toronto International Film Festival, è un film che ci parla di confini: tracciati sulle carte geografiche, separati da una frontiera, violati, molti dei quali risiedono invece nella mente o nella morale di chi al limite di quei confini agisce e che al proprio spazio di azione o alla possibilità di poter operare indisturbato, non mette invece limite alcuno. Che siano reali, dettati dalla legge, fisici o etici, quelli mostratici da Villeneuve sono confini destinati a mutare, a non perdurare, ai quali comunque non ci si dovrebbe mai nemmeno avvicinare perché, oltrepassati i quali, non si torna in dietro e, se ci si riesce, vi si fa ritorno irrimediabilmente compromessi.
Questo è ciò che a sue spese impara amaramente e non a poco prezzo l’agente del FBI Kate Macer ( Emily Blunt – “Looper” e “Edge of Tomorrow” ); tenuta in gran considerazione dai suoi superiori, elogiata poiché sempre in prima linea sin dalle primissime operazioni sul campo, le viene offerta la possibilità di candidarsi volontaria per una task force composta da soli uomini - dell’esercito e della CIA - che opera al confine tra Stati Uniti e Messico per combattere il narcotraffico che agisce oramai su vasta scala in maniera dilagante e da troppo tempo indisturbato.
A reclutarla ed introdurla nella squadra operativa, in terra statunitense, ci sarà l’agente della CIA Matt Graver ( Josh Brolin – “Everest” e “Oldboy” ), caposquadra e di fatto il punto di riferimento ufficiale per tutte le operazioni, dalla stazione di comando al semplice soldato ; ma al di là del confine, in terra messicana, l’uomo a cui ci si appoggia sul campo è uno e uno soltanto: un procuratore, il “sicario” Alejandro ( Benicio del Toro – “A perfect day” di prossima uscita e “Vizio di Forma” ).
Se Graver si pone ben poche remore ad operare in una zona d’ombra che il governo del suo Paese gli garantisce, sentendosi per di più legittimato dal compito che è chiamato a svolgere; Alejandro ha abbandonato oramai quasi ogni vestigia di umanità, spinto da un sentimento di cieca vendetta, si muove in un territorio che egli stesso definisce governato dai lupi anziché da uomini, dove non esistono regole d’ingaggio che non siano quelle atte a garantire la propria sopravvivenza e dove la follia di ciò che si combatte avvalla qualsiasi tipo di azione, senza nessun compromesso.
Denis Villeneuve costruisce un film di grande tensione, in un continuo crescendo, dove scene di suspense si alternano a rapide sequenze di azione, efficaci senza mai essere inutilmente spettacolarizzate; dove la natura intrinsecamente violenta dell’ambiente che si racconta non sempre è sottesa, ma mai esibita con compiacimento.
Se a conferire il tono della narrazione possiamo dire che siano i silenzi, lo sguardo e la presenza scenica di Alejandro; gli occhi grazie ai quali oltrepassiamo la linea di confine tra ciò che pensavamo di conoscere e quel che governa alcuni territorio ignoti ai più, sono senz’altro quelli di Kate Macer. Ogni punto di riferimento le verrà tolto; ogni tentativo di trovare risposte o giustificazioni a quanto le han chiesto di fare sarà vano e mentre scivola in quello che si prefigura unicamente come un abisso, tutto ciò che la spinge a resistere per andare avanti è l’impellente necessità di sapere: sapere per cosa si decide di venir meno a tutto.
Ad impreziosire il film c’è l’efficace colonna sonora di Jóhann Jóhannsson e la meravigliosa fotografia di un professionista di lungo corso come Roger Deakins, che non opta per facili soluzioni pressoché ovvie e già abbondantemente viste quando si hanno a disposizione scenari come questi; ma ci regala il buio della notte e la luce del deserto che aumentano quel senso di vuoto in questi non luoghi, costituiti proprio dalla mancanza di confini.
Ciò che Matt Graver cercherà di spiegare a Kate è che non ci sono reali soluzioni, non si ingaggia una guerra come quella nell’illusoria speranza di porvi fine, ma, semmai, con la concreta possibilità di porvi un limite, per quanto labile; perché mantenere, presidiare certi confini è l’unica possibilità che si ha per arginare ciò che altrimenti sarebbe ingovernabile. Questo è anche il motivo per cui si scelgono uomini come Alejandro: per poter continuare a perseguire tale obbiettivo.
Ciò che a noi spettatori è invece dato conoscere è quel che presumibilmente era l’agente Kate Macer prima di questo percorso e cosa le accade durante: ciò che invece rimane di lei al termine dell’ultimo confronto con Alejandro lo possiamo solo immaginare. Certo è che entrambi sanno di essere, per quanto lontani, le due facce di una stessa medaglia: qualcosa di imperscrutabilmente profondo li lega e se Alejandro ha già consapevolmente attraversato un confine dal quale non vi è ritorno, Kate sa che specchiandosi nel volto dell’uomo che ora gli fa da contraltare, dovrà inevitabilmente ridefinire i suoi.
Ilaria Serina
Scheda film:
Titolo originale: “Sicario”
Anno: 2015
Data uscita: 24/09/2015
Durata: 121 min
Nazione: USA
Produzione: Black Label Media, Thunder Road
Distribuzione: 01 Distribution
Regia: Denis Villeneuve
Sceneggiatura: Taylor Sheridan
Fotografia: Roger Deakins
Montaggio: Joe Walker
Musiche: Jóhann Jóhannsson
Sito ufficiale: www.sicariofilm.com
Cast: Emily Blunt, Josh Brolin, Jon Bernthal, Benicio Del Toro, Jeffrey Donovan, Raoul Trujillo, Maximiliano Hernández, Daniel Kaluuya, Dylan Kenin, Julio Cedillo.
22/09/2015
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