Intervista a Monica Scattini: “Debutterò alla regia con un cortometraggio dedicato a mio padre”

In un assolato pomeriggio di fine febbraio, Monica Scattini ci ha aperto le porte del suo splendido appartamento romano per raccontarci qualcosa di sè e della sua carriera.
È ironica e divertente come l’abbiamo conosciuta nei ruoli brillanti che ha interpretato in molti anni di carriera e ai quali mi affezionai intorno ai dieci anni, quando la scoprii nei film dei Vanzina: “Vacanze di Natale 2000” e “Selvaggi”. Il personaggio dell’aristocratica snob dall’accento toscano mi entrò nel cuore, come del resto a moltissimi italiani. Crescendo l’ho scoperta e amata nei film d’autore di Scola ("Ballando Ballando", "La famiglia"), Monicelli ("Parenti serpenti") e Risi ("Tolgo il disturbo"), per citarne alcuni. Fino ad arrivare alle performance teatrali di cui parleremo, in cui Monica mostra un volto inedito e straordinariamente drammatico. Partiamo tuttavia da una commedia teatrale andata in scena a Gennaio al Teatro Parioli di Roma: “Il marito di mio figlio”, scritta e diretta da Daniele Falleri.

Monica, il titolo è piuttosto esplicito e il tema appare subito chiaro e di grande attualità, come vi siete approcciati all’argomento?
"Proprio perché il tema è attuale e parecchio scottante, l’idea di farlo è piaciuta a tutta la compagnia. Trovo sia una commedia intelligente in cui si ride ma si dicono anche cose importanti. Il messaggio di fondo è che l’amore è universale e uguale per tutti. In fin dei conti i due ragazzi sono più puri rispetto ai genitori che fanno i moralisti ma nascondono tutti degli scheletri nell’armadio."

Anche “Unghie” di Marco Calvani affrontava il tema della diversità sessuale, portando in scena il dramma umano vissuto da una transessuale. Come si è calata nel personaggio?
"È stata un’esperienza molto diversa. Si trattava di un personaggio molto drammatico, profondo, complesso, che ha richiesto una lunghissima preparazione. Quello andato in scena al Teatro Belli di Roma nel 2010 era il primo studio di “Unghie”. Quando l’abbiamo riproposto l’anno scorso a Napoli, è stato un po’ riscritto. Nella seconda versione si scopre che lei si deve operare per diventare a tutti gli effetti donna - cosa che nella prima versione non c’era - ed ha un rapporto quasi maniacale con il medico psichiatra che la segue per la preparazione psicologica. Quindi questo fa capire meglio la complessità del personaggio."

Un’opera di questo genere fatica a trovare spazio nel panorama teatrale italiano?
"Decisamente sì, quest’anno volevamo riproporlo ma abbiamo incontrato parecchie resistenze da parte dei teatri."

Diretta da Marco Calvani ha recitato anche in “Olio” dove interpretava una cinica agente di spettacolo, si è ispirata a qualcuno incontrato in molti anni di carriera?
"Abbiamo sommato le caratteristiche di vari agenti avuti nella nostra vita. Giò, in quel caso era proprio esasperata, portata al cinismo più bieco. Non pensa alla vita del giovane attore di cui si occupa ma solo ai soldi e al potere. Però ha un risvolto umano anche lei, si capisce che è disperata, con il marito le cose non vanno bene, ha una bambina della quale non sa nulla, non ha mai tempo per seguirla. Ha una sorta di riscatto quando nel finale si apre con la figlia e cerca il dialogo."

Veniamo ora al cinema, in Francia ha riscosso grande successo con il film "Cloclo" di Florent Emilio Siri.
"Sì, è un film bellissimo e sono molto dispiaciuta non esca in Italia, i distributori italiani non hanno capito che è una storia meravigliosa. Racconta la vita di Claude Francois, un cantante famosissimo in Francia e nel mondo, autore per esempio di “Comme d’habitude” da cui è tratta “My Way”. Il film ripercorre tutta la breve esistenza di Francois dal 1939, quand’è nato a Ismailia, fino alla morte accidentale avvenuta nel 1978. Io interpreto la madre italiana di "Cloclo" - come lo chiamano in Francia - un personaggio meraviglioso che si evolve dai trent’anni fino ai settanta. Non è la solita parte che faccio qui in Italia, per questo mi farebbe piacere se il pubblico italiano potesse vederlo."

In effetti il pubblico italiano è abituato a vederla in un certo tipo di ruoli brillanti. Ci racconta com’è nato il personaggio della snob dall’accento toscano?
"È nato con i fratelli Vanzina, con loro ho fatto “Selvaggi” dove interpretavo la fotografa toscana snob. Poi sempre con loro abbiamo fatto tutta la serie di “Un ciclone in famiglia” dove ero la Ricasoli della Ghirlandaia, una nobile toscana, sposata con quel lazzarone di Mattioli."

Il cinema italiano tende a stereotipare l’attore?
"Sì, se sai far ridere ti fanno sempre fare la parte brillante, comica. Nel mio caso, i ruoli drammatici li faccio in teatro perché al cinema non me li fanno fare."

In America invece questo non accade, agli interpreti viene data la possibilità di cimentarsi sia nel comico che nel drammatico. Lei cosa ci racconta della sua esperienza americana?
"All’inizio degli anni ottanta mi sono trasferita a New York per studiare il metodo con Lee Strasberg e in seguito mi sono spostata a Los Angeles dove ho conosciuto Francis Ford Coppola con il quale ho girato “Un sogno lungo un giorno”."

Altre volte ha partecipato a produzioni americane, per esempio nel recente “Nine” di Rob Marshall.
"Per me è stata un’esperienza fantastica, lavorare con Daniel Day Lewis era molto stimolante, pendevo dalle sue labbra! E poi mi piace molto il musical, adoro cantare e ballare. A teatro l’ho fatto con De Sica in “Tributo a George Gershwin” dove mi sono divertita come una pazza. Per farlo ho imparato a ballare il tip-tap, una delle cose più complicate che abbia mai fatto."

Essendo figlia del regista Luigi Scattini è cresciuta a pane e cinema, quando ha capito di voler fare l’attrice?
"Da bambina andavo a trovarlo sul set e impazzivo per quel mondo, mi piaceva tutto, mi sembrava di essere al circo. La magia, questo mondo fantastico, non reale ma allo stesso tempo reale, mi sembrava un sogno meraviglioso. Fin da subito volli fare l’attrice ma lui non era molto d’accordo perché sapeva quant’è duro questo mestiere, voleva in qualche modo difendermi. Mi ha fatto fare tanti mestieri nel cinema: ho fatto l’aiuto regista, la segretaria di produzione, l’aiuto scenografa, la costumista, giusto la macchinista non ho fatto, per il resto mi ha fatto fare tutto. Riteneva dovessi conoscere tutto del cinema per poter scegliere cosa volevo fare. Comunque alla fine l’ho spuntata io e lui era fierissimo di me, è stato contentissimo di quello che ho fatto."

Veniamo ora al futuro. Cosa ha in programma?
"Il futuro è collegato a mio papà perché metterò in pratica tutto quello che mi ha insegnato. Ho scritto il mio primo cortometraggio e debutterò nella regia. È una romantic comedy molto carina, il titolo è “Love sharing” e nel cast ci sono Alessandro Haber, Sandra Milo e Luca Argentero. Sono molto contenta perché è un progetto che mi sta dando una grande energia e vitalità. Spero di girarlo in primavera e lo dedicherò naturalmente a mio padre perché mi ha insegnato tutto lui."





Nelle foto Monica Scattini e un'immagine tratta dallo spettacolo teatrale "Il marito di mio figlio" di cui l'attrice è protagonista.



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