Laura Efrikian: Luchino Visconti diceva che ero la sua streghetta
Intervista all’attrice trevigiana, autrice di “Come l’olmo e l’edera”.
Una vita intensa quella di Laura Efrikian, narrata in prima persona nel racconto autobiografico “Come l’olmo e l’edera”, edito da MGC Edizioni (www.mgcedizioni.net. Nata a Treviso da padre di origine armena si è diplomata in recitazione alla scuola del Piccolo Teatro di Milano e a partire dal 1960 lavora in teatro, cinema e televisione. Nel 1966 sposa Gianni Morandi al fianco del quale recita in alcune commedie musicali. Nonostante un passato denso di ricordi e incontri, l’attrice focalizza l’attenzione sulla storia dei suoi avi con l’intento di lasciare ai nipoti una traccia delle loro origini. «Quando avevo 17 anni, scoprii un baule rimasto chiuso dalla morte di mio nonno», mi racconta la signora Efrikian, «conteneva un epistolario fra mio nonno e mia nonna di sessantasei lettere. Fra le altre cose c’era anche un astuccio color amaranto al cui interno era custodita una medaglietta con inciso il motto “come l’olmo e l’edera”. Questa frase mi ha molto commossa. È vero che noi nella vita a volte siamo olmi pronti a dare sostegno, mentre altre volte siamo come l’edera che necessita di appoggiarsi. Da questo epistolario molti anni dopo è nata l’idea di raccontare la storia della mia famiglia”.
Il libro ha finito di scriverlo nel 1989, per quale motivo è uscito solo nel 2011?
Scrissi questo libro alla fine degli anni ottanta e lo mandai al Premio Pieve ideato da Saverio Tutino. Venne selezionato fra circa quattrocento opere e in seguito venni convocata in quanto rientrò fra i primi dieci. Fu una grande soddisfazione per me, ma nonostante ciò decisi di non pubblicarlo in quanto tutti gli editori che si erano offerti volevano apportare delle modifiche. Abbandonai l’idea fino a quando qualche anno fa una mia amica lo lesse e mi stimolò perché lo riproponessi. Ho voluto una casa editrice giovane come la MGC in quanto penso il mio libro abbia un’anima giovane.
Nel libro tralascia di raccontare la sua carriera artistica per dare spazio alle vicende della sua famiglia. Anche la sua storia d’amore con Morandi è raccontata solo marginalmente. Qual è il motivo di questa scelta?
Penso non fosse necessario parlare molto di me. La mia è stata una carriera riuscita a metà rispetto a quella che sognavo quando ho cominciato a diciassette anni, frequentando la Scuola d’Arte Drammatica del Piccolo Teatro di Milano. Per molti anni ho fatto teatro, poi ho cominciato con la televisione e il cinema. Ma quando ho sposato Morandi ho lasciato perdere la mia carriera per dedicarmi alla famiglia. E una volta ritornata libera è stato molto difficile ricominciare, diciamo che solo dal 2000 ho ripreso a fare qualche cosa.
Pensa possa esserci un seguito a questo libro?
Sto già lavorando ad un seguito che almeno per ora si chiama “L’altra metà”. Mi trovavo in Africa quando decisi di riprendere da dove ero rimasta più di vent’anni fa. Questa volta parlerò più di me, dei primi approcci al lavoro, gli incontri, alcuni aneddoti.
In “Come l’olmo e l’edera”, uno degli incontri citati è quello con Luchino Visconti, ce lo vuole raccontare?
Visconti per me era veramente un mito quindi conoscerlo ha significato molto. Ricordo perfettamente l’emozione che provai la sera in cui mi recai a casa sua, in via Salaria. Ci andai insieme ad Alberto Terrani che aveva lavorato in teatro con lui. Visconti viveva in una casa favolosa, all’ingresso ricordo che c’erano i bozzetti fatti da Guttuso per “La terra trema”. In quella casa tutto parlava di cinema e di arte. Nacque fra noi un’amicizia molto affettuosa, Visconti aveva grande simpatia per me.
Cosa apprezzava in lei Visconti?
Penso abbia apprezzato la mia scelta di lasciare il cinema per dedicarmi a mio marito. Capiva che probabilmente ero la donna giusta per un uomo come Gianni. Una volta a tavola disse che “il grave errore che ha fatto Alain (Delon ndr), è stato quello di separarsi dalla prima moglie. La famiglia è un punto di partenza, non un punto di arrivo. Essa ti forma e ti permette di non fare stupidaggini”. Questo appunto che fece a Delon, lo sentii un po’ mio.
E come attrice ha avuto riscontri positivi da parte sua?
Quando fu colpito dall’ictus andai a trovarlo e affermò di avermi visto in televisione nel David Copperfield. Sai streghetta, disse, “mi hai fatto piangere! Sei brava, sei proprio brava!”. Per me è stato un grandissimo riconoscimento, venuto dalla persona che più stimavo nel nostro ambiente.
“Cose dell’altro mondo” di Francesco Patierno, uscito nel 2011, ha rappresentato per lei un doppio ritorno: al cinema e nella sua terra natia, il Veneto.
Il film è ambientato in Veneto e abbiamo girato a Bassano del Grappa, per questo ho accettato molto volentieri. Mi faceva piacere ritornare per un po’ nella mia regione e poter stare con mio fratello che vedo poco stando a Roma. Ho interpretato una madre malata di Alzheimer, un personaggio difficile, che si esprime più con lo sguardo che non con le parole. Devo dire che la mia interpretazione è stata molto apprezzata e questo mi ha molto colpita.
Dicevamo all’inizio che questo libro è dedicato ai suoi nipoti, cosa desidera per loro in un momento storico difficile come questo?
Mi rendo conto che i tempi sono difficili, molti giovani sono senza lavoro e sono costretti a rinunciare a molte cose. Vorrei che i miei nipoti avessero una passione e potessero coltivarla fino a farne un lavoro, come è accaduto a me e Gianni.
Immagini tratte dal http://www.mgcedizioni.net e dal film "In ginocchio da te" (1964).
Intervista a cura di:
|