67. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

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(21-07-2010) - La giuria di ORIZZONTI

Shirin Neshat (presidente) affiancata da Raja Amari, Lav Diaz, Alexander Horwath, Pietro Marcello

Sono stati definiti i componenti della Giuria della rinnovata sezione Orizzonti della 67. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (1-11 settembre 2010), presieduta – come già annunciato in precedenza - dall’artista e regista iraniana Shirin Neshat, Leone d’Argento per la miglior regia alla 66. Mostra 2009 col suo primo lungometraggio Donne senza uomini (Zanan bedoone mardan) e Leone d’oro alla 48. Biennale Arte 1999.

Affiancheranno Shirin Neshat nella Giuria di Orizzonti: la regista e sceneggiatrice tunisina Raja Amari, presente nel 2009 a Venezia in Orizzonti con Dohawa (Buried Secrets), e in precedenza pluripremiata ai festival internazionali per la sua opera prima Satin Rouge; il regista filippino Lav Diaz, uno dei cineasti più importanti del Sud-Est asiatico, premiato due volte a Orizzonti con Kagadanan sa banwaan ning mga engkanto (Death in the Land of Encantos, Menzione Speciale 2007) e con Melancholia (Premio Orizzonti 2008); il critico cinematografico austriaco Alexander Horwath, dal 2002 direttore del Museo del Cinema di Vienna, dal 1992 al 1997 direttore della Viennale, collaboratore delle più prestigiose riviste internazionali; il regista italiano Pietro Marcello, scoperto a Venezia nel 2007 con il documentario d’esordio Il passaggio della linea presentato in Orizzonti, e vincitore di numerosi riconoscimenti quest’anno con La bocca del lupo.

La 67. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (1 - 11 settembre 2010) è diretta da Marco Mueller e organizzata dalla Biennale di Venezia, presieduta da Paolo Baratta. La sezione Orizzonti da quest’anno si apre a tutte le opere “fuori formato”, con un più ampio e dinamico sguardo verso le vie nuove dei linguaggi espressivi che confluiscono nel cinema.

La Giuria internazionale della sezione Orizzonti assegnerà – senza possibilità di ex aequo - quattro nuovi Premi: Premio Orizzonti (riservato ai lungometraggi), Premio Speciale della Giuria Orizzonti (riservato ai lungometraggi), Premio Orizzonti Cortometraggio, Premio Orizzonti Mediometraggio. Nella rinnovata sezione Orizzonti sono stati assorbiti la sezione CortoCortissimo, e tutti gli Eventi Speciali, in una linea di programma senza distinzioni di genere e durata, che rappresenta un “laboratorio” dei diversi linguaggi artistici del visivo, all’interno del più grande “laboratorio” della Biennale di Venezia, in collegamento sempre più stretto con gli altri settori.

Note biografiche

Shirin Neshat (artista, regista - Iran)

Nata a Qazvin (Iran) nel 1957, è una fotografa e video artista iraniana che nelle sue opere affronta le complesse forze sociali e religiose che forgiano l'identità delle donne musulmane. Cresciuta in una famiglia borghese che vive all'occidentale, nel 1974 si è trasferita a Los Angeles per studiare arte all'università di Berkeley. Nel 1979 la rivoluzione islamica degli Ayatollah scoppiata in Iran le impedisce di tornare in patria fino al 1990. La nascita artistica di Shirin avviene attraverso la fotografia con Women of Allah, il ciclo realizzato tra il 1993 e il 1997 con il quale ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Negli ultimi 12 anni, l'artista iraniana Shirin Neshat ha prodotto una serie di video installazioni liriche che trattano temi come la politica di genere, l'autodeterminazione culturale e l'autorità della religione. Attingendo alle proprie esperienze di emigrata mediorientale e a concetti universali quali l'identità, il desiderio e l'isolamento sociale, queste opere sono state insignite di numerosi riconoscimenti, tra cui il Leone d’oro alla 48. Biennale Arte di Venezia. Le sue personali sono state esposte, tra gli altri, alla Tate Gallery di Londra, al Guggenheim Museum di New York, al Museo d'Arte Contemporanea di Atene, alla Serpentine Gallery di Londra, alla Kunsthalle di Vienna e al Museo d'Arte Contemporanea di Hiroshima. Dal 2003, Shirin Neshat si è impegnata in un ambizioso progetto video/cinematografico in due parti basato sul romanzo, pubblicato nel 1989, "Donne senza uomini" della scrittrice iraniana Shahrnush Parsipur. I cinque singoli video del progetto – Mahdokht (2004), Zarin (2005), Munis (2008), Faezeh (2008) e Farokh Legha (2008) – ognuno dei quali incentrato su una delle protagoniste femminili del romanzo, sono stati recentemente assemblati in un'unica installazione in più stanze. Dopo il primo allestimento nel 2008 in Danimarca, al ARoS Aarhus Kunstmuseum, la complessa opera ha fatto tappa alla Galleria Faurschou di Pechino, e al Museo Nazionale di Arte Contemporanea di Atene. In autunno sarà esposta al Kulturhuset di Stoccolma e in altre sedi da confermare. Inoltre, quattro dei video sono stati proiettati alla Biennale d'Arte Contemporanea “Prospect. 1 New Orleans” lo scorso anno. Mentre realizzava i video (finanziati in gran parte dalla Gladstone Gallery di New York e dalla Galerie Jérôme de Noirmont di Parigi), Shirin Neshat ha anche lavorato al lungometraggio Donne senza uomini (Zanan bedoone mardan). Il film, che trae spunto sia dal romanzo che dai video, è caratterizzato da una narrazione onirica che intreccia le vicende personali delle protagoniste con le sollevazioni politiche nella Teheran del 1953, periodo in cui è ambientato il romanzo della Parsipur. Per realizzare i video e il film, Shirin Neshat ha lavorato a stretto contatto con la sua collaboratrice di sempre, Shoja Azari, che firma con lei la sceneggiatura finale. Il lungometraggio, girato a Casablanca, è interpretato prevalentemente da attori iraniani che vivono in Europa e comprende anche una narrazione fuori campo scritta dal poeta e critico d'arte Steven Henry Madoff. Presentato in anteprima mondiale alla 66. Mostra del Cinema di Venezia 2009, il film ha ottenuto il Leone d’Argento dalla giuria presieduta da Ang Lee.

Raja Amari (regista - Tunisia)
Nasce a Tunisi dove si laurea in letteratura francese prima di andare a Parigi a studiare sceneggiatura al Femis (Ecole nationale supérieure des métiers de l'image et du son). Dopo aver concluso gli studi, dirige due corti: Avril e Un soir de Juilliet che ottengono diversi premi in festival internazionali. Il suo primo lungometraggio è Satin Rouge che viene selezionato al Festival di Berlino nella sezione Forum, e vince il Best New Director Award al Festival di Seattle e il premio come miglior film al Torino Film Festival. Nel film, la storia di una donna che riesce a vivere con consapevolezza e in maniera piena la sua età adulta, diventa per Raja Amari l’occasione per raccontare l’evoluzione della società in Tunisia, attraverso un’analisi sociale lucida e ironica. Nel 2004 gira il documentario Seekers of Oblivion, ritratto di Isabelle Eberhardt, esploratrice e scrittrice svizzera che visse e viaggiò in Nord Africa. Nel 2009 partecipa alla 66. Mostra di Venezia, nella sezione Orizzonti, con il suo secondo lungometraggio Dohawa (Buried Secrets), opera innovativa che oltrepassando i confini imposti dai cliché culturali, con cui la regista racconta ancora una volta il piacere della scoperta e del desiderio come forma di emancipazione. Ma questa volta Raja Amari sceglie un soggetto fortemente simbolico (due ragazza e la loro madre vivono, segregate dal mondo, nell’alloggio per domestici di una casa abbandonata) e atmosfere in bilico tra il thriller e l’horror, per affrontare temi classici nella cinematografia maghrebina, come il contrasto tra modernità e tradizione e la condizione della donna, ma anche per approfondire con coraggio e intensità gli abissi della psicologia femminile e umana.

Lav Diaz (regista - Filippine)
E’ nato nel 1958 a Datu Paglas, Maguindanao, nell’isola di Mindanao, nelle Filippine ed è conosciuto come il padre ideologico del Nuovissimo Cinema Filippino. La sua monumentale trilogia, Batang West Side (West Side Kid, 2002), Ebolusyon ng isang pamilyang pilipino (Evolution of a Filipino Family, 2005) e Ikalawang aklat: ang alamat ng prinsesang bayawak (Heremias, 2006), è l’archetipo di un cinema privo di compromessi ed esteticamente rigoroso e omogeneo. I tre film sono considerati capolavori moderni del cinema filippino. Ostinato e indipendente, autore dalla messa in scena radicalmente anti-holliwoodiana, Lav Diaz ha studiato cinematografia al Mowelfund Film Institute (Filippine), dopo una formazione in economia (Ateneo de Manila, Ateneo de Davao, Notre Dame University). Tra le sue opere si ricordano Serafin Geronimo: kriminal ng Baryo Concepcion (The Criminal of Barrio Concepcion, 1998), Burger Boys (1999), Hubad sa ilalim ng buwan (Naked Under the Moon, 1999), Hesus rebolusyunaryo (Jesus Revolutionary, 2002). Lav Diaz, che ora vive tra Manila e New York, ha sempre ricercato la coerenza stilistica e contenutistica nel proprio lavoro, facendosi cantore della lotta dell’umanità e del popolo filippino per la redenzione. Ha vinto numerosi premi internazionali come quelli per il miglior film ai Festival di Bruxelles e di Singapore e quello come Miglior Film dal premio della critica Gawad Urian, con il suo film d’esordio, di oltre 5 ore, Batang West Side (West Side Kid, 2002). Anche il successivo Ebolusyon ng isang pamilyang pilipino (Evolution of a Filipino Family, 2005) riceve il premio della critica Gawad Urian, mentre e Ikalawang aklat: ang alamat ng prinsesang bayawak (Heremias, 2006) ottiene il premio speciale della giuria al Festival di Friburgo. Entrambi gli ultimi due suo lavori sono stati presentati e premiati alla Mostra del Cinema di Venezia: Kagadanan sa banwaan ning mga engkanto (Death in the Land of Encantos), 540 minuti di montato sulle conseguenze apocalittiche del tifone Reming, che il 30 novembre 2006 si è abbattuto sulle Filippine, ha ottenuto la Menzione Speciale Orizzonti 2007), mentre il successivo Melancholia, nuova impresa titanica di 450 minuti in cui Diaz si interroga sull’essenza della felicità, arrivando a definire la vita stessa come un modo per misurare il dolore dell’uomo, ha vinto il Premio Orizzonti 2008.

Pietro Marcello (regista – Italia)
Nato a Caserta nel 1976, è autore giovane e consapevole, osservatore attento della realtà che lo circonda. Nel 2000 è assistente alla regia del documentario Gennarino di Leonardo Di Costanzo, e aiuto regista del film Il ladro di Sergio Vitolo nel 2002. Sempre nel 2002 realizza il radiodocumentario "Il Tempo dei Magliari" trasmesso da Radio 3 nel contenitore "Centolire". Nel 2003 realizza i corti Carta e Scampia. Nel 2004 ha realizzato il film documentario Il cantiere, vincitore dell'11a edizione del festival Libero Bizzarri. L’anno seguente ha portato a termine il film documentario La baracca, che ottiene il premio del pubblico al Videopolis 2005. Nel 2005 ha collaborato come volontario per una ONG in Costa d’Avorio per la realizzazione di un docu-film dal titolo Grand Bassan. Nel 2007 ha firmato la regia de Il passaggio della linea, un documentario girato interamente sui treni espressi che attraversano l’Italia. Il film è stato presentato alla 64. edizione del Mostra del Cinema di Venezia all’interno della sezione Orizzonti e si è aggiudicato il Premio Pasinetti Doc e la Menzione speciale premio Doc/it. Il documentario ha, inoltre, partecipato a numerosi festival internazionali riscuotendo l’apprezzamento della critica. Tra gli altri premi possiamo ricordare il Premio Doc it Visioni Italiane 2008 ed il premio Casa Rossa doc al Festival di Bellaria. Candidato come Miglior Documentario di Lungometraggio ai premi David di Donatello 2008, il film è andato in onda su Rai 3 all’interno di DOC3 ed è uscito in edicola con la rivista “Internazionale”. A seguito dell'incontro con Enzo Motta, il futuro protagonista del suo film, grazie anche alla Fondazione gesuita San Marcellino di Genova, realizza il documentario drammatico La bocca del lupo, film poetico che contrappone immagini d’archivio a immagini girate oggi a Genova e racconta la vera storia d’amore tra due ex-detenuti in quel di Genova, l’emigrato Enzo e il travestito Mary. Il film presentato in oltre 20 festival internazionali ha ottenuto quest’anno innumerevoli riconoscimenti importanti al Torino Film Festival, al Festival Cinéma du Réel di Parigi, al Festival di Berlino e al Festival di Buones Aires. In Italia ha vinto il Nastro d’Argento e il David di Donatello per il miglior documentario dell’anno. Il film è da poco uscito anche nei cinema francesi; "La bocca del Lupo orchestra una sinfonia di immagini e suoni che si impongono con la forza di un poema", così ha scritto Le Monde, che al film ha dedicato un’intera pagina.

Alexander Horwath (critico cinematografico - Austria)
Nato nel 1964 a Vienna, è un critico cinematografico austriaco e dal 2002 direttore del Museo del Cinema Austriaco di Vienna. Horwath ha studiato teatro presso l'Università di Vienna. Nel 1985 ha iniziato la sua attività giornalistica, collaborando con riviste austriache e internazionali, tra cui Wiener Stadtzeitschrift Falter (dove ha anche lavorato come critico cinematografico), Die Zeit, Sueddeutsche Zeitung, Meteor, Film Comment, Die Presse, Der Standard. E’ co-fondatore della rivista Filmlogbuch (1985-89). Dal 1992 al 1997 è stato direttore della Viennale - Vienna International Film Festival. Ha collaborato in qualità di consulente per il Torino Film Festival (1997-98) e per la Biennale di Venezia (1999-2001). Ha curato la programmazione di diversi festival cinematografici, retrospettive ed esposizioni, tra cui il programma di film documenta 12 nel 2007. Ha tenuto lezioni sul cinema in diverse università e in altre istituzioni culturali, in Austria e all’estero. Ha scritto articoli e libri sul cinema, tra cui diverse pubblicazioni su Michael Haneke (tra cui Michael Haneke, 1998), sul cinema austriaco d'avanguardia (Avantgardefilm Osterreich, 1950 bis heute) e il film americano degli anni ‘60 e ‘70 (The Last Great American Picture Show. New Hollywood 1967-76, 1995). Ha pubblicato anche Cool. Pop, Politics, Hollywood 1960-68 (1994), Peter Tscherkassky (2005), Josef von Sternberg. The Case of Lena Smith (2007) e Film Curatorship. Archives, Museums, and the Digital Marketplace (2008).

Per ulteriori informazioni
www.labiennale.org - www.labiennalechannel.org
FB: la Biennale di Venezia

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