62. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

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(20-09-2005) - Diario di un Festival

Per noi, Quelliche…il cinema di nome e di fatto, ormai la Mostra del cinema di Venezia è sia must che cult. Perché, possiamo dirlo, si tratta dell’evento che ha tenuto a battesimo la testata, che fra le prime cose ha visto proprio i leoni dorati del Festival. E perché ormai, fra film, stelle e stelline, in quegl’undici giorni al Lido di stravaganze ne vediamo così tante da riempire le nostre conversazioni per altri trecentosessantacinque giorni.
Come diciamo ogni anno, e da un po’ di anni, tutto sta nel separare il buono dal cattivo, l’arte dal clamore, la classe dal trash. Insomma il Cinema e il suo bel corollario da tutto il resto. E siccome in laguna ne passano di tutti i generi, per voi ecco una sintesi degli eventi più rilevanti della 62^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia in un vero e proprio diario, resoconto ironico – ma solo nello spirito – dei nostri undici giorni di Festival.


31 agosto, mercoledì
La Mostra apre i battenti con un saluto all’oriente: Le sette spade di Tsui Hark inaugura la rassegna fuori concorso. Nonostante a qualcuno pesi la lunghezza dell’opera (144’) sul film non si abbattono gli uragani di critiche caustiche. La proiezione stampa alle nove del mattino è comunque decisamente poco affollata…
A scontentare le platee lidensi pronte al Festival ci pensano il deposito bagagli e il film L’educazione fisica delle fanciulle di John Irvin. Il primo trattiene zaini e borse troppo grandi per avere accesso alla nuova “area protetta”, un perimetro che racchiude Palazzo del Cinema e il Casinò cui l’accesso è consentito solo previo possesso di un pass e perquisizione con metal detector.
Il secondo disgusta la critica e annoia il pubblico. La delegazione mandata ad accompagnarlo è nutrita e, oltre al regista, include quasi tutte le attrici – capeggiate da Jacqueline Bisset – e l’attore Enrico Lo Verso. Ma il progetto naufraga fra le onde di una pretenziosità mal gestita: il pubblico guarda oltre, aspettando le produzioni in concorso.
Scarsina la presenza divistica alla cerimonia d’apertura. Oltre al cast di Tsui Hark, sfilano fra le poche stelle la madrina Ines Sastre e le nostre Isabella Ferrari e Chiara Caselli.


1 settembre, giovedì
Si riversa sul Lido la vera prima parata di divi: gli americani invadono la Mostra, e le micce si accendono. Disertano i protagonisti di La vida secreta de las palabras Sarah Polley, Tim Robbins e Julie Christie, ma ad animare le platee ci pensa George Clooney, che accompagna il suo secondo film da regista, Good Night, and Good Luck. Il raffinato bianco e nero unito a una regia attenta e misurata piacciono; il divo incanta le fan con rilassata generosità (probabilmente la passerella più lunga della Mostra, autografi per tutti).
Prima pennellata di glamour, discreto ed elegantissimo: alla Mostra sbarcano Patricia Clarkson e Laura Linney. La prima è comprimaria nel film di Clooney, sparge classe ed eleganza, affronta gli assalti dei fotografi con divertita ironia. La seconda porta in laguna The Exorcism of Emily Rose di Scott Derrickson, thriller soprannaturale che prende la strada del filone giudiziario, e sorride con l’umiltà di grande attrice. Belle e brave. Forse troppo. La nostrana Maria Grazia Cucinotta, produttrice di All the Invisible Children, si vede costretta a passare in secondo piano. Divide le platee, ma piace ai critici il nuovo film dell’ultranovantenne Manoel de Oliveira, Espelho mágico.
Il pubblico ci mette del suo: ore sotto l’impietoso sole pomeridiano ad aspettare il loro Clooney al grido disperato “We want George!”. Una passione che ha travolto – letteralmente – anche la povera Patricia Clarkson, spintonata dalle ammiratrici che inseguivano il collega-regista all’uscita dalla conferenza stampa.


2 settembre, venerdì
Ansia e attesa per la sorpresa, l’ultima invenzione della Mostra, ossia la pellicola di cui tutto s’ignora tranne il fatto che sarà in concorso. Si favoleggia sulla possibilità che si tratti dell’ultima opera di Terrence Malick, ma è pura utopia. È solo il solito Takeshi Kitano, che ormai a Venezia ha fatto l’abbonamento. E che questa volta, fra ironia sui generis e cerebrali omaggi alla sua filmografia, col nuovo Takeshis’ tutto fa fuorché convincere.
Ally McBeal Calista Flockhart sbarca per Fragile con Richard Roxburgh, il duca di Moulin Rouge, e il compagno Harrison Ford.
Ma questo è il giorno di uno dei film più belli della Mostra, Brokeback Mountain di Ang Lee; la storia è quella dell’amore omosessuale, difficile e tormentato, fra due mandriani nell’America del ventennio ’60- ’80. Accompagnano il regista tre degli attori principali: la povera Anne Hathaway si trova schiacciata dal peso che, nel cuore delle giovani fan, hanno i protagonisti Heath Ledger e Jake Gyllenhaal. Il primo è immusonito come un facocero, il secondo più sorridente e spiritoso.


3 settembre, sabato
Le tre ore in bianco e nero con Philippe Garrell e il suo Les Amants Réguliers o i 108’ del brillante Casanova di Lasse Hallström? Almeno il pubblico pagante sembra non aver avuto esitazioni nell’optare per il secondo. Il protagonista Heath Ledger non s’è schiodato di un millimetro, la sua partner Sienna Miller oscilla fra lo spaesato e lo snob. Grande ironia in conferenza stampa grazie ai comprimari fuoriclasse, Jeremy Irons e Lena Olin.
Il primo giorno di week-end attira una massa extra di curiosi, ma, contrariamente all’anno scorso, niente tragici ritardi: nonostante le misure di sicurezza poco agevoli, gli orari si rispettano, il caos si argina, la Mostra non collassa.




4 settembre, domenica
Cose che i mortali quasi non possono immaginare: le star al Lido sono tante, troppe. Ai fischi per il film Musikanten di Battiato non presta attenzione nessuno. In laguna sbarcano Orlando Bloom, Kirsten Dunst, Susan Sarandon, Matt Damon, Monica Bellucci e Lena Headey, più l’abbonato Heath Ledger che chiude il suo piccolo tour-de-force presentando il terzo film. I primi tre portano fuori concorso Elizabethtown di Cameron Crowe, gli altri sono in gara per The Brothers Grimm di Terry Gilliam.
La spontanea genuinità di Matt Damon stride contro la rude nonchalance di Ledger. Al seguito di una compassata Bellucci abbiamo sentito levarsi tipici mormorii da spettatore medio, del genere “Ma quanto se la mena?”. Fortuna che c’era Lena Headey (qualcuno l’ha riconosciuta per i ruoli in Onegin e Actors, Il gioco di Ripley e Quel che resta del giorno): bella, fascinosa e sicuramente brava.
Generosa la semplicità di Orlando Bloom, che in conferenza stampa serve Coca Cola a tutti e regala baci e autografi alle fan (prendete visione della nostra Gallery per scoprirne gli effetti…); simpatica la Dunst, che passa dal sorriso di teen-ager a osservazioni serie e meditate. Ha travolto lo charme della Sarandon, nero vestita e omaggiata da Quelliche…ilcinema con una rosa rossa, la nostra prima in questa Mostra.
Più defilato un veterano come Donald Sutherland, a Venezia per riproporre Il Casanova di Federico Fellini.


5 settembre, lunedì
La nuova settimana si apre con (in senso figurato) un lutto: Gwyneth Paltrow ha perso l’aereo e si vede costretta a dare forfait. La diva di Proof, affranta, in conferenza parla in linea telefonica con il mobile del suo regista John Madden: “Ho passato una serata orribile ieri, nel tentativo di raggiungervi a Venezia…”. Ma è rimasta a New York, da dove, sempre via telefono, risponde alle domande dei giornalisti. Uno degli eventi più tragicamente tristi della 62^ Mostra: sembrava essersi alzata la marea, invece erano le lacrime dei fan (e soprattutto le mie). A sostituire Gwyneth, i suoi comprimari Anthony Hopkins e Jake Gyllenhaal; a quest’ultimo, già apprezzato in Brokeback Mountain, e alla sua bravura Quelliche…il cinema tributa il secondo omaggio: una nuova rosa rossa.
Ma the show must go on. Fuori concorso si presenta Cinderella Man di Ron Howard: pubblico in delirio per Russell Crowe e Renée Zellweger, protagonisti di questo A Beautiful Mind ambientato nel mondo della boxe. Lei è magrissima e strizzata in abitini dai colori sobri; lui più informale nel look e nel portamento. E l’ex-gladiatore del grande schermo non rinuncia al suo tocco ironico: con pennarello autografa l’obiettivo di una videocamera. Facendo la fortuna dell’operatore, il cui servizio s’è poi rivelato una chicca d’originalità.
Il vero tocco di classe lo da Madame Isabelle Huppert, strepitosa protagonista del difficile e bel film di Patrice Cheréau, Gabrielle. Per lei tanti applausi meritati.


6 settembre, martedì
La situazione sembra aver preso una brutta piega, per quel che riguarda gli ospiti: le defezioni continuano. Disertano il Festival due delle dive annunciate e più attese: Juliette Binoche, protagonista del controverso Mary di Abel Ferrara, e Kate Winslet, parte del cast dell’esilarante Romance and Cigarettes di John Turturro. Per quest’ultimo sono al Lido James Gandolfini e Susan Sarandon. Il primo è oversize come sullo schermo, la seconda regala il bis con un’interpretazione di forza e intensità sublimi. Insieme al loro regista, se la ridono tutti. Tranne Joel Coen, in Mostra con l’inseparabile fratello Ethan in veste di produttore, che lancia sguardi irritato con espressione imbronciata.
Primo illustre passaggio nostrano in concorso: Margherita Buy è protagonista de I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza, al fianco di Luca Zingaretti. Peccato che contro il film si scateni un tremendo uragano di fischi e dissensi. La Buy è stordita, Faenza offeso. E l’esordio del cinema italiano alla 62^ Mostra non va come molti avevano sperato.


7 settembre, mercoledì
Magia e poesia dark incantano le platee, facendo dimenticare la fatica degli ultimi giorni che inizia a farsi sentire: La sposa cadavere di Mike Johnson e Tim Burton fa il suo passaggio in laguna fuori concorso; un gioiellino in stop-motion somigliante al precedente capolavoro della coppia di registi, Nightmare before Christmas. Sono da applauso le voci dei personaggi animati, da Johnny Depp a Emily Watson fino ad Albert Finney e Christopher Lee; ma l’unica ad accompagnare il film alla Mostra è la britannica Helena Bonham Carter, voce della protagonista femminile (la sposa cadavere, appunto) che sacrifica charme e sex-appeal sotto una chioma insolitamente bionda e un look piuttosto dimesso. Per lei è garantito in ogni caso il dieci e lode, ma non solo: aggiungiamo di nostro una composizione floreale elegante e vagamente dark adorna di nastro bianco – rimando alla sposa cinematografica –. Helena ringrazia, e all’ingresso della conferenza stampa mostra compiaciuta il nostro omaggio al direttore Marco Müller.
Ma come ogni Festival che si rispetti Venezia vuole l’impegno. Ed eccolo: questa volta si chiama Vers le sud, è diretto da Laurent Cantet e interpretato fra gli altri dall’assai brava Charlotte Rampling. L’argomento? Il turismo sessuale a Haiti, visto dall’ottica di tre mature europee in vacanza tragicamente invaghite di giovani gigolò autoctoni.


8 settembre, giovedì
Italia, secondo round. Scende in campo un altro film che gioca in casa, La bestia nel cuore di Cristina Comencini. A sostenerlo c’è un cast al completo, che annovera i nomi di Giovanna Mezzogiorno, Alessio Boni, Stefania Rocca, Angela Finocchiaro e Luigi LoCascio. RaiCinema teme un nuovo linciaggio critico, e a quanto pare corre ai ripari: s’è parlato di accesso alle proiezioni super-selezionato. Quel mattino noi eravamo alla replica mattutina di Vers le sud, ma s’è saputo che alla proiezione per la stampa la sala era semi-vuota, e che una lunga coda di Accrediti Cinema s’è vista chiudere le porte in faccia.






9 settembre, venerdì
Piove, piove sul nostro amor. Il nostro amore è in questo caso il bellissimo The Constant Gardener di Fernando Meirelles, una storia a metà fra il sentimentale e il thriller superbamente interpretata da Ralph Fiennes, affiancato da Rachel Weisz. La mattina, durante la conferenza stampa, si scatena l’uragano: al PhotoCall il vento gioca brutti scherzi alla gonna della Weisz. Fiennes, in camicia rosso rubino, è disorientato dall’inclemenza del tempo e dalla pressione mediatica, ma su di lui si riversa l’incontenibile entusiasmo dei fan, incuranti della pioggia battente. Potevamo mancare? Assolutamente no: a lui gli ultimi fiori di Quelliche…il cinema, un fascio di rose bianche che accompagna i nostri complimenti.
Esce il sole nel pomeriggio a illuminare la consegna del primo Leone d’oro alla carriera al mago del cinema d’animazione giapponese, Hayao Miyazaki.
La sera proiezioni di gala super affollate. Salutata dai fan in festa la delegazione de La seconda notte di nozze di Pupi Avati: accanto al regista, gli interpreti Neri Marcorè, Antonio Albanese e Katia Ricciarelli (che riceve grandi lodi per il suo esordio cinematografico); fra i comprimari presenti c’è anche Angela Luce. Per tutti strepiti e delirio; fioccano gli autografi. Al pubblico accalcato davanti alla passerella, la Ricciarelli fra un autografo e l’altro dice: “Devo andare, mi spiace… altrimenti di questo passo mi chiudono fuori!”
Alle 21.45 il fascino raddoppia, questa volta in veste internazionale: valanga di flash su Fiennes e la Weisz, che si scambiano tenere effusioni sul red carpet per la proiezione ufficiale del film di Meirelles.




10 settembre, sabato
La stampa internazionale fa i bagagli e leva le tende, pronta a prendere il volo per il Festival di Toronto. La Mostra è finita, non si attende che il verdetto. La giuria esce da una notte di poco sonno e tanto discutere.
Fra i nostri preferiti, il film di Clooney, quello di Ang Lee e quello di Meirelles, su cui scommettiamo nei nostri comizi fra una proiezione e l’altra. E a ragione. Nel pomeriggio ci arrivano le prime soffiate: Ang Lee è tornato in laguna. Qualche ora dopo veniamo a sapere che Brokeback Mountain ha vinto il Leone d’oro. Anche Clooney è di nuovo al Lido: Good Night, and Good Luck fa bis con l’Osella d’oro per la sceneggiatura e la Coppa Volpi al protagonista David Strathairn.
Sorpresa per il Premio della giuria a Ferrara, delusione per lo scandaloso ignorare The Constant Gardener, cui la Coppa Volpi alla prova di Ralph Fiennes sarebbe stata a pennello (e confesso che il mio premio sarebbe andato proprio a lui).
Siccome la Coppa Volpi per l’interpretazione femminile va a Giovanna Mezzogiorno per La bestia nel cuore, a Isabelle Huppert la giuria assegna un Leone d’oro speciale per il contributo artistico dato al cinema con Gabrielle: si tratta di un premio straordinario che il regolamento prevede, ma non viene consegnato da circa un ventennio.
Stefania Sandrelli, radiosa e sorridente, ritira dalle mani della figlia Amanda il Leone d’oro alla carriera. Peccato che la platea assopita di Palazzo del cinema le tributi un applauso poco convinto.
Alla conferenza stampa dei vincitori Clooney la butta sull’impegnato, e con un film contro la censura nel giornalismo non poteva essere altrimenti; la vittoria l’ha rinvigorito, scherza e ammicca ancor più del solito. Mentre Madame Huppert, candida e lucente di bianco vestita, sorride. Qualcuno al microfono chiede al presidente della giuria Dante Ferretti se quel Leone speciale alla protagonista di Gabrielle non sia stato un compromesso: “E’ perché alla fine dei conti la più brava è stata la signora Huppert?”. E si solleva un mormorio che parla da solo. Qualche espertone presente in sala conferenza stampa ci sussurra all’orecchio: “Questa storia del Leone speciale suona come una barzelletta…”.
Noi non lo sappiamo. Ma fra le immagini che porto con me dopo questa 62^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ci sono anche queste. La vittoria del cinema impegnato, con Ang Lee e George Clooney. E ovviamente Madame Isabelle Huppert che se la ride serafica, commentando: “Un premio è sempre una buona notizia…”.

Alessandro Bizzotto e

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Settimanale di informazione cinematografica - Direttore responsabile: Ottavia Da Re
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