Per un pugno di dollari
| (28-08-2007) - C'ERA UNA VOLTA IL WESTERN ALL'ITALIANA "Molti registi (dei film western all’italiana) non hanno mai avuto il giusto riconoscimento. In Italia, a settembre, a Venezia, finalmente otterranno questo meritato riconoscimento. Vi aspetto lì...."
Parola di Quentin Tarantino. Un appassionato di cinema italiano e, come tale, il suo più grande critico, tanto da bollare il nostro cinema contemporaneo come "deprimente". Un italo-americano, quasi un italiano "americanizzato" come i film "segreti" che da padrino, terrà a battesimo nella rassegna "Western all'italiana - Storia segreta del cinema italiano 4", curata da Marco Giusti e Manlio Gromasca con l'Officina Filmclub (Paolo Luciani e Cristina Torelli) con cui la Biennale presenta 32 lungometraggi italiani restaurati e riportarti alla loro versione originale e integrale grazie anche a Telecom Progetto Italia.
Un contributo attraverso il quale Quentin Tarantino, che sarà presente con due testimonial d'eccezione, Giuliano Gemma e Carlo Pedersoli (Bud Spencer), continua la sua opera di citazione, e omaggio alla nostra tradizione western più popolare ma meno considerata, già consacrata dai suoi film (culminata in "Kill Bill") e perpetuata attraverso la riscoperta del genere operata dalla Mostra.
Perché il western all'italiana non è rappresentato solo dai capolavori di Sergio Leone ma anche da quella miriade di film italiani "americanizzati" che nel corso degli anni '60 diedero vita ad un filone inesauribile di pellicole dal nome altisonante e dal cast esterofilo, che fecero scuola, creando un nuovo linguaggio. Così, dietro i "directors" Bob Robertson, Lee Beaver, E.B. Clucher, Sidney Corbett e Don Savio, prima che venissero sdoganati dal successo ai botteghini, si nascondevano dei maestri del cinema italiano come Sergio Leone, Carlo Lizzani, Enzo Barboni, Sergio Corbucci e Ennio Morricone, e dietro a certi "Indio", "Ringo" e "Django" che gli altisonanti titoli di coda elencavano come John Wells o Montgomery Wood, si celavano dei "pistoleri solitari e senza nome" come Gian Maria Volontè, Giuliano Gemma, Franco Nero, interpreti che nulla potevano invidiare ai veri "actors" e capaci di dare un valore aggiunto, in fatto di ironia e personalità, ai vari John Wayne "made in Usa", dissacrandone il mito e proponendone una versione più neorealistica in alcuni casi, parodistica, in altri.
Con l'evento "Western All'italiana - Storia segreta del cinema italiano 4", la Biennale presenterà anche uno "spaghetti western" giapponese "Gonin no shokin kasegi" ("The Fort of Death", 1969) di Kudo Eiichi, e "Una Questione poco privata - Conversazione con Giulio Questi"(2007) di Gianfranco Pannone, mentre l'omaggio continuerà anche in Orizzonti con l'americano "Searchers 2.0" di Alex Cox e, in concorso, con un altro film giapponese "Sukiyaki Western Django" di Mike Takashi, versione giapponese del nostro "Django" (1966) di Sergio Corbucci, una delle perle della rassegna. Un legame importante quello con l'Oriente che in passato è stato fonte di ispirazione per il genere western ("Per un pugno di dollari" si ispira a "La sfida del samurai" di Kurosawa, del 1961) e oggi trae spunto dalla stessa tradizione e dall'evoluzione italiana del genere per nuove opere o per gli stessi film di Tarantino che, tra l'altro, appare in una delle scene iniziali del film di Takashi, nel ruolo di Ringo, personaggio mitico divenuto protagonista di una saga, che Venezia ricorderà con "100.000 dollari per Ringo" (1965), "Il ritorno di Ringo" (1965), "Ringo del Nebraska" (1965).
Un excursus che va dagli archetipi degli "spaghetti western", con i film di Sergio Corbucci e Duccio Tessari, ai capolavori di Sergio Leone con la proiezione fuori concorso della versione restaurata di "Per un pugno di dollari" (1964) passando per alcune chicche come "Yankee" (1966) di un inedito Tinto Brass, sguardo attento alle taglie che pendevano sulla testa dei pistoleri cacciati da "l'americano" Philippe Leroy, e ancora lontano da quelle femminili sui cui ha concentrato le evoluzioni erotiche dei film successivi.
Un viaggio a ritroso fra montagne di dollari ("100.000 dollari per Ringo", "10.000 dollari per un massacro", Un dollaro bucato", "Un fiume di dollari", "La morte non conta i dollari") e pistoleri ("Django", "Navajo Joe", "Tepepa", "The Bounty Killer"), tra i volti dei buoni (Clint Eastwood, Franco Nero, Terence Hill, Giuliano Gemma) dei brutti (Tomas Milian, Bud Spencer) e dei cattivi (Lee Van Cleef, Klaus Kinski), si prendono a cazzotti come Trinità e Bambino, o recitano massime "omeriche" e "goldoniane" allo stesso tempo, divenute folgoranti citazioni ("La vendetta è un piatto che si serve freddo" del 1971 di Squitieri è la frase che apre "Kill Bill" di Tarantino), in quell'epoca "epica" chiamata West, dove la storia, la vita e i destini si riassumono cavalcando, e a cui l'Italia ha regalato ironia e personalità, quella verità che mancava al mito per essere reale.
Non resta che chiudersi nel buio della sala e sfidare il solleone del West, perché nel "Tempo degli avvoltoi", fra "Una lunga fila di croci", arriva per tutti "La resa dei conti" e "Il grande duello" diventa "Una ragione per vivere e una per morire". "Se sei vivo spara" o "Preparati la bara"...
Western all’Italiana - Storia Segreta del Cinema Italiano 4:
I film (in ordine cronologico)
I sette del Texas (Antes llega la muerte) (1964) di Joaquin Luis Romero Marchent
100.000 dollari per Ringo (1965) di Alberto De Martino
Il ritorno di Ringo (1965) di Duccio Tessari
Ringo del Nebraska (1965) di Mario Bava e Antonio Román
Un dollaro bucato (1965) di Giorgio Ferroni
Django (1965) - Uncut - di Sergio Corbucci
The Bounty Killer (1966) di Eugenio Martin
La resa dei conti (1966) di Sergio Sollima
Navajo Joe (1966) di Sergio Corbucci
Sugar Colt (1966) di Franco Giraldi
Un fiume di dollari (1966) di Carlo Lizzani
Yankee (1966) di Tinto Brass
10 000 dollari per un massacro (1967) di Romolo Guerrieri
El Desperado (1967) di Franco Rossetti
Il tempo degli avvoltoi (1967) di Nando Cicero
La morte non conta i dollari (1967) di Riccardo Freda
Se sei vivo spara (1967) - Uncut - di Giulio Questi
Ognuno per sé (1967) di Giorgio Capitani
Preparati la bara (1967) di Ferdinando Baldi
Tepepa (1968) di Giulio Petroni
Una lunga fila di croci (1968) di Sergio Garrone
E Dio disse a Caino (1969) di Antonio Margheriti
La taglia è tua l’uomo l’ammazzo io (1969) di Edoardo Mulargia
Lo chiamavano Trinità (1970) di Enzo Barboni
Matalo! (1970) di Cesare Canevari
Vamos a matar companeros (1970) di Sergio Corbucci
La vendetta è un piatto che si serve freddo (1971) di Pasquale Squitieri
Il grande duello (1972) di Giancarlo Santi
Il mio nome è Shangai Joe (1973) di Mario Caiano
Una ragione per vivere e una per morire (1973) di Tonino Valerii
I quattro dell’apocalisse (1975) di Lucio Fulci
Keoma (1976) di Enzo G. Castellari
Eventi della Retrospettiva
Una Questione poco privata - Conversazione con Giulio Questi (2007) di Gianfranco Pannone
Gonin no shokin kasegi (The Fort of Death, 1969) – di Kudo Eiichi
Ottavia Da Re
(28/08/2007)
|