Presentato alla stampa 17 RAGAZZE di Delphine e Muriel Coulin
E' stato presentato alla stampa, a Milano non privo di polemiche, l'attesissimo film "17 Ragazze" regia di Delphine Coulin e Muriel Coulin che tratta in maniera piuttosto provocatoria il tema della maternità e dell'emancipazione femminile attraverso di essa. Premio speciale della Giuria al Torino Film Festival 2011, il film si ispira a una vicenda realmente accaduta nello Stato americano del Massachusetts.
"17 ragazze" al cinema dal 23 marzo, distribuito da Teodora Film, esce vietato ai minori di 14 anni.
Le registe trasportano la storia a Lorient, piccola cità francese sulle fredde acque dell’Atlantico; lì abita e studia Camille che, ancora adolescente,
resta incinta. Diciassete ragazze dello stesso liceo prendono una decisione eclatante: rimanere incine tutte insieme, nell’arco di poche settimane,
per portare avanti una scelta di libertà e un sogno di amicizia eterna, capace di andare oltre ogni pregiudizio.
Il film, prodotto da Denis Freyd, storico produttore dei fratelli Dardenne, è sorretto da un cast formidabile di giovanissime attrici che sono state scelte
dalle registe dopo aver incontrato e provinato piu’ di 600 ragazze.
A parte Louise Grinberg (La classe), Roxan Duran (Il nastro bianco) e Esther Garrel (L’Apollonide), le altre ragazze selezionate sono debuttanti assolute.
Le sorelle Delphine e Muriel Coulin hanno diretto cinque cortometraggi. Muriel è stata assistente operatore di Kieslowski, Malle e Kaurismaki; Delphine
(attualmente all’ottavo mese di gravidanza) ha alle spalle una carriere di scrittrice e ha collaborato a lungo come regista con il canale elevisivo ARTE.
Quelliche...ilcinema ha seguito la conferenza stampa del film, raccogliendo le dichiarazioni di una delle registe e l'acceso dibattito che ne è seguito.
Avvisiamo chi legge, che quanto segue riporta delle anticipazioni del film, svelandone in parte la trama e il finale. Per esigenze di chiarezza e di analisi del film, quindi per mantenere la libertà di espressione, la redazione ha deciso di riportare interamente gli interventi, e le dichiarazioni, sia pur provocatorie, intercorse durante l'incontro.
La presentazione di "17 ragazze"
Al termine della visione Gianni Canova introduce la co-regista e co-sceneggiatrice Muriel Coulin (neanche a dirlo, la sorella Delphine non ha potuto partecipare poiché incinta) che incontra il pubblico, in sala Duecento all’Anteo Spazio Cinema di Milano, per un confronto quanto mai diretto ed interessante.
Sarà il critico cinematografico a rompere i primi classici indugi che si vengono a creare in occasioni come queste; sebbene lui stesso ammetta, simpaticamente, d’esser intimorito nell’affrontare una tematica decisamente femminile, dinnanzi ad un nutrito pubblico pressoché totalmente composto da sole donne.
Il finale del film sembra dunque infrangere i sogni più profondi? E’ vero che in voice over, una delle protagoniste dice che “nessuno può fermare una donna che sogna”, ma l’epilogo dei fatti sembra voler dimostrare il contrario?
Il film non vuol narrare la perdita dell’innocenza di queste ragazze; per certi versi tutt’altro! Vorrebbe semmai essere un invito a sognare. Bisogna sempre continuare a sognare qualcosa di diverso e non solo per evadere da una realtà talvolta scomoda e stretta, ma per trasformare ciò che ci circonda e noi stessi in qualcosa che sia sempre differente, giorno per giorno o per ogni periodo della nostra vita.
La scelta però della canzone che accompagna la sequenza finale è “Life is going down”: in netta contrapposizione con quest’intenzione di afflato alla vita?
Il fatto stesso di sognare è già di per sé un atto di ribellione: l’embrione creativo di una volontà in essere di cambiamento e quindi spesso anche di evoluzione.
Abbiamo preso spunto da un fatto di cronaca collettivo avvenuto in Massachusetts nel 2008 e che ci è parso molto interessante da poter sviluppare a livello cinematografico, ma non solo. Abbiamo approfondito, sempre in merito al lavoro di sceneggiatura, una ricerca anche di taglio più sociale e psicologico per meglio comprendere la volontà dietro l’atteggiamento di queste ragazze: cosa le avesse mai realmente spinte ad un atto simile e per di più di gruppo ad un’età così giovane. Colloqui con medici e psicologi che lavorano astretto contatto con gli adolescenti si son rivelati preziosi.
La volontà di creare all’interno del loro gruppo di amicizie – come ce ne sono per altro molti a quell’età in tante scuole – una micro società differente da quella che è dato loro conoscere e vivere: il rifiuto di un modello prestabilito, che non considera come unico metro di misura il denaro e dove quindi tutto ciò che si desidera può sempre e solo essere acquistato, altrimenti è fuori dalla nostra portata.
E’ come se volessero dichiarare con il loro “atto di sfida” al mondo ( per tanto agli adulti che le circondano, genitori ed insegnanti ), noi cerchiamo qualcos’altro: non sarà facile, ma ci vogliamo provare.
La forma del cerchio, con la sua simmetria, perfezione e continuità si ripresenta numerose volte nel film, sia a livello visivo che concettuale: vi è una ragione?
E’ la vita che nasce e si rinnova, perpetuando la nostra presenza sulla terra: è, prima di tutto, la forma del ventre materno. Vi sono anche i numeri che spessissimo ritornano in diverse occasioni durante il film e con pretesti diversi. Numeri e forme geometriche sono quanto di concreto rimanda le ragazze alla realtà ed al contempo fanno loro da contraltare.
Non vi è molta tecnologia in questo film: le ragazze non hanno molto a che fare con cellulari, internet o ipod. Così come non vi sono molti riferimenti al cinema.
Io e mia sorella abbiamo visto e apprezzato moltissimo il film di David Fincher, “The Social Network” e lo troviamo un esempio illuminante in tal senso, oltre che di cinema; ma noi ricercavamo un altro approccio nel raccontare questa storia, questa adolescenza che ha un’urgenza di fondo nel comunicare al mondo altro ed in altra maniera. Per quanto concerne invece i riferimenti al cinema, francamente non vi ho mai pensato.
E’ un tipo di cinema quasi fotografico, giocato molto sull’immobilità.
L’adolescenza è un’età difficile, è “la terra dei contrasti”. Volevamo restituire l’idea di un’architettura che rinchiude le ragazze nel loro ambiente, raccontando così dei momenti di sospensione del tempo in cui si rifugiano per riflettere, per isolarsi dalla realtà circostante nel tentativo di allontanare quanto di opprimente ed angusto c’è nelle loro esistenze di tutti i giorni.
A questo punto la parola passa al pubblico che si dimostra coinvolto e critico difronte ad un film che per quanto sobrio, delicato a tratti impalpabile, affronta senza ipocrisie e con molta concretezza un argomento non facile, ma anzi facilmente soggetto di attacchi e polemiche.
Vi sono due aspetti che emergono prepotentemente nel descrivere queste ragazze e la loro scelta, che coinvolge e condiziona lo spettatore: tenerezza ed irritazione.
Sono in effetti due aspetti preponderanti dell’adolescenza. Non vogliamo un cinema che giudichi i suoi protagonisti, ma che li restituisca per quelli che sono, con tutte le loro insite contraddizioni. Camille, colei che dà il via al tutto, non è un’eroina, né tanto meno nessuna delle ragazze che la segue: son persone normali, come ce ne possono essere tante, che fanno però una scelta molto particolare e radicale vista la loro giovane età.
Alla fine però falliscono nel loro progetto di famiglia allargata tutta al femminile.
La messa in atto di un cambiamento, per quanto ci possa apparire radicale e strampalato è già di per sé un successo; il problema fondamentale per quanto concerne l’esperienza che le protagoniste del film vivono è che tentano un cambiamento collettivo, attraverso un atto individuale. Di fatto loro non reagiscono, come ci si potrebbe aspettare da molte loro coetanee, alla realtà circostante, sociale, famigliare o scolastica in maniera provocatoriamente distruttiva, autolesionista e nichilista rispetto al mondo adulto; ma con un atto di speranza e di apertura alla vita, per quanto istintivo e incosciente.
Non rischiano di apparire meschine le figure maschili in questa visione d’insieme?
In realtà sono semplicemente in secondo piano, ma non abbiamo mai voluto tratteggiarle in maniera negativa. Basti pensare al fratello di Camille Fourier, come cambia il suo atteggiamento nei confronti della sorella appena apprende che quest’ultima è incinta: come l’affronta e glie ne parla apertamente, direttamente e senza omettere le ovvie “insidie” che il suo progetto nasconde ed alle quali lei sembra non aver pensato o dar peso, così come tutte le sue compagne che l’hanno emulata. Come, a modo suo, le sta vicino e la coccola. Altro esempio è quello del ragazzo, padre del figlio di Camille: come reagisce alla perdita del bambino e alla repentina partenza di lei che non lascia più alcuna traccia.
Vi è anche una ragazza, che non è accettata dal gruppo sin dall’inizio e l’espediente della gravidanza farà sì che ne possa far parte integrante e attiva.
Io e mia sorella abbiamo scoperto, durante la nostra ricerca in fase di sceneggiatura, parlando con medici e psicologi che operano sovente a contatto con adolescenti, soprattutto in ambito scolastico e sociopedagogico; che sono veramente numerosi i casi di adolescenti che simulano la gravidanza. Sono per lo più ragazze che vivono all’interno di nuclei famigliari mono genitoriali e che soffrono quindi di una grande mancanza d’affetto, poiché manca totalmente loro una delle due figure di riferimento. Senza dubbio è una maniera di attirare l’attenzione e chiedere aiuto, spostando volontariamente il fuoco dal problema reale e che loro stesse spesso fanno fatica ad accettare ed affrontare. Questo era l’aspetto che più ci interessava: dar voce anche a queste ragazze, più che focalizzarci sull’appartenenza al gruppo.Vi è d’altro canto, anche una ragazza che continua a far parte di questa cerchia pur manifestando il suo parere contrario all’iniziativa delle amiche e non seguendone per tanto l’esempio. Questo perché è sempre necessario contemplare il maggior numero di punti di vista quando si vuol raccontare una storia: questo darà maggior autenticità e sfaccettature al nostro racconto.
Sapete se il vostro film è stato visto dalle ragazze che hanno realmente vissuto in prima persona questa esperienza? Cosa ne pensano? Le avete potute interpellare prima dell’inizio della lavorazione?
Non abbiamo avuto ne modo ne intenzione poiché i bambini che sono nati da quelle gravidanze hanno ora 4 anni e ci sembrava doveroso mantenere un distacco per rispettare la loro privacy.
Sembrerebbe, da come si conclude il film, che la perdita del leader – Camille – sia per il gruppo l’irrimediabile fine del loro sogno.
Non volevamo dare l’idea che Camille sia il leader del gruppo, ma solamente colei che dà il via a questa “ribellione” al femminile all’interno della scuola. In fondo credo che ognuno di noi può in effetti ricordare, ai tempi delle scuole superiori, un coetaneo che agli occhi dei suoi compagni apparisse come un punto di riferimento o un leader se preferite, piuttosto che uno da imitare: una sorta di figura che veniva per lo più mitizzata dagli altri, ma che di fatto non era poi tanto differente da tutti gli altri, ma sulla quale spesso ci si trovava a fantasticare, creando così un’ulteriore allure quasi da “star”.
Come avete affrontato la lavorazione del film?
Il primo ringraziamento per la buona riuscita di questo film va senz’altro a Denis Freyd, produttore storico dei fratelli Dardenne, che ci ha seguite con determinazione e pazienza, mettendoci a disposizione il bene più prezioso per la riuscita di un film: il tempo. La selezione delle ragazze è avvenuta in ben nove mesi di casting: sono tutte per lo più ragazze all’esordio cinematografico che si son dedicate molto all’immedesimazione, anche fisica. Abbiamo fornito loro delle protesi che si son divertite a portare, specialmente per le riprese esterne. Hanno lavorato con dedizione e precisione sulla postura dei loro corpi: come muoversi ed interagire su di un corpo che cambia così rapidamente e che non è più responsabile solo di sé stesso; per altro in un’età della vita in cui si è in piena crescita e sviluppo.
Per quanto concerne i primissimi piani invece abbiamo ripreso il ventre di donne realmente in attesa del proprio figlio.
Abbiamo lavorato tutti insieme per tre settimane prima di battere il primo ciak, in modo che le ragazze instaurassero un rapporto d’amicizia che potessero poi sviluppare ed approfondire nel film e per il film.
Non temevate un’eccessiva immedesimazione da parte delle attrici, comunque adolescenti a loro volta; o il rischio di emulazioni future tra le giovani spettatrici?
Che io sappia per ora non vi sono state “epidemie di gravidanze” in Francia e poi le ragazze che hanno partecipato al film son rimaste molto affascinate dalla loro esperienza sul set, perciò al momento la carriera cinematografica è una loro priorità.
Il nostro film non vuol proporre alle giovani questa scelta come soluzione o modello di vita; ma vuole spronarle ad essere libere e coraggiose nel ricercare una propria strada, un’alternativa valida laddove la realtà che son costrette a vivere risulti loro stretta ed opprimente.
Cosa pensa del fatto che in Italia il film uscirà in sala con il divieto della censura ai 14 anni?
Penso che in un Paese dove il proprio ex Presidente del Consiglio è stato al centro di uno scandalo che vedeva coinvolte delle minorenni, sia quanto meno ipocrita!
Dalla nostra inviata Ilaria Serina
Sito ufficiale: http://diaphana.fr/film/17-filles
28/03/2012
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