Dal 22 giugno in sala MICHEL PETRUCCIANI - BODY & SOUL
Il film documentario, diretto da Michael Radford ("Il postino", "Il mercante di Venezia") e già passato con successo all’ultima edizione del Festival di Cannes, sarà distribuito dalla PMI su tutto il territorio nazionale in 15 copie, a partire dal 22 giugno.
“Le persone non comprendono
che per essere un essere umano
non è necessario essere alti un metro e ottanta.
Ciò che conta è ciò che si ha nella testa e nel corpo.
Ed in particolare ciò che si ha nell’anima.”
Michel Petrucciani
Sinossi:
Michel Petrucciani era un uomo sorprendente e particolare,
sia da un punto di vista fisico che dal punto di vista
del suo straordinario talento musicale. Questa è la storia
di come raggiunse il successo attraverso una volontà
incrollabile e la forza della sua personalità Se la prova
della vera grandezza è la capacità di realizzare qualcosa
che sembra al di là delle possibilità umane, allora
Michel Petrucciani di grandezza ne aveva a valanghe.
Nato con una malattia genetica, l’osteogenesi imperfetta,
che rende le ossa fragilissime e che gli impedì di crescere
oltre il metro, Michel Petrucciani riuscì a sormontare
ostacoli incredibili e diventare un artista jazz di rango
internazionale. Petrucciani fece il suo primo concerto da
professionista all’età di 13 anni. Da lì la sua carriera procedette
rapidamente portandolo a suonare con alcuni
dei migliori jazzisti del mondo. Nel corso della sua vita,
Petrucciani ha venduto oltre un milione e mezzo di LP,
suonando in centinaia di concerti nelle maggiori città del
mondo.
Attraverso una collezione ricchissima di interviste
e materiali di archivio MICHEL PETRUCCIANI BODY & SOUL ci racconta l’incredibile storia di uomo spinto
da un desiderio insaziabile e divorante per tutto quello
che la vita ha da offrire – i viaggi, le donne, l’arte – una
forza della natura dall’incredibile talento che ha dovuto
sconfiggere un handicap fisico pesantissimo per diventare
un gigante della musica.
Michel Petrucciani era nato
a Orange, nel sud della Francia, il 28 dicembre 1962 da
unafamiglia di musicisti semi-professionisti appassionati
di musica classica e jazz. Crebbe immerso nella musica
di Wes Montgomery, Miles Davis, Django Reinhardt,
Art Tatum. All’età di tre anni sapeva già canticchiare la
maggior parte dei loro pezzi. Ma il fato gli aveva riservato
un pessimo destino. Non crebbe mai oltre il metro e
dovette sopportare tremendi dolori per tutta la sua vita.
Quasi a ricompensa di questa maledizione però gli
erano stati dati due doni: uno straordinario talento musicale
e una personalità carismatica che affascinava tutti
e ha portato le donne ad innamorarsi di lui per tutta la
sua esistenza. Il suo handicap non lo ha mai fermato.
Sapeva che probabilmente non sarebbe andato oltre i
40 anni ma era fermamente deciso a vivere il più possibile
in quel breve arco di tempo. Non accettava che la
gente si lamentasse. ‘Di che ti lamenti?’, diceva.
‘Guardami! Mi sento benissimo! Mi sto divertendo!’ E si
divertiva. A quattro anni vide Duke Ellington in Tv e
immediatamente pretese un pianoforte. I genitori gliene
comprarono uno giocattolo. Michel prese un martello e
lo fece a pezzi. Dovettero compragliene uno vero. All’età
di sette anni era ormai chiaro che era un bambino prodigio.
Studia musica classica ma, come per il resto della
sua famiglia, il suo primo amore era rimasto il jazz e
all’età di 13 anni è già un formidabile improvvisatore.
Una prima svolta arriva ad un festival di jazz locale quando
chiedono al trombettista americano Clark Terry di
suonare con lui. Terry lo vide e non poteva credere che
quel piccolo strano essere potesse suonare il blues. Poi
Michel suonò un paio di giri e Terry rimase senza parole.
Come qualcuno disse successivamente, ‘All’età di
13 anni suonava come un vecchio negro amareggiato
dalla vita in un piano bar in qualche parte del
Messico….’ Tre anni piu’ tardi incontra il batterista Aldo
Romano e diventano immediatamente molto amici. A
quel tempo, Petrucciani non poteva camminare e così
Romano lo trasportava dappertutto. Dopo qualche
tempo, Romano lo porta a Parigi a conoscere Jean-
Jacques Pussiau, il proprietario della Owl Records. Tra
il 1981 e il 1985, Michel Petrucciani registra cinque LP,
incluso il classico “Toot Sweet” con il sassofonista Lee
Konitz. Fino a quel punto, Petrucciani aveva suonato
solo in piccoli festival di jazz nel sud della Francia, ma
nel 1981 suona al Theatre de la Ville al Paris Jazz
Festival suscitando un grande clamore. Era nata una
stella. Ma la Francia non gli bastava. Sognava di andare
negli Stati Uniti. Appena compiuti 18 anni, vola verso
la West Coast e il Big Sur dove un suo amico, Tox
Drohar, un batterista hippie americano lavorava nella
proprietà di Charles Lloyd. Petrucciani persuade un altro
amico a trasportarlo (non imparò a camminare con le
grucce fino ai 25 anni e adorava essere trasportato,
specialmente da donne). Charles Lloyd, il leggendario
sassofonista della West Coast che aveva scoperto
Keith Jarrett, aveva rinunciato al jazz per dedicarsi al
misticismo. Ma Lloyd aveva letto da poco di un santo
indù con il corpo rotto che aveva attraversato l’oceano
per fare miracoli, e quando sentì Petrucciani suonare
riprese il suo sax per la prima volta dopo 15 anni e
accettò di suonare con lui. Questa fu la prima introduzione
di Petrucciani nel vero mondo del jazz. Ben presto
si ritrovò a girare il mondo in tournée con Lloyd
suscitando ovunque entusiasmi incredibili. Dopo 5 anni
nel Big Sur, però, Petrucciani desiderava tantissimo
andare a New York. Erano gli anni 1980 e New York era
il paradiso del jazz. Qui Michel poteva suonare al Village
Vanguard, al Bradley’s, e fare jam sessions fianco a
fianco con i più grandi musicisti. Primo non americano
della storia, firma un contratto con la Blue Note
Records, e suona e incide con una lunga schiera di jazzisti
leggendari - Roy Haynes, Jim Hall, John
Abercrombie, Wayne Shorter, Joe Henderson, Joe
Lovano e Dizzy Gillespie. Alla fine, stanco degli eccessi
di New York, che non stavano aiutando certo la sua già
fragile salute, Michel decide di tornare in Francia. Qui
trova l’amore e gli nasce un figlio. Quando scopre che
suo figlio ha ereditato la sua condizione ne è addoloratissimo
ma anche fatalistico. ‘Rifiutare di accettare questo
sarebbe come rifiutare me stesso. Perché mai
dovrei farlo?’ Il suo ritorno in Francia coincide con l’apice
della sua carriera. Firma un contratto con la Dreyfus
Record, la quale è decisa a trasformarlo in una star
internazionale, ma soprattutto il suo talento raggiunge
vette stratosferiche. Ben presto si trova ad incidere
dischi che vendono centinaia di migliaia di copie (in particolare
con Stéphane Grappelli, Eddie Louis e il suo trio
con Steve Gadd e Anthony Jackson) e suona per decine di migliaia di persone in tutta Europa. La sua malattia
però lo stava indebolendo e così pure la sua vita sregolata.
Quando gli dicevano di darsi una calmata, però,
rispondeva: ‘Ehi, ho già vissuto più di Charlie Parker,
non è male, no?’ Ma alla gli fu concesso solo un anno
in piu’ del mitico sassofonista. Esausto da un ritmo di
lavoro incessante (220 concerti nel 1998) e dalla sua
salute cagionevole, si ammala di polmonite nell’inverno
del 1998 a New York e muore il 6 gennaio del 1999.
Aveva 36 anni. Al suo funerale a Parigi parteciparono
decine di migliaia di persone. Viene seppellito nel cimitero
di Père Lachaise, accanto alla tomba di Frédéric
Chopin: un gran segno di rispetto per un uomo straordinario.
Le parole di Wayne Shorter sono quelle che
meglio riassumono il genio di Michel Petrucciani e l’eredità
che ci ha lasciato: “C’è un sacco di gente che se
ne va in giro, cresciuta e cosiddetta normale, hanno
tutto quello con cui sono nati della giusta lunghezza, la
lunghezza del braccio, e così via. Sono simmetrici in
tutto ma vivono vite che sono senza braccia, senza
gambe, senza cervello, e vivono le loro vite colpevolmente.
Non ho mai sentito Michel lamentarsi di nulla.
Michel non si guardava allo specchio per lamentarsi di
quello che vedeva. Michel era un grande musicista – un
grande musicista ed era grande, in ultima analisi, perché
era un grande essere umano, ed era un grande
essere umano perché aveva l’abilità di sentire e di restituire
agli altri questo suo sentimento, e dava agli altri
attraverso la sua musica. Qualsiasi altra cosa potete
dire di lui sono formalità. Sono dettagli secondari di cui
non mi importa nulla”.
La vita di Michel Petrucciani è la
dimostrazione che nulla può impedire ad una persona
di vivere pienamente. Michel lo ha fatto attraverso il
senso dell’umorismo, la capacità di divertirsi, e una
grande grande musica.
Info: http://www.pmisrl.eu/petrucciani.html
07/06/2011
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