MARIA GRAZIA CUCINOTTA E RAOUL BOVA: DUE ITALIANI A HOLLYWOOD
Fra le star che attraversano il Caffè Grande di San Donà di Piave, in una ideale "Walk of Fame" di provincia, ormai meta di grandi attori e personaggi della tv, abbiamo incontrato Maria Grazia Cucinotta e, a distanza di pochi giorni, Raoul Bova, due attori profondamente "italiani" con una carriera parallela che li ha portati ad avere successo anche all'estero, entrando di diritto nel firmamento di star italiane che riescono a lavorare e ad essere amate a Hollywood. Due attori complementari, ambasciatori del cinema italiano, da poco anche produttori, ma soprattutto due grandi amici, e due bellissime persone, sullo schermo e nella vita, che portano nel mondo l'immagine del nostro paese, della nostra identità. Un'immagine che grazie a loro, alla faccia di Valettopoli, rimane pulita e ammirevole.
MARIA GRAZIA CUCINOTTA, IL MONDO NON BASTA (MA LA SICILIA SI')
Maria Grazia Cucinotta fa il suo ingresso al Caffè Grande lasciando a bocca aperta il pubblico, che sì, se la ricordava ancora siciliana e ribelle ne "Il Postino" ma non immaginava certo di rimanere nuovamente stregato da quei capelli corvini e da quegli occhi nerissimi, determinati e passionali che allora ispirarono Massimo Troisi, affascinarono James Bond in "007 - Il mondo non basta" e che oggi farebbero la gioia di qualsiasi regista. Stringe una copia de "Il Gazzettino Illustrato" e guardandolo, sembra ritornare con lo sguardo al Lido di qualche anno fa.
Sei stata spesso in laguna, anche durante la Mostra del Cinema. Com'è Venezia, vista da una siciliana?
C'è sempre il mare, c'è una miriade di isole quindi mi sento a casa. Ci sono venuta spessissimo, ma è un posto che ancora mi attrae. Mi affascina il fatto che ci sia un altro tipo di vita, completamente diverso. il fatto di muoverti in motoscafo, la vita prende un altro ritmo che all'inizio ti sembra impossibile poi ti piace perché comunque è un ritmo più umano perché comunque ti adegui a quella che è la dimensione della natura e la segui.
Alla Mostra del 2005 hai presentato "All the Invisible Children" anche come produttrice, film che ha finanziato un progetto dell'UNICEF. Quanto è importante questo impegno per te?
Un'esperienza fantastica presentare quel film. In realtà io sono ambasciatrice del programma alimentare mondiale che è meno conosciuto dell'UNICEF che agisce in modo diverso, molto più sul campo. Noi siamo più in missione, come organizzazione, ovvero partiamo, vediamo i posti dove ci sono maggiori problemi e cerchiamo di trovare il modo di risolverli. Prima si va a conoscere il posto e poi si ritorna con la soluzione. Uno dei programmi che abbiamo attivato attraverso "All the Invisible Children" è quello di far sì che i ragazzi possano studiare e allo stesso tempo essere "alimentati" durante la scuola. In questo modo loro sono invogliati ad andare a scuola e riescono a nutrirsi. Un bambino denutrito non riesce a studiare, ovviamente.
In quel film collettivo sei stata anche produttrice, oltre che interprete. Com'è stato produrre un film con dei registi come Spike Lee, Emir Kusturica e Ridley Scott?
Devo dire che a volte è molto più facile lavorare con questi grandi nomi che con molti registi italiani. I registi stranieri hanno capito che il loro è soprattutto un lavoro, quindi, nel momento in cui hanno leggono una storia e questa piace, sono disposti a dirigere qualsiasi film, anche se non è stato scritto da loro. In Italia c'è ancora una forte pretesa autoriale. E' difficile trovare un regista italiano a cui proporre una storia...
Qualche esperienza diretta?
In questo momento sto producendo un film per il quale sono dovuta andare a cercare un regista cui proporre una sceneggiatura tratta dal romanzo "L'imbroglio nel lenzuolo" di Francesco Costa di cui ho comprato i diritti molti anni fa. Alla fine ho scelto Alfonso Arau con cui avevo già lavorato (come interprete di "Ho solo fatto a pezzi mia moglie" ndr) perché è un cineasta vicino alla nostra cultura ma anche perché è stato impossibile trovare in Italia un regista di nome che volesse dirigere un'opera tratta da un libro e non da un'idea propria.
Quindi oltre a produrre stai collaborando alla sceneggiatura
Sì, anche se ormai sono 10 anni che ci lavoro. Finora sono stata troppo impegnata come attrice, quindi questo progetto è rimasto a lungo nel cassetto anche se ogni tanti lo riprendevo e lo elaboravo. Ho cercato anche di svilupparlo in Usa, ma il rischio era di americanizzarlo troppo. Quindi alla fine ho deciso di realizzarlo in Italia. E scrivere una sceneggiatura semplice è stata una mezza tragedia! Perché inizialmente tutti quelli a cui lo proponevo, prendevano il libro e lo trasformavano in qualcosa di super-intellettuale e sofisticato quando in realtà quello che volevo era una storia semplice, visto che si tratta di un soggetto semplice, una storia italiana, sull'arrivo del cinematografo nella campagna di Napoli ai primi del '900.
Quindi un film sulla scoperta del cinema
L'arrivo del cinema, l'impatto del cinema tra la gente che non aveva mai visto nulla prima, in un momento in cui il progresso era stato talmente veloce che non era riuscita ad adeguarsi. Ai primi del novecento l'80 % della gente era ancora molto ignorante, non sapeva né leggere né scrivere e questo non va dimenticato.
Il 13 aprile è uscito nei nostri cinema "Last Minute Marocco" diretto da Francesco Falaschi in cui reciti nel ruolo di una madre. Ci parli un po' di questo film?
Anche questo film l'ho seguito soprattutto come produttrice. E' una storia di ragazzi, una commedia molto divertente in cui ho una piccola parte accanto a Valerio Mastandrea, Stefano Dionisi e Nicolas Vaporidis, il protagonista di "Notte prima degli esami".
E in Usa, hai qualche progetto?
Sono tornata in Italia da poco. In questo momento vorrei dedicarmi di più al mio paese e a valorizzare la mia terra. Sto seguendo con attenzione alcune iniziative che si stanno sviluppando in questo periodo proprio in Sicilia. In particolare un grosso progetto che sta nascendo a Termini Imerese, in provincia di Palermo, dove hanno costruito degli studi imponenti per creare dei team indipendenti a livello cinematografico, formati da tecnici, registi e produttori, che si occuperanno anche di istruire e formare molti ragazzi, per creare occupazione in questo settore.
Guarda caso, è un progetto che da tempo stiamo cercando di realizzare anche qui a Porto Marghera, riqualificando la zona industriale
Di fatto anche Termini Imerese era una zona industriale. Non dimentichiamoci che il cinema oggi è un'industria e se vai a Los Angeles ti rendi conto che è un'industria al 100%, la più importante di tutte. E' un'industria che esprime creatività e si basa sulla comunicazione di idee, quindi ancora più potente. Qui, invece, dove il cinema ha una grande tradizione, questo aspetto non l'hanno saputo sfruttare nel modo giusto.
Impossibile non chiederti de "Il Postino" film di Michael Radford e Massimo Troisi che ti ha lanciato nel 1994
Che dire? Gli devo tutto, semplicemente. Se non avessi fatto "Il Postino" e non avessi incontrato tutte le persone legate a quel film, non sarei qui oggi.
Tra qualche giorno avremo con noi Raoul Bova, con cui hai girato parecchi film e che ha avuto un percorso artistico molto vicino al tuo...
Lo adoro, lo considero un fratello. Sta avendo un grande successo e sono molto felice per lui perché se lo merita. La persona più bella e trasparente che abbia mai incontrato facendo questo lavoro. Non ho molti rapporti nel mondo dello spettacolo. Ho solo due amici, Nathalie Caldonazzo e Raoul Bova... Lui è così come lo vedi, una persona speciale.
Una dichiarazione a cuore aperto in tempi non sospetti, prima di Vallettopoli, Woodcock e Corona, prima che i media impazzissero, e così la gente, per uno scandalo annunciato che avrebbe radici lontane a ricordare le paparazzate di Marcello Mastroianni ne "La dolce vita", se non fosse che Fellini parlava di star e non di calciatori e veline. E in un ideale passaggio di testimone, pochi giorni dopo, ci troviamo di fronte proprio quel volto pulito e trasparente che, nel frattempo, qualcuno ha tentato inutilmente di infangare trascinando il suo nome in quella lurida accozzaglia di vip, e aspiranti tali, capaci di tutto pur di apparire patinati in qualche rubrica di gossip o in quello "specchio dalle mille brame" che è la tv, giudice unico dei nostri tempi che tutto legittima e condanna. Non lui, che non ha mai avuto bisogno di foto rubate e di "giornalari" mercenari per conquistare il pubblico e diventare un attore riconosciuto nel mondo. Stasera lo vediamo negli occhi della gente dove non c'è spazio per polemiche e dubbi. Ed è questa la verità, l'unica verità, che non ha bisogno di flash e paparezzate per apparire in tutta la sua trasparenza.
RAOUL BOVA: IO, L'ALTRO
Nel 2004 durante la 61. Mostra del Cinema sei stato in giuria per il Premio Luigi De Laurentiis. Che ricordo hai di quell'esperienza e della città?
Sicuramente vivere il Festival di Venezia dal suo interno è stato molto bello ed emozionante. Ho capito tanti meccanismi che spesso sono oscuri a chi va lì soltanto per un giorno. Mentre quando ti fermi per più di una settimana ti rendi veramente conto di cosa significa vivere un festival, assieme a tutto lo stress, i ritmi forsennati, la gente che sorride, piange, si dispera...alla fine ti esaurisci, per la quantità di energia che sprigiona.
Quindi avevi poco tempo per visitare Venezia
Dovevo guardare talmente tanti film che me ne stavo sempre chiuso in sala, purtroppo. Però mi sono fatto una bella scorpacciata di cinema, anche se di Venezia non ho goduto granché. L'ho vista meglio e con occhi diversi nella mia prima gita scolastica, che facemmo proprio a Venezia. La prima e l'unica gita fuori Roma. Sono quelle cose che uno non si scorda mai...
Quell'anno eri a Venezia per premiare la migliore opera prima. In questi giorni produci un'opera prima, "Io, L'altro" dell'esule tunisino Mohsen Melliti che esce il 27 aprile in Italia con 20th Century Fox. Perché hai deciso di esporti con un film così delicato sul terrorismo?
In realtà il regista me l'ha proposto come attore, a me è piaciuta molto la storia ma non c'erano i soldi per realizzarlo, quindi sarebbe stato uno dei tanti film belli e interessanti che non avrebbe avuto l'opportunità di uscire o di essere presente nei circuiti di distribuzione, di essere realizzato. Mi son detto "perché lasciare sempre le cose al caso?". Alcune volte bisogna essere un po' intraprendenti, cercare di spingere, rischiare ed essere protagonisti della propria vita cinematografica e artistica, non solo passivi o in attesa. Allora ho messo a disposizione le mie energie, ovviamente il mio impegno come produttore ha coinciso con il fatto di non percepire una lira come interprete, cercando di investire in qualcosa di importante.
Un caso, quindi...
In realtà anche se è capitato per caso, questo film è stato una scelta. Mi rendo conto che spesso le scelte che faccio sono legate alla reazione a quello che io sento in un determinato momento. Quindi rappresentano il mio carattere e il mio stato d'animo. Probabilmente la mia attenzione è stata catturata da questo film perché sentivo veramente forte, come penso che la sentano tutti oggi, la tematica legata alla guerra. Ogni giorno vediamo immagini che ci fanno orrore ma a cui piano piano ci stiamo abituando, in uno stato di assuefazione che mi dà molto fastidio. Ho visto che anche nei confronti del mondo arabo si è cominciato a sentire un razzismo totale, quasi generazionale, direi, che si vede soprattutto nei giovani. Giorno dopo giorno i giovani cresciuti con la guerra cominciano ad avere una mentalità di "allontanamento" nei confronti di questo mondo che ricalca schemi di un passato che non dovrebbero mai ripetersi, un razzismo che ha coinvolto le persone di colore, gli ebrei e molte altre persone. La povera gente, la gente perbene di origini arabe subisce le conseguenze di tutto questo.
Cosa vorresti che arrivasse al pubblico con "Io, L'altro"?
Un giorno, mentre ero con mio figlio in una sala giochi a Los Angeles, ho avuto modo di vedere un videogioco in cui l'obiettivo non era quello di colpire delle astronavi spaziali ma di sparare a degli arabi. Qualcosa di impressionante. Da questo capisci bene come i bambini crescono nella violenza, come se fosse la normalità. Il messaggio più importante che vorrei passasse attraverso questo film è il fatto che tutto questo non è altro che il risultato della guerra. E il sospetto, il dubbio, la paura dell'altro che sono descritti nel film, arrivano veramente molto forti.
Hai altri film in cantiere in Italia?
Ho appena concluso le riprese del seguito di "Palermo Milano solo andata" (successo del 1995 ndr) che si intitolerà "Milano - Palermo: il ritorno" sempre per la regia di Claudio Fragasso, dove sarò di nuovo nei panni del capo scorta Nino di Venanzio.
Sappiamo che ti dividi tra Roma e Los Angeles dove hai appena finito di girare "The Company" di Mikael Salomon. Di che si tratta?
E' una serie televisiva, sulla storia della CIA, prodotta da Ridley e Tony Scott. Io interpreto un soldato anti-castrista, che faceva parte di quel gruppo di cubani che nel 1961 si è opposto a Fidel Castro invadendo Cuba. Esuli che poi, come sappiamo, sono stati trucidati alla "Baia dei porci".
Dopo "Ultimo", "Francesco", "Nassiriya", un altro ruolo positivo...
Eh sì, qui il mio personaggio lotta per la libertà.
Sei diventato un paladino anche per gli americani. Hai combattuto perfino mostri come "Alien vs Predator". Non sei stanco di fare l'eroe?
Un po' sì (ride di gusto). Adesso per compensare devo fare un bel cattivo...Ma dipende sempre dai ruoli. Prima o poi arriverà anche un personaggio caratterizzato in modo più negativo.
Maria Grazia Cucinotta ti ritiene un grande amico, e ti ha definito una persona meravigliosa
Lei è una delle persone più generose che ho conosciuto in tutta la mia vita. Perché nel momento in cui ha avuto tanto, ha anche condiviso. Personalmente mi ha aiutato molto. E' stata lei che mi ha dato l'opportunità di arrivare in America. E' stata una spinta morale, e ha avuto la forza di dirmi "Vieni con me, non puoi lavorare solo qui in Italia". Ha condiviso con me un momento bello e gratificante della sua vita, proprio quando la maggior parte delle persone sarebbe diventata egoista, tenendosi tutto per sé. Invece lei mi ha fatto conoscere casting director, produttori, persone importanti, mi ha perfino prestato la sua casa a Los Angeles! E' diventata un punto di riferimento fondamentale, una vera sorella.
Prossimi impegni?
Sto cercando di realizzare altri film come produttore. Spero di avere presto pronto un nuovo progetto.
Maria Grazia Cucinotta ti ha definito una persona trasparente. Non voglio chiederti di parlare dei recenti fatti di cronaca legati a Vallettopoli. Solo chiedere ad un uomo di spettacolo che non ha mai dato adito al minimo pettegolezzo, e che ha una vita irreprensibile come la tua, un "italiano" che ha sempre portato avanti, anche come artista, un impegno civile nei confronti del proprio paese, come può sentirsi in questo momento dove sembra che nessuno riesca a vedere la differenza fra onestà, serietà e squallore?
Mi rendo conto che questa è l'Italia...
Un sorriso malinconico attraversa per un attimo i pensieri di Raoul prima del suo ingresso al Caffè Grande, dove viene accolto da una folla in delirio che arrossisce all'unisono in attesa di vederlo. E proprio a quel pubblico amatissimo Raoul rivolge uno sguardo limpido e complice allo stesso tempo, presentando il suo ultimo film "Io, L'altro". Ci guarda e inizia a raccontare di un film sul terrorismo, ma non solo...
"...Io, L'altro racconta la storia di due amici, un italiano e un arabo, divisi dal terrorismo, nel momento in cui uno dei due, per un terribile caso di omonimia, viene accusato di essere il responsabile di una strage. In realtà è un film sul "sospetto". E voi capite bene, lo avete visto in questi giorni in tv, quanto è facile che una persona seria, corretta, che si è sempre comportata in modo impeccabile, irreprensibile, possa cadere vittima del sospetto, anche quando non ha nulla da nascondere..."
Ottavia Da Re
Foto © Ottavia Da Re. Tutti i diritti sono riservati
Intervista a cura di: Ottavia Da Re
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