W.E.- Edward e Wallis

Se c'è un aspetto al quale il Cinema ci ha abituati e che amiamo, probabilmente più di ogni altro, è la sua capacità di farci sognare ad occhi aperti: letteralmente. Di tutte le storie che sono passate sul grande schermo, quelle che raccontano un amore sono probabilmente quelle che ci avvincono maggiormente. Sydney Pollack sosteneva addirittura che “un film senza una storia d’amore è una barba, non avrebbe nemmeno senso girarlo” . Ed , in effetti, ripensando ai suoi film, nel corso della sua lunga carriera, ce ne ha offerte di emozioni, di quelle che solo la celluloide sa regalare.
Lasciarsi rapire per due ore, partecipare, emozionarsi per le vicende di qualche d’un altro, che siano di una vita o il tempo di un solo giorno, purché cambino il proprio destino. E cosa mai sovverte maggiormente la nostra vita e scardina le nostre più consolidate certezze, se non quell’inspiegabile sentimento che ci lega inestricabilmente ad un’altra persona e senza la quale nulla avrebbe più senso? Quanto si è disposti a fare o fin dove si è disposti a spingerci, piuttosto che, quali e quante rinunce siamo disposti ad accettare pur di avere ed appagare l’oggetto del nostro desiderio?
In tal senso la celluloide ci ha regalato emozioni impagabili, ma talvolta la realtà supera l’immaginazione ed è proprio in essa che il cinema trova lo spunto perfetto per una nuova storia. W.E., seconda regia di Madonna, è esattamente questo. La popstar ha voluto trasporre quella che, a sua detta, è la storia d’amore più bella del XX secolo: quella chiacchierata, controversa e, per l’epoca, scandalosa, che vide coinvolti la due volte divorziata e americana Wallis Simpson e l’erede al trono d’Inghilterra Edoardo VIII, il quale scelse per l’appunto la libertà di poter vivere l’amore della sua vita, agli obblighi ed ai fasti della corona. Madonna, qui anche nella veste di co-sceneggiatrice, però, non incentra tutto sui due protagonisti realmente esistiti, bensì alterna due piani temporali e due vicende umane apparentemente distanti che trovano però nelle figure femminili il doloroso punto di contatto.


Wally Winthrop ( Abbie Cornish ) è una giovane donna, neo sposa, che si ritrova prigioniera di un matrimonio con un uomo violento, fedifrago e per questo assente, a dispetto delle apparenze che l’high society della Grande Mela impone. Incapace di porvi rimedio, nonostante tenti di opporsi alle assurdità inaspettate della sua vita matrimoniale, Wally cerca di trovar conforto tra le crescenti e discrete attenzioni di un agente di sorveglianza ucraino, Evgeni, interpretato da Oscar Isaac, e la fascinazione quasi magnetica che gli oggetti venduti nel corso di un’importantissima asta di Sotheby’s e appartenuti alla Simpson, iniziano ad esercitare su di lei. Si viene così a creare una sorta di ponte, di dialogo ideale tra le due donne che sembrano condividere, per certi versi, la medesima sorte.
Se la parte storica, che si avvale di ottime maestranze tecniche, oltre che dell’ineccepibile interpretazione di Andrea Riseborough, è interessante e coinvolgente, decisamente più debole appare d’altro canto quella moderna, tanto da far risultare pretestuosa se non addirittura fastidiosa l’alternanza temporale e la forzata ricerca di un’ambivalenza tra le due vicende. Scopriremo ben presto assieme a Wally – la quale arriva a fingersi una giornalista del New Yorker pur di metter le mani sulla corrispondenza privata dei due amanti e andare a visitare la Tenuta dei Windsor – che la vita e la relazione di Wallis con Edward, un azzeccato James D’Arcy, non è stata esattamente una favola, in quanto costellata di rinunce, dolore e cattiveria che i media e la gente non ha mai fatto mancar loro, benché ne fossero affascinati. La cura e l’amore con le quali Madonna tratteggia i personaggio della Simpson sono innegabili e più volte, soprattutto verso il finale della pellicola, si avverte il peso della solitudine a cui la donna fu costretta per lunghissimi periodi, in costante isolamento dopo aver perso, seppur per amore, la propria privacy e la propria reputazione.




Non è difficile riuscire a comprendere le motivazioni che abbiano spinto Madonna a cimentarsi in questo film, né è troppo pindarico tentare una sovrapposizione tra lo slancio vitale della giovane americana ad un passo dalla Corona e la stessa signora Ciccone. Quasi che il film fosse percorso da una sotterranea linea di riflessione su quanto costa e quanto strappa la celebrità ad una donna. Nella ricostruzione scenica infatti, oltre alla violenza domestica, davvero spiazzante la scena iniziale che non fa sconto alcuno allo spettatore, ed agli spunti più ovvi forse che questa storia potrebbe offrire, vi è certamente la determinazione di una donna non comune, da molti ritenuta solamente un’arrivista ed un’arrampicatrice sociale, forse, non del tutto compresa e che certamente si è ritrovata a pagar care le proprie scelte.
W.E., però, come prodotto cinematografico è bel lontano dall’essere un masterpiece, titolo, peraltro, del brano scritto ed interpretato da Madonna per il film e che è stato premiato alla 69a edizione dei Golden Globe nella categoria migliore canzone originale. A suo vantaggio vanno, sicuramente, le scelte in fase di casting artistico e la bravura di aver radunato una equipe tecnica di primordine in grado di trasportarci in un’altra epoca nel giro di poche inquadrature. In particolare, meritano una menzione il direttore della fotografia Hagen Bogdanski ( Vite degli altri e The young Victoria), lo scenografo premio Oscar Martin Childs ( Shakespeare in Love, Quills, Ritratto di Signora, Frankenstein di Mary Shelley e Molto Rumore per Nulla) responsabile della meravigliosa ricostruzione sia delle locations della Londra del primo dopoguerra che della villa nel Bois de Boulogne. Superlativo, inoltre, il lavoro operato sui costumi e sul trucco per trasformare, in particolar modo, la protagonista Andrea Riseborough nell’icona Wallis Simpson, famosa per il suo stile, la sua eleganza e la sua frizzante audacia nel vestire. I costumi, stupefacenti, premiati con il Costume Designers Guild Awards nel 0, sono opera di Arianne Phillips, alla sua quarta collaborazione con Madonna e autrice, tra l’altro, di altre “icone” : l’Eric Draven de Il Corvo, il Johnny Cash di Walk The Line ed i George e Charley di A Single Man, pellicola da cui è stato carpito anche Abel Korzeniowski, qui autore di una struggente colonna sonora. Mentre la make up artist premio Oscar per Elizabeth, Jenny Shircore che nel suo ricchissimo curriculum ha ricreato le acconciature anche per Marilyn con Michelle Williams e The Young Victoria con Emily Blunt, passando per Notting Hill ed Elizabeth- the Golden Age, ha dato vita alle affascinati finger waves per Wallis.
Ciò che manca davvero, a W.E. è un regista ed uno sceneggiatore degni di tale nome. Le riflessioni sulle rinunce in amore, sull’impossibilità di una love story perfetta, salvo poi presentarsi ad un quarto d’ora dai titoli di coda nel sua forma più melensa ed inutile sulle note di un pianoforte a coda, non giustificano né rendono digeribile la vicenda della sfortunata Wally, in pratica del tutto priva di sostanza e di interesse. E le scelte registiche di miss Ciccone paiono piuttosto confuse, caotiche e fastidiose. Ed anche il citazionismo spinto, Da qui all’eternità in primis, odora di ingenua presunzione. Non va dimenticato che si tratta per Madonna della prova numero due, in cabina di regia, quindi errori ed incertezze sono più che accettabili, ovviamente. Certo un po’ di umiltà in più ci poteva anche stare, dopotutto non è una virtuosa come l’ex marito Guy Ritchie, però, ecco, certi momenti spectacular, spectacular lasciamoli a chi ci sa fare. Vero Baz?

Ilaria Serina & Marta Ravasio








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Distribuzione italiana: http://www.archibaldfilm.it/WE.php

14/06/2012

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