LA FINE E’ IL MIO INIZIO: Il film su Tiziano Terzani con Elio Germano e Bruno Ganz

Il film "LA FINE E’ IL MIO INIZIO", tratto dall'omonimo bestseller di Tiziano Terzani edito in Italia da Longanesi, diretto da Jo Baier con protagonisti Elio Germano e Bruno Ganz, uscirà nelle sale italiane il 1 aprile 2011, distribuito da Fandango. Nel cast anche Erika Pluhar, Andrea Osvárt, Nicolò Fitzwilliam-Lay.
"La fine è il mio inizio" è una produzione Ulrich Limmer Production per Collina Film Production e B.A. Production, in coproduzione con Bayerischer Rundfunk, Südwestrundfunk, ARTE, Degeto Film; in collaborazione con Beta Film e Rai Cinema con il sostegno di Regione Toscana e Film Commission Toscana.




SINOSSI

Al termine della sua vita densa di avvenimenti, il grande viaggiatore, appassionato giornalista e autore di libri di successo, Tiziano Terzani, si ritira a vivere con sua moglie nell’appartata casa di famiglia in Toscana. Vede chiaro in se stesso, è preparato a chiudere il cerchio della sua vita. Convoca a sé il figlio Folco, che vive a New York. Gli vuole raccontare la storia della propria vita, l’infanzia e la giovinezza a Firenze, i tre decenni trascorsi come corrispondente dall’Asia per il Corriere della Sera e Repubblica, e infine lo sconvolgente viaggio dentro sé stesso, quando a causa del cancro si congeda dal giornalismo e si apre a esperienze spirituali in Asia. Tre anni presso un grande saggio nell’isolamento dell’Himalaya diventano per lui l’esperienza decisiva. Gli rendono possibile guardare alla morte pacatamente. Ora Tiziano vorrebbe trasmettere queste esperienze al figlio Folco. Attraverso i dialoghi tra i due nascono momenti di grande intimità e si possono sciogliere vecchie tensioni padre-figlio. Dopo la morte del padre, Folco sparge le sue ceneri al vento dei monti della Toscana settentrionale. E pubblicherà il libro come suo padre gli aveva chiesto: “La fine è il mio inizio”.

L’unico momento che conta veramente è adesso

“Quando impari qualcosa da un uomo anziano, afferri ciò che sa, allora già ne hai conoscenza da giovane.”
- Folco Terzani

Erano soprattutto tre punti che destavano l’interesse di Ulrich Limmer per il libro di Tiziano Terzani: il forte legame padre-figlio, la riflessione sulla morte, uno dei grandi tabù del nostro tempo e il messaggio che trasmette: un uomo può cambiare se stesso. E se fa questo, allora può cambiare anche il mondo.
Lo ha impressionato anche il fatto che la riflessione di Tiziano Terzani sulla morte non lo spinge a un irrigidimento, bensì a portare avanti la propria vita. “Puoi fare qualcosa, puoi cambiare qualcosa. Così si chiude il cerchio, per Tiziano Terzani, ma anche per lo spettatore” - dice Limmer - “che esce dal cinema con una conoscenza”.
Per Limmer era avvincente anche il personaggio in quanto tale. Limmer: “Tiziano era un contemporaneo affascinante, il suo impulso era di voler mettere in movimento qualcosa. Ed era un formidabile interprete di se stesso, uno che sapeva mettersi in scena in maniera eccellente. “Il suo modo di apparire – abiti bianchi, baffi neri e, al termine della sua vita, capelli e barba lunghi e bianchi – è rimasto imponente fino alla fine.
Fin dal principio il produttore Ulrich Limmer e il regista Jo Baier, avevano in mente un solo interprete: Bruno Ganz.
Il regista e il produttore si sono incontrati con Bruno Ganz, che già apprezzava i film di Jo Baier, e che già da tempo voleva lavorare con lui. Quando ha sentito che il film si sarebbe dovuto reggere senza nessun flashback né visite in Asia e che avrebbe ruotato solamente intorno al padre e al figlio in un unico luogo, la casa dei Terzani, “i suoi occhi sono diventati grandi così”, racconta Limmer. Ha detto soltanto “davvero?” – ed è stato conquistato.
Effettivamente ruoli simili, così ricchi di testo e monologhi sono rari nei film, una grossa sfida, anche per un attore con tanta esperienza e talento come Bruno Ganz. Jo Baier: “Lui fa delle cose grandissime, il film in gran parte poggia sulle sue spalle. Occorre essere eccellenti attori per non far diventare i testi monotoni”.
La sceneggiatura è stata scritta da Ulrich Limmer insieme a Folco Terzani. Limmer: “Fin dal principio mi era chiaro che avremmo scritto una sceneggiatura non drammatica. Un grosso rischio. Ma effettivamente anche nella vita reale non c’erano grandi conflitti tra le persone chiamate in causa, nessuna tragedia. Persino il fatto che Tiziano muoia, egli non lo intende come un dramma. L’unico dramma, se poi si vuole parlare di dramma, è l’esistenza stessa della morte”. Il film nasce perché le emozioni tra i personaggi sono molto forti e assolutamente credibili: un uomo, che presto morirà, racconta della sua vita e delle sue esperienze. Limmer: “In realtà un’idea folle, fare un film simile. Ma lo stimolo era proprio questo: abbandonare i sentieri già battuti dalla drammaturgia tradizionale, e al posto dei conflitti mettere al centro la parola, la narrazione”. Folco Terzani ne è stato subito affascinato. “Fare la riduzione cinematografica di un dialogo, dove tutto dipende solo dalla bravura degli attori, dove le parole fanno nascere immagini nella mente, immagini che non sono mostrate. E’ davvero una “grande” storia, che effettivamente richiede una “grande” produzione. La nostra scelta era girare un film assolutamente semplice. In questa semplicità tu puoi quindi ritrovare la grandezza della storia”.
Un compito affatto facile, tanto più si dovevano ridurre le vaste memorie di Terzani per la trasposizione cinematografica e concentrarle su punti essenziali e decisivi.
La parte del figlio Folco Terzani è interpretata da Elio Germano. Il produttore Ulrich Limmer ne era entusiasta da quando lo aveva visto nel film MIO FRATELLO E’ FIGLIO UNICO. Ha dovuto gestire un ruolo difficile, una parte che richiede un “ascolto attivo”. Dato che non parla tedesco, ha imparato a memoria le parole chiave nei monologhi di Bruno Ganz, per poter reagire nel modo appropriato. Lui ha una forte presenza fisica, le sue emozioni si sviluppano sul suo viso. La moglie di Tiziano, Angela, è interpretata dall’austriaca Erika Pluhar. Nel suo libro, Terzani caratterizza il rapporto con sua moglie in una semplice frase: “Lei è stata tutto per me”. Nel corso degli anni la donna, due volte madre, che ha sempre seguito suo marito nei più svariati angoli del mondo, si è avvicinata lei stessa alla scrittura. Si è fatta conoscere come autrice con le sue annotazioni sul periodo che ha trascorso in Cina e in Giappone. Descrive suo marito come qualcuno che aveva una grande curiosità verso gli uomini e le loro condizioni di vita, verso la politica e l’arte. “Quanto più egli vedeva, tanto più era affascinato dalla vita. Era uno scopritore, sempre a caccia, finché non comprendeva di cosa si trattava. Era questa la sua grande passione. Fondamentalmente lui era molto semplice. Possedeva un forte senso etico ed estetico. Gli stava estremamente a cuore, dice Angela Terzani, il messaggio: “Prenditi cura tu stesso della tua vita, prendila in mano e non delegarla. Questo rende sovrani, e allora non siamo più povere vittime. Così egli è vissuto, con la schiena dritta e un bell’aspetto, fino all’ultimo giorno”.
Forse è questo che quando era in vita già attirava fortemente le persone verso di lui – lui che non orientava mai la sua vita secondo nessuna tendenza, ma coltivava valori che sembravano così fuori moda come la famiglia, la libertà e l’indipendenza del pensiero. Angela Terzani sa usare bene questa popolarità: “Ora non è più qui per se stesso, ma per gli altri. Desiderava che il suo messaggio diventasse di tutti. Questo non ha più nulla a che fare con me e con i figli”.
Per questo motivo la famiglia ha anche deciso che le riprese si sarebbero potute svolgere nella loro casa. Angela Terzani: “Il modo in cui ha vissuto, ha il suo posto qui, qui è più vero che da qualsiasi altra parte, e questa è la cosa più importante: che sia vero.”
Bruno Ganz è d’accordo: “All’inizio era sconcertante. Tutto appartiene a questa persona, che però non è qui, c’è sua moglie, suo figlio, e dopo sua figlia. All’inizio il grado di difficoltà era alto. Ma poi nel corso del tempo si è verificato il contrario. Si è iniziato a pensare che fosse una cosa fantastica, girare esattamente nel posto dove si è svolta la fine della sua vita.” Angela Terzani ha ammirato il modo in cui Bruno Ganz ha riportato in vita le parole di suo marito. Una delle scene più autentiche e cruciali è per lei il racconto che descrive la sua esperienza sull’Himalaya. Una scena chiave per Bruno Ganz, per così dire la vetta che doveva scalare per interpretare questo personaggio. La scena, di quasi 10 minuti, è molto lunga, e Ganz l’ha recitata per intero senza interruzioni.
L’operatrice delle riprese Judith Kaufmann, premiata quest’anno per il film “Die Fremde (When we leave)” con il “Deutscher Kamerapreis”, ha trovato per il film immagini suggestive e ricche di variazioni. Per lei era importante che si restasse ad ascoltare, che si entrasse dentro la storia. La Kaufmann: “Uno non sta automaticamente ad ascoltare quando vede il viso di chi parla. Abbiamo ricercato immagini che non illustrano il testo, ma che gli aggiungono qualcosa. Immagini dalla natura. Il crepuscolo e l’atmosfera di luce naturalmente erano molto importanti nel tema della caducità”. Per Judith Kaufmann è il tema centrale del film: rimanere fedeli a se stessi, cercare la propria via, non lasciarsi impaurire.
Le riprese si sono svolte nella Toscana settentrionale, sulla scena originale nella casa dei Terzani. A lungo lo staff della produzione era andato in cerca di un’altra casa – tre membri dell’équipe hanno viaggiato attraverso l’Italia per sei settimane, ma non hanno trovato nulla di paragonabile. O erano case coloniche ancora in esercizio, nelle quali le condizioni per le riprese sarebbero state difficili, oppure erano case per le vacanze con piscina in giardino, il che sarebbe stato inappropriato, visto che nella casa dei Terzani non c’è piscina – e lì non c’entrerebbe neanche nulla.
In realtà non si voleva neppure invadere troppo la sfera intima della famiglia – dopotutto si trattava pur sempre di far salire su per la montagna un grosso apparato di oltre 40 persone. Tuttavia visto che non si trovava nessun altro luogo, si è ritornati in Toscana. Una decisione che si è rivelata una benedizione, poiché quel posto era un’incredibile fonte di ispirazione. Limmer: “Là ho compreso intuitivamente moltissimo di questa famiglia e della costellazione tra padre e figlio.” Quest’atmosfera particolare si è riversata anche sullo staff. Si lavorava con molta concentrazione, e nonostante ovviamente la sera si mangiava tutti insieme, si beveva e discuteva animatamente, ognuno cercava anche il silenzio.
Prima che il piccolo paese conseguisse una certa notorietà attraverso i Terzani, era un luogo dimenticato dal mondo. La vallata si trova al confine con l’Emilia Romagna. Il padre di Tiziano, un semplice operaio, lì aveva iniziato a sciare, su degli sci che si era costruito da solo con pezzi dello steccato del giardino. Tiziano veniva qui fin da quando era un bambino, e nel corso della sua vita il paesino di montagna, con i suoi pastori e i castagni, sono rimasti il suo rifugio.
Quanto più lontano era attirato nel mondo, tanto più questo nascondiglio tra i monti diveniva importante. Al Tiziano più attempato piaceva soprattutto il fatto che la tecnologia e l’industrializzazione non erano mai arrivati nella “sua” valle, che conservava la sua quiete. La particolarità di questo luogo influisce anche sull’autenticità del film – LA FINE E’ IL MIO INIZIO non è un prodotto di fantasia, ma la trasposizione cinematografica di una reale storia di famiglia e di vita.

Informazioni: www.fandango.it

08/03/2011

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