La Parigi di Eleonora

Quelliche…ilcinema incontra Eleonora Abbagnato. Già bambina prodigio e oggi Prima ballerina all’Opéra di Parigi, ci ha parlato di sé, del suo lavoro e della sua vita in uno dei teatri più celebri del pianeta




Mi presentano Eleonora Abbagnato alla stage-door del teatro filarmonico di Verona. Lei ha appena ballato l'ultima matinée della Bella Addormentata accanto a Friedemann Vogel, Principal dello Stuttgart Ballet. È minuta, l'atteggiamento è singolarmente pacato; ma lo sguardo lascia intravedere, dietro la gentilezza amichevole, un carattere di ferro.
Italiana di nascita e parigina d'adozione, dopo gli anni della rigorosa disciplina all'École de danse dell'Opéra di Parigi è oggi l'unica italiana a detenere il titolo di Première danseuse - Prima ballerina - fra le file del tempio musicale francese (con lei solo Alessio Carbone, Primo ballerino).
Ci diamo appuntamento nella hall del suo hotel, poco prima di cena. Se è stanca, dopo lo spettacolo, non lo dimostra; l'abbigliamento informale e i capelli raccolti, Eleonora sa parlare con distesa loquacità, meditando le risposte, sbilanciandosi solo dove pensa ne valga la pena.


Iniziamo con qualcosa di originalissimo… i tuoi inizi e l’arrivo a Parigi…
Sono nata a Palermo, come sai, e ho avuto il primo approccio alla danza in una scuola privata; la scuola si trovata dietro il negozio di abbigliamento di mia mamma… In negozio faceva un po’ freddo, a volte; per questo capitava che mia mamma mi lasciasse dalla titolare di questa scuola di danza, che era sua amica. Ricordo che stavo ore e ore a guardare le bimbe fare lezione. Poi, a quattro anni, sono stata reclutata come allieva, prendendo parte anche al saggio. A dodici anni sono andata a studiare a Montecarlo, dalla Bresobrasova. Ho incontrato Roland Petit a Palermo: metteva in scena al Teatro Massimo la sua versione della Bella Addormentata, e mi volle per il ruolo di Aurora bambina. Ho trascorso un periodo sotto la sua guida, andando in tournée con la sua compagnia; poi ho passato un anno a Cannes. Fra le mie esperienze estive c’è stato uno stage a Venezia con Claude Bessy, che dirigeva la scuola dell’Opéra di Parigi: sono così stata ammessa all’École de danse parigina nel 1992, per diplomarmi nel 1996. Fra le dieci diplomate di quell’anno siamo state prese in compagnia in due… e mi sono trovata sempre ad essere l’unica italiana! Ogni anno all’Opéra, a dicembre, si fa un concorso per passare di livello, da corpo di ballo in su… Sono stata promossa prima ballerina nel 2001.

È vero che da bambina non avevi un fisico adatto alla professione di ballerina…?
… sì, e ancora adesso non ho le tipiche linee…

… e che con gli spilli ti pungevano per farti mantenere la postura?
Sì, nel sedere… è vero. A scuola sono molto duri. Ero una bambina prodigio in Italia, ma arrivando all’Opéra mi sono resa conto di dover iniziare nuovamente gli studi, quasi da zero. Le basi erano completamente diverse, così come lo stile… la perfezione delle quinte, o del basso della gamba, molto lavorato… All’inizio ero lì e facevo le cose un po’ alla russa… Davvero, ho praticamente iniziato di nuovo, da capo.

È stato duro l’impatto col mondo di Parigi?
Credo sia più duro adesso. Quando sei bambina non ti rendi conto… sapevo solo d’avere la fortuna di essere in un teatro come l’Opéra di Parigi. E adesso so quanto sono fortunata ad essere in una compagnia simile, in cui le cose funzionano in un certo modo… ma non è facile. Tanto per iniziare sono l’unica straniera. Quando sono arrivata dalla scuola ero l’unica italiana…

A Parigi sono quasi tutti francesi in effetti… contrariamente a molte altre compagnie nel mondo, più variegate sotto il profilo delle nazionalità.
Saremo sei o sette stranieri, all’Opéra, su centocinquantotto elementi. Tutti francesi… c’è solo José Martinez, fra i nomi più importanti, che è spagnolo, e Alessio Carbone…

E quanto al repertorio di Parigi invece?
Quanto al repertorio classico, facciamo quasi solo Nureyev… stile e metodo di lavoro, quindi, decisamente particolari. Non puoi permetterti di ballare Nureyev senza provare e lavorare: siamo abituati a provare anche dieci ore al giorno non stop. Il rigore della scuola francese non è facile da trovare in altri teatri, inclusi quelli italiani. È anche il modo di lavorare ad essere diverso: all’Opéra non ci limitiamo a lavorare tanto, abbiamo soprattutto metodi particolari… persone che ci fanno rifare i movimenti migliaia di volte perché siano perfetti. In scena si vede se dietro la performance c’è del lavoro, e quanto ce n’è… A Parigi non ci capita mai di essere stanchi in palcoscenico, di non essere pronti… anche a livello mentale. A monte c’è davvero un lavoro diverso.

E i tuoi ruoli di repertorio…? Hai ballato Odette/Odile…
Sì, poco tempo fa…

… Gamzatti…
… Gamzatti la odio… è molto tecnica. Ti cito Kitri in Don Chisciotte, mi sono sentita molto adatta alla parte; quel ruolo trasmette un’energia stupenda, dall’inizio alla fine dello spettacolo. Mi è piaciuto molto ballare Schiaccianoci… è molto particolare.

A Parigi non avete partner fissi, vero?
No, cambiano spesso. Ci sono poche coppie fisse… Manuel Legris e Aurélie Dupont, o José Martinez e Agnès Letestu… Quanto a me, ballo a volte con Nicolas Le Riche, altre volte con Manuel. Ma cambio spesso, ed è molto bello anche per questo… facendo esperienze diverse. Nel contemporaneo mi trovo spesso con Jérémie Bélingard. Poi Benjamin Pech, con cui ballo in questa stagione La dama delle camelie; danziamo spesso insieme… Il lago l’ho fatto con lui, ad esempio.

Parliamo invece del moderno… ne avete fatto parecchio ultimamente.
Sì, tantissimo. C’è stata la Serata Forsythe, ad esempio, con Approximate Sonata, The Vertiginous Thrill of Exactitude e Artifact Suite. Poi Bella Figura di Kylián…

… e una nuova creazione di Abou Lagraa.
… esatto, un lavoro nuovo e un po’ strano. Quel trittico è stato comunque bello grazie al pezzo di Kylián…

Qual è il tuo approccio al palcoscenico?
Non sembra, ma spesso sono tesa… Credo sia normale, no? Soprattutto in occasione di un debutto… oppure quando torno in Italia.

C’è chi dice di andare in scena tranquillissimo…
Non ci credo… non ci crederò mai! Ci si può abituare… se hai iniziato a ricoprire ruoli principali a diciott’anni, come Manuel, e sono vent’anni che vai in scena, il discorso può cambiare, anche per un discorso di maggiore fiducia in se stessi. Ma dipende sempre dalla situazione, non si può generalizzare. La prima volta che ho ballato Schiaccianoci con Manuel, ad esempio, nell’arabesque iniziale del passo a due il primo a scendere è stato lui, tanto era teso… anche per me! Lui è generosissimo, è un grande aiuto per i ballerini più giovani.

Hai mai pensato di cambiare compagnia?
No. All’Opèra faccio una sessantina di spettacolo all’anno… e quando posso uscire come guest, lo faccio. Abbiamo un sacco di creazioni nuove, si sono fermati da noi Kylián, Forsythe…

È un problema che accusano molte compagnie, quello di uno scarso rinnovamento del repertorio… qualcuno ne parlava anche per il Royal Ballet, che pure ha un repertorio molto ampio…
Sì, ma non è come il nostro. Lì fanno Ashton, Ashton…

… beh, Ashton è bellissimo.
Sì, ma non se fai solo quello. Non ti parlo solo dei grandi classici… non tanto di Nureyev, ad esempio. Fra i grandi classici, preferirei fare il Romeo e Giulietta di MacMillan piuttosto che quello di Nureyev. Il mio discorso è più generale, a livello di compagnia… Pina Bausch non si muove mai dalla sua, ed è venuta a lavorare solo all’Opéra. Kylián ci propone ogni anno qualche pezzo nuovo, Forsythe si è fermato un mese, Preljocaj ha fatto una nuova creazione per me e Marie-Agnès Gillot… Ogni incontro con un coreografo nuovo è un’esperienza stimolante.

Hai trovato la compagnia perfetta, allora…
In un certo senso sì. Anche se la prima cosa che posso augurarmi è essenzialmente di essere felice… Il lavoro è importantissimo, ma non è mai fine a se stesso. Anche perché credo che oggi ci siano meno étoile capaci di riflettere davvero l’immagine dell’Opéra… non è più come una volta. Negli anni passati ce n’erano molte di più da ammirare…

… beh, a me Aurélie Dupont piace!
Certo… non parlo di Aurélie o di Marie-Agnès, né di Agnès Letestu… loro sono ottime ballerine!



* * *


Nelle immagini, dall'alto, Eleonora Abbagnato in un ritratto (Marco Glaviano), in Le Parc di Preljocaj (Sebastien Mathé), in Don Chisciotte di Nureyev (Thierry Mongne), in The Vertiginous Thrill of Exactitude di Forsythe (Jacques Moatti).


* * *


Intervista a cura di: Alessandro Bizzotto


home news Ciak! Si gira... interviste festival schede film recensioni fotogallery vignette link scrivici ringraziamenti credits

Settimanale di informazione cinematografica - Direttore responsabile: Ottavia Da Re
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Venezia n. 1514/05 del 28 luglio 2005
Copyright © www.quellicheilcinema.com. Tutti i diritti sui testi e sulle immagini sono riservati - All rights reserved.