67. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

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(21-07-2010) - La giuria di VENEZIA OPERA PRIMA

Fatih Akin (presidente) affiancato da Stanley Kwan, Samuel Maoz, Jasmine Trinca, Nina Lath Gupta nella Giuria del Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”

Sono stati definiti i componenti della Giuria internazionale del Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” della 67. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (1–11 settembre 2010), presieduta – come già annunciato in precedenza – dal regista tedesco di origine turca Fatih Akin, vincitore con Soul Kitchen del Premio Speciale della Giuria alla 66. Mostra 2009.

Affiancheranno Fatih Akin nella Giuria Opera Prima: il regista Stanley Kwan, uno dei principali esponenti della nouvelle vague hongkonghese, in Concorso nel 2005 a Venezia con Changhen ge; il regista israeliano Samuel Maoz, Leone d’Oro a Venezia l’anno scorso con la sua opera prima Lebanon; l’attrice Jasmine Trinca, una delle interpreti più acclamate del cinema italiano, vincitrice l’anno scorso a Venezia del Premio Marcello Mastroianni per Il grande sogno; l’indiana Nina Lath Gupta, vero e proprio "motore" delle nuove forme di produzione e distribuzione del cinema indipendente.

La 67. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (1 - 11 settembre 2010) è diretta da Marco Mueller e organizzata dalla Biennale di Venezia, presieduta da Paolo Baratta.

La Giuria internazionale del premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” assegnerà senza possibilità di ex aequo, tra tutte le opere prime di lungometraggio nelle diverse sezioni competitive della Mostra (Selezione ufficiale e Sezioni autonome e parallele), il Leone del Futuro - Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis, e 100.000 USD messi a disposizione da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis, che saranno suddivisi in parti uguali tra il regista e il produttore.

Negli ultimi anni si sono aggiudicati il Premio Opera Prima: Viaggio alla Mecca (Le grand voyage) di Ismael Ferroukhi (2004), 13 - Tzameti di Gela Babluani (2005), Khadak di Peter Brosens e Jessica Woodworth (2006), La zona di Rodrigo Plá (2007), Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio (2008), Engkwentro di Pepe Diokno (2009).

Note biografiche

Fatih Akin (regista- Germania)

Nato ad Amburgo nel 1973 da famiglia di origine turca), è uno dei più importanti talenti della cinematografia europea, già affermatosi nei principali festival internazionali. Akin ha studiato comunicazione visiva all'Accademia di Belle arti di Amburgo, dal 1994 al 2000. Con il primo corto Sensin – Du bist es! (1995) ha vinto il premio del pubblico al Hamburg International Short Film Festival. Nel 1998 a ventiquattro anni diventa l'astro nascente del cinema tedesco con il suo lungometraggio d'esordio Kurz und Schmerzlos, in cui, narrando la vita ad Amburgo di tre amici di nazionalità turca, greca e serba, affronta il tema del confronto internazionale che riprenderà anche in seguito. Il film vince il Leopardo di bronzo al Festival di Locarno nel 1998. Due anni dopo, ha realizzato il road movie Im Juli e il documentario Wir haben vergessen zurüeckzukehren, in cui ha esaminato la storia della sua famiglia emigrata. Nel 2002, ha realizzato Solino, cronaca di una famiglia di immigrati italiani a Duisburg. Nel 2003 con i soci Andreas Thiel e Klaus Maeck fonda la sua società di produzione “corazón international” che produce non solo i progetti di Akin, ma anche quelli di altri autori e registi di talento. La svolta internazionale della sua carriera avviene nel 2004 con La sposa turca (Gegen die Wand), rappresentazione della cultura turca e delle difficoltà di integrazione nella realtà tedesca che ha ottenuto l'Orso d'oro al Festival di Berlino e il premio per la Migliore Regia ai German Film Awards e agli European Film Awards. Nel 2005 ha presentato a Cannes il documentario Crossing the bridge – The sound of Istanbul, sulla sfaccettata scena musicale turca di oggi. Nel 2007 ha realizzato il suo quinto lungometraggio, Ai confini del paradiso (Auf der Anderei Seite), anch'esso insignito di numerosi premi, tra cui quello per la Migliore Sceneggiatura al Festival di Cannes e agli European Film Awards. Nel ha girato un episodio per il film collettivo New York, I Love You e l’anno seguente ha partecipato ad un altro progetto simile: Deutchland 09, tredici corti per raccontare la Germania di oggi. Akin per il suo corto, Der Name Murat Kurnaz, ha scelto la storia di un musulmano tedesco reduce da Guantanamo. Nel 2009 vince il Premio Speciale della Giuria alla 66. Mostra di Venezia con la commedia Soul Kitchen. Scritto assieme all’attore feticcio Adam Bousdoukos, Soul Kitchen ripropone altri attori che hanno già lavorato con Akin, come Moritz Bleibtreu, già in Im Juli e Solino, e Birol Ünel, anche lui in Im Juli e protagonista de La sposa turca (Gegen die Wand). Attualmente sta lavorando al documentario Garbage in the Garden of Eden (titolo provvisorio) sulla lotta intrapresa dagli abitanti di Camburnu, un villaggio sulle montagne della Turchia, contro il progetto di costruzione di una discarica nel bel mezzo delle piantagioni di tè della loro idilliaca regione.

Samuel Maoz (regista - Israele)
Regista israeliano vincitore del Leone d’Oro alla 66. Mostra del Cinema di Venezia con la sua opera prima Lebanon, è nato a Tel Aviv nel 1962. Innamorato dei film western americani, a 13 anni riceve in dono una cinepresa a 8mm e quattro minuti di pellicola, ma, nel tentativo di ricreare una scena di una sparatoria che aveva visto in un western, fissa la cinepresa a una traversina dei binari dove viene centrata in pieno da un treno in corsa. Nonostante questo sfortunato episodio Maoz non si dà per vinto e all’età di 18 anni può contare già la realizzazione di decine di cortometraggi. A 18 anni, entra nei Corpi corrazzati dell'esercito israeliano; esperienza che egli ricorda così «Fui addestrato come artigliere, ma non colsi il vero significato dell'incarico. Sparavamo a dei barili pieni di benzina che esplodevano come giganteschi fuochi d'artificio. Sembrava un parco di divertimenti per ragazzi cresciuti. La gente pensava che fosse “figo”».Nel giugno 1982 prende parte alla Guerra del Libano, esperienza che lo segna per sempre «Quando tornai a casa, mia madre mi abbracciò piangendo ed esprimendo la sua gratitudine al mio defunto padre, a Dio e a tutti coloro che mi avevano protetto e fatto tornare a casa sano e salvo. In quel momento non si rese conto che non ero tornato a casa sano e salvo. Anzi, che non ero affatto tornato a casa. Non sospettava minimamente che suo figlio fosse morto in Libano e che stava abbracciando un guscio vuoto». Nel 1987 completa gli studi di cinema alla Beit Zvi Academy of the Arts. Realizza successivamente diversi cortometraggi, spot e documentari, tra cui Total Eclipse (2000) che è stato proiettato anche al Moma di New York. Ma l’incubo della guerra a cui aveva preso parte non lo lascia libero «ho vissuto sull'onda dell'inerzia del tempo che passa, ma mi ci sono voluti 20 anni per “tornare finalmente a casa” realizzando Lebanon». Con il suo primo lungometraggio, Lebanon (2009), il regista rielabora il trauma della sua esperienza nella guerra e mostra le conseguenze della guerra, le devastazioni che provoca nella psiche e nell’animo degli uomini. Il film su quattro ragazzi chiusi in un carroarmato che non avevano mai vissuto una situazione di violenza e che si ritrovano a uccidere degli esseri umani, viene presentato in anteprima mondiale alla Mostra di Venezia 2009, convince e fa discutere pubblico e critica, e si aggiudica il Leone d’oro. Dopo la presentazione venezia, il film è stato presentato in moltissimi festival internazionali (Toronto, New York, Vancuver, Pusan, San Paolo, Londra, Salonicco, Goteborg, Rotterdam, Glasgow, Hong Kong, San Francisco, Mosca, Los Angeles).

Stanley Kwan (regista - Cina/Hong Kong)
Nato a Hong Kong nel 1957, si è diplomato in Scienze della Comunicazione presso il Baptist College. Le sue prime apparizioni nel mondo dello spettacolo avvengono nel campo televisivo presso la Television Broadcasts Limited, rete commerciale nota anche come TVB. Ben presto inizia ad operare come produttore cinematografico, dapprima come collaboratore di alcuni registi della New wave di Hong Kong, movimento cinematografico guidato da Tsui Hark. La sua produzione traccia un percorso unico e fondamentale nella cinematografia di Hong Kong nei due decenni a cavallo dell’annessione alla Cina Popolare. Debutta alla regia nel 1985 con Nu ren xin (Women) con Chow Yun-Fat, una sorta di remake dell’omonimo film di G. Cukor. Il suo secondo film Dei ha ching (Love unto Waste) è stato presentato l’anno dopo al festival di Locarno, ma ha ottenuto la fama internazionale con Yin ji kau (Rouge, 1987), ghost-story sul ritorno a Hong Kong di un fantasma alla ricerca del suo antico amore. Nel 1991 Maggie Cheung vince come migliore attrice al festival di Berlino con il film di Kwan Yuen Ling-yuk (Actress) , biografia di R. Ling Yu, prima stella del cinema cinese e riuscito ritratto di donna determinata a resistere alle pressioni e ai pregiudizi anche a costo della vita. Nel 1994 dirige Hong mei gui bai mei gui Red (Rose White Rose) tratto da un romanzo di Eileen Chang. Nel 1996 realizza realizzato Yang ± Yin, un documentario in lingua cinese a tematica LGBT. In tal modo diviene uno dei rari registi asiatici ad essersi dichiarato omosessuale e ad aver realizzato pellicole di sul tema dell'omosessualità. Il successivo Yue kuai le, yue duo luo (To Hold You Tight, 1997), che racconta la storia di quattro personaggi in cerca d’amore, vince a Berlino il premio Alfred Bauer per l’innovazione e il Teddy per il miglior film a tematica omosessuale. Nel 2001 ha girato Lan Yu un film drammatico, interpretato da Hu Jun, Liu Ye e Li Huatong e tratto da “Beijing Story”, un romanzo di Tongzhi che racconta la complessa storia d'amore tra un giovane industriale pechinese e Lan Yu un adolescente che si prostituisce per necessità economica. La pellicola viene selezionata al Festival di Cannes del 2001 nella sezione Un Certain Regard. Alla 62. Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia del 2005 ha presentato in concorso il lungometraggio Changhen ge, basato sul pluripremiato romanzo di Wang Anyi “Everlasting Regret”, scrittrice tra le più innovative della Cina, anche co-sceneggiatrice di Chen Kaige. Oltre ai lungometraggi, ha diretto cortometraggi, documentari e una rappresentazione teatrale messa in scena ad Hong Kong e Londra. come altri esponenti della nouvelle vague hongkonghese predilige i toni melodrammatici per raccontare la storia in chiave intima ed il disagio del mondo contemporaneo.

Jasmine Trinca (attrice - Italia)
Nata a Roma nel 1981, è una delle attrici italiane più rappresentative del cinema italiano degli ultimi anni. Ha dato vita a personaggi intensi e convincenti già dal suo esordio sul grande schermo nel ruolo di Irene, la ragazza la cui vita viene stravolta – come quella dei genitori – dall’improvvisa morte del fratello in La stanza del figlio (2001) di Nanni Moretti, Palma d’oro a Cannes 2001. Per lo stesso film è stata candidata al David di Donatello e ai Nastri d’Argento come attrice non protagonista. Ha vinto il Premio Biraghi, il Globo d’Oro della stampa estera come migliore esordiente e il Ciak d’Oro come Migliore attrice non protagonista. Nonostante l'impegno cinematografico, continua gli studi al Liceo Virgilio di Roma e nel 2000 consegue la maturità classica con il massimo dei voti. Torna davanti alla macchina da presa per La meglio gioventù (2003), che le vale il Nastro d'Argento 2004, come migliore attrice protagonista assieme al cast femminile del film. Nel 2004 è protagonista del film tv La fuga degli Innocenti di Leone Pompucci e l’anno seguente è in Cefalonia di Riccardo Milani. Sempre nel 2005 escono in sala Manuale d’amore di Giovanni Veronesi un'altra pellicola importante: Romanzo criminale, diretto da Michele Placido, film che si ispira all'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo sulla Banda della Magliana, in cui recita nella parte di Roberta, la fidanzata del Freddo, personaggio interpretato da Kim Rossi Stuart. Nel 2006 interpreta il ruolo di una giovane regista nel film Il caimano, regia di Nanni Moretti e prende parte al primo cortometraggio di Valerio Mastandrea 3,87, presentato alla Mostra di Venezia, che ha ottenuto il Nastro d’Argento 2006. Nel 2007 partecipa al film Piano, solo, regia di Riccardo Milani, con Kim Rossi Stuart, Michele Placido e Paola Cortellesi. Nel 2009 torna al grande schermo con il film Il grande sogno, per la regia di Michele Placido, con cui vince il Premio Marcello Mastroianni come interprete emergente alla 66. Mostra di Venezia.

Nina Lath Gupta
Nina Lath Gupta, dal 2006 Direttore Generale del National Film Development Corporation Ltd. (NFDC), l'ente di stato per il cinema indiano, ha cambiato radicalmente le politiche di quella venerabile istituzione, rendendola agile e sposando le istanze dei produttori indipendenti. Precedentemente ha lavorato per l’Indian Revenue Service (IRS) ed ha ottenuto la carica di Additional Commissioner of Income Tax a Nuova Delhi. Durante la sua carriera nel servizio civile, ha lavorato per il Ministero dell’informazione e della comunicazione dal 1998 al 2002 come vice-segretario, periodo nel quale si è occupata di problematiche legate all’industria cinematografica e alle organizzazioni cinematografiche sotto il controllo amministrativo del Ministero, incluso l’NFDC. Dal 1999 al 2000 è stata direttrice nel consiglio dell’NFDC. Si è successivamente dimessa dalla carica nell’IRS e ha continuto la sua attività all’interno dell’NFDC. Nel 2009 promuove con la NFDC un ambizioso programma di restauro delle pellicole prodotte dall’ente in analogia con progetti analoghi a livello globale tra cui la World Cinema Foundation di Martin Scorsese. Il programma, inaugurato con la filmografia di Satyajit Ray (con titoli come Ghare Baire, Ganashatru, Agantuk e il classico Aparajito, secondo film della celebre ‘trilogia di Apu’ acquisita dalla NFDC) si pone l’obiettivo di restaurare e digitalizzare un centinaio di classici della filmografia indiana in collaborazione con i Pixion Studios di Mumbai. Tra le produzioni recenti della NFDC, vi sono il thriller psicologico in Hindi Via Darjeeling (2008) di Arindam Nandy, Lucky Red Seeds (Manjadikkuru) di Anjali Menon, The Man Beyond the Bridge (2009) di Laxmikant Shetgaonkar e The Weekly Bazaar (Haat, 2010) di Jay Weissebrg, pellicola ambientata nel Rajasthan rurale e focalizzata sul tema dell’umiliazione femminile rituale. Nel 2007 ha creato inoltre il Film Bazaar presso l'IFFI (International Film Festival of India) di Goa, straordinario laboratorio-mercato di progetti provenienti da tutte le regioni e tutti i modi di produzione dell'India. Sta attualmente lavorando alla creazione di un circuito di sale d'essai (una realtà scomparsa in India da più di un ventennio).

Per ulteriori informazioni
www.labiennale.org - www.labiennalechannel.org
FB: la Biennale di Venezia

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Settimanale di informazione cinematografica - Direttore responsabile: Ottavia Da Re
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