Debora Caprioglio, una venexiana in scena
Debora Caprioglio arriva gioiosa e leggera per la nostra intervista riempiendo la sala ancora vuota del Teatro Vivaldi di Jesolo con il suo brio.
“Sono stanchissima!” esordisce, eppure l’attrice conserva ancora quell’aria da ragazzina sfrontata con la quale, qualche anno fa, lasciò senza tante remore una provincia che le andava stretta, per seguire il suo pigmalione maledetto, Klaus Kinski, e andarsene a Roma per diventare senza pudori la musa di Tinto Brass.
Con lo stesso spirito ora calca le scene del teatro italiano, portando un po’ di quella freschezza e tutta la sensualità della sua venezianità, per illuminare “Una stanza al buio” pièce che la sta portando in tournée con Lorenzo Costa, in attesa di diventare un giorno, anche a teatro, una vera “venexiana” o, chissà, la più bella delle “locandiere”…
Hai esordito come musa di un “mostro sacro” come Klaus Kinski: qual è stata la sua più grande lezione?
Quella di conservare sempre in questo lavoro una grande umiltà. Una lezione che ho fatto mia, perché nonostante siano passati tanti anni ho sempre molto rispetto per questa professione e credo che avere rispetto e umiltà paghi sempre, nel lavoro come nella vita. Quindi questa è stata sicuramente la sua prima e più importante lezione. E poi mi ha trasmesso una grande serietà e tanta disciplina, soprattutto il rispetto delle regole che sovraintendono qualsiasi lavoro, dalla puntualità allo studio. E naturalmente il suo estro geniale….
Ti affascinava solamente o ti creava anche soggezione?
Un po’ tutte e due le cose…Però anche la soggezione faceva parte del suo fascino.
Sei nata a Mestre. Qual è il tuo rapporto con la tua città e Venezia?
Da qualche tempo ci vengo anche più spesso, un po’ per lavoro, ma anche per altre circostanze. Comunque sono spesso in Veneto. Ho appena finito di girare a Verona un film con Katia Ricciarelli e Sergio Muniz (“I giorni perduti” di Bruno Gaburro prodotto da Media Italia per la RAI ndr), un film a sfondo sociale contro l’alcolismo tra i giovani. E poi quest’estate a Padova ho girato, nel ruolo di Gaia, "Morte di un confidente" un episodio della serie di gialli “Cremini” diretta dai fratelli Manetti con Rodolfo Corsato e Remo Girone che andrà in onda il 10 gennaio su Raidue. Quindi in quest’ultimo un periodo per varie circostanze sono venuta spesso in Veneto e ho avuto occasione di trascorrere più tempo a casa. Capita anche che stia molto tempo senza venirci ma ho comunque un grande affetto per la mia terra e ci torno sempre molto volentieri.
Cosa ricordi dei tuoi inizi? C’è qualcosa che non dimentichi di quel periodo?
Beh, sicuramente non dimentico il passaggio repentino dall’ambiente della scuola a quello del lavoro, che poi non era un lavoro qualsiasi, ma un nuovo mondo, quello dello spettacolo...un salto piuttosto traumatico, anche perché ero giovanissima, avevo diciott’anni. Quindi un cambiamento improvviso anche della mia esistenza.
C’è qualcosa che non rifaresti?
Rifarei tutto. Non ho la presunzione di aver fatto tutto bene e nel modo più giusto, ma anche gli errori fanno parte della vita…
I tuoi esordi sono stati piuttosto “turbolenti”: la tua relazione con Kinski, un pigmalione come Tinto Brass e un film “Paprika” con cui sei entrata per sempre nell’immaginario maschile.
Non eri a Milano, ma in un ambiente provinciale, diciamo pure un po’ bigotto. Ci vuole coraggio a sfidare certe convenzioni. Quanto è stato difficile? Ti ha pesato questa mentalità?
No, perché io vivevo già a Roma quindi non me ne importava niente!(Debora si lascia a andare ad una risata incontenibile). Scherzi a parte, è chiaro che la provincia mi andava stretta ma sapevo che facendo queste scelte, comunque non avrei fatto del male a nessuno…Quindi non mi sono fatta influenzare più di tanto dalla mentalità di allora. Sono sempre andata dritta per la mia strada…
Facendo un percorso inverso rispetto ad altri aspiranti attrici, che partono dal calendario per aspirare al grande schermo, tu sei partita dal cinema per poi passare al teatro e alla Tv…
Però non arriverò mai al calendario… (sorriso sornione). In realtà il primo amore è stato il cinema, che ho fatto fino a circa dieci anni fa. Poi è arrivata l’epoca delle fiction e quindi essendo diminuite le occasioni di fare cinema, e aumentate le opportunità offerte dalla tv, così come i ruoli interessanti, mi sono dedicata ai film prodotti per la televisione. Contemporaneamente è nata anche questa passione per il teatro, quindi sono dieci anni che mi divido tra teatro e fiction.
Poi tre anni fa c’è stata l’esperienza di Buona Domenica…
Che io però ho sempre considerato un divertimento, non la mia attività principale, anche se avevo una mia rubrica. Per me fare tv in questo modo è come fare uno spot di se stessi, quindi ho sempre considerato queste esperienze come dei simpatici diversivi…
In realtà io ho sempre e solo voluto recitare. Tutto quello che viene in più, dalle ospitate, alle occasioni come testimonial sono solo degli orpelli di un lavoro che mi regala grande passione e che sono contenta di fare da vent’anni.
Se avessi sfruttato il successo di “Paprika” continuando la carriera nel cinema erotico avresti avuto una strada spianata e tutta in discesa. Invece hai scelto quella in salita, più lunga e complessa, cambiando registro per importi come brava interprete, e arrivando a calcare anche le scene teatrali…
Sarebbe stato un grosso errore continuare su quella strada. Sai, nella vita non è importante l’inizio, quanto come si prosegue, ma è ancora più importante sapersi gestire. Molte attrici che hanno avuto successo e un inizio anche diverso dal mio, magari meno audace, si sono perse. Io ho avuto fortuna e poi, come dice il proverbio, “Aiutati che il ciel ti aiuta”…credo di aver saputo aspettare, lavorando su me stessa. Ho cercato le situazioni giuste ma soprattutto ho avuto una grande pazienza. E’ fondamentale avere una buona capacità di gestione e, come mi ha insegnato Kinski, una grande umiltà. Quando si arriva al successo molto giovani è facile montarsi la testa, ed è ancora più facile perderla…
In alcuni film hai dato prova di grande sensibilità e dolcezza. Viene in mente la tua Ghisola in “Con gli occhi chiusi” di Francesca Archibugi. Non ti piacerebbe ritornare al cinema? Con chi vorresti lavorare?
Mi piacerebbe lavorare con molti giovani registi come Ozpetek, e Muccino, anche se il mio sogno resta Bertolucci…
Parlando di tv invece, qual è stata l’esperienza televisiva più divertente? Dall’esordio frizzante con “Sapore di mare”, accanto a Barbareschi, alla recente conduzione di “Buona Domenica” accanto a Maurizio Costanzo, cos’è cambiato?
In realtà in tv non è che mi sia mai divertita tantissimo…Si sgomita sempre per avere spazio, e questo non è molto divertente…Tutti lì a contare i minuti davanti alle telecamere, a fare a gara per starci di più…c’è sempre questa “guerra dell’audience”. Sarà che mi sono sempre trovata in programmi molto “corali”, con tanti ospiti, quindi ho percepito ancora di più questo clima…
Io mi diverto di più a teatro, sinceramente…
Cosa ti dà invece il palcoscenico?
Il contatto con il pubblico, l’adrenalina che va a mille e non ti fa sentire la stanchezza anche quando sei sfinito.
Come stasera…
Speriamo! Come dice Lorenzo Costa (regista e protagonista di “Una stanza la buio” lo spettacolo che la sta portando in tournée ndr) , sulla stanchezza si lavora meglio!
Nel 2007 ricorreranno i trecento anni dalla nascita di Carlo Goldoni, che il Teatro Goldoni omaggerà con due spettacoli: “Una delle ultime sere di Carnevale” diretto da Pier Luigi Pizzi e “Arlecchino servitore di due padroni” di Giorgio Strehler . Tutta Venezia si prepara a rendere omaggio al suo grande commediografo. Da veneziana ti prepari anche tu a celebrare questo evento?
Anch’io darò il mio contributo! Terminato questo spettacolo andrò in tournée con Mario Scaccia, e porterò in scena la commedia goldoniana “Un curioso accidente”. Verremo anche in Veneto, anche se quest’anno non avremo date a Venezia.
C’è una commedia di Goldoni, o un ruolo goldoniano, a cui sei particolarmente legata e che vorresti interpretare?
“Un curioso accidente”! A parte questo spettacolo, vorrei interpretare “La locandiera”, mi spetta di diritto!
Sensualità, venezianità e passione teatrale: hai mai pensato di interpretare la commedia cinquecentesca “La Venexiana”?
Perché no...Il teatro poi ti dà l’opportunità di interpretare molti personaggi e di cimentarti nei ruoli più diversi.
E l’amore, come va?
Benissimo! Perché non c’è…
Lo dice con piglio sicuro e sguardo fiero, con quell’aria briosa e irriverente. Goldoniana sì…ma più “Colombina”, che “Locandiera”...
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Intervista a cura di: Ottavia Da Re
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