63. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

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(03-07-2006) - CATHERINE DENEUVE Presidente della Giuria Internazionale di Venezia 63.

I centenari di Rossellini, Soldati e Visconti
The Magic Flute di Kenneth Branagh in anteprima alla Fenice


Sarà la grande attrice francese Catherine Deneuve a presiedere la Giuria Internazionale della 63. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che avrà luogo dal 30 agosto al 9 settembre 2006, e che assegnerà il classico Leone d’Oro.

Lo ha deciso il Cda della Biennale di Venezia, presieduto da Davide Croff, accogliendo la proposta del Direttore della 63. Mostra, Marco Müller.

Simbolo del cinema francese, fra le interpreti più ammirate al mondo dai cineasti e dal pubblico, Catherine Deneuve è stata lanciata come musa del cinema d’autore europeo - ottenendo il suo primo successo mondiale - proprio a Venezia nel 1967, nel ruolo di Séverine nel capolavoro Bella di giorno (Belle de jour) di Luis Buñuel, premiato col Leone d’Oro. In seguito è tornata più volte da protagonista al Lido, a partire dal celebre Tristana (1970) di Luis Buñuel, e nel 1988 ha ottenuto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile in Place Vendôme di Nicole Garcia. Negli ultimi anni è stata attrice protagonista di alcuni importanti film in concorso alla Mostra, da Le vent de la nuit (1999) di Philippe Garrel, a Um filme falado (2003) di Manoel de Oliveira, fino a Rois et reine (2004) di Arnauld Desplechin.

“Siamo orgogliosi che sia una personalità come Catherine Deneuve a presiedere la giuria di Venezia – hanno dichiarato Davide Croff e Marco Müller – il suo magico carisma e la sua conoscenza da protagonista del grande cinema, sapranno infondere serenità ed equilibrio al lavoro e al giudizio dei giurati”.

Il Cda della Biennale ha inoltre approvato, consolidando una linea intrapresa negli ultimi anni, importanti iniziative che legano la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica alla città di Venezia. Per celebrare i centenari della nascita di tre maestri del cinema italiano, Roberto Rossellini, Mario Soldati e Luchino Visconti, avranno luogo in centro storico due serate speciali in collaborazione con il Comune di Venezia – Circuito Cinema Comunale, e con la Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografica-SNC di Roma, con la proiezione delle versioni restaurate dei capolavori Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, e Ossessione (1943) di Luchino Visconti, de Il Generale della Rovere di Roberto Rossellini, nella versione originale che vinse il Leone d’Oro a Venezia nel 1959, mai più mostrata al pubblico in seguito, nonché di due episodi (di Rossellini e Visconti) di Siamo donne (1953) e La provinciale (1953) di Mario Soldati.

Infine, al Gran Teatro la Fenice sarà proiettato in anteprima mondiale, giovedì 7 settembre, lo straordinario "The Magic Flute" ("Il flauto magico") di Kenneth Branagh. A questo evento, seguirà una festa a Palazzo Ducale.

Catherine Deneuve - note biografiche
Attrice, nata a Parigi, è un simbolo del cinema francese (la chiamano la “Reine Blanche”), e senz’altro una delle più grandi e ammirate interpreti viventi al mondo. Ha solo tredici anni quando appare sullo schermo in "La collégienne" (1957, di André Hunebelle), ma acquista popolarità diciannovenne come Justine, da Sade, ne "Il vizio e la virtù" ("Le vice et le vertu", 1962) di Roger Vadim (all’epoca sua compagno), e quindi, in un ruolo opposto, come protagonista del musical che vince a Cannes "Les parapluies de Cherbourg" (1963) di Jacques Demy, dove canta e danza. Ma nel 1965 Roman Polanski, appena emigrato in Occidente, le affida un personaggio destabilizzante in "Repulsion", una manicure schizofrenica, in cui la Deneuve si cala con inquietante realismo, aprendo nuovi orizzonti oltre la sua bellezza classica e algida. Infatti per Luis Buñuel è in due ruoli d’indiscutibile fascino che fanno scalpore, nel binomio purezza/perversione, e che la lanciano come musa del cinema d’autore europeo: prima "Séverine", la sorprendente e ambigua signora borghese di "Bella di giorno" ("Belle de jour", 1967), quindi l’enigmatica e torbida "Tristana" (1970). A farle riecheggiare il personaggio bunueliano, declinandolo verso l’amour fou, è François Truffaut in La mia droga si chiama "Julie" ("La sirène du Missisipi", 1969), con cui è anche in "L’ultimo metrò" ("Le dernier métro", 1980), forse la sua interpretazione più grande (premio César), nuovamente appassionata e controllata, in un’esemplare storia d’amore a fianco di Gérard Depardieu. Grande diva, è contesa non solo dai cineasti francesi, ma anche da quelli americani ("April Fools", 1969, di Stuart Rosenberg) e italiani. Con questi, la collaborazione è particolarmente feconda, da Marco Ferreri ("La cagna", 1971, e "Non toccare la donna bianca", 1973), a Mauro Bolognini ("Fatti di gente perbene", 1974), Dino Risi ("Anima persa", 1974), fino a Mario Monicelli ("Speriamo che sia femmina", 1985). E’ stata candidata all’Oscar e premiata col César nel 1992 per "Indocina" (Indochine, di Régis Wargnier). Lavora sempre moltissimo nel cinema d’autore internazionale, con de Oliveira ("O convento", 1995), Nicole Garcia ("Place Vendôme", 1998, Coppa Volpi a Venezia), Lars Von Trier ("Dancer in the Dark", 2000), François Ozon ("8 donne, 8 femmes", 2002). Per la fine del 2006 ha in uscita due film, "Le Concile de pierre" di Guillaume Nicloux, e "Les Héros de la famille" di Thierry Klifa.

(Venezia, 14 giugno 2006)

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