
Verdone vs Muccino: il mio miglior nemico
Abbiamo incontrato Carlo Verdone al Cinecity Multiplex di Padova che con Silvio Muccino ci ha parlato del suo ultimo film “Il mio miglior nemico”.
Una “commedia di emozioni”, come l’ha definita il produttore Luigi De Laurentiis, un tragicommedia di grande impegno per il regista romano che prende subito le distanze da In viaggio con papà e da quello che per tanti anni è stato considerato un padre artistico, tanto amato quanto a volte scomodo, male interpretato nella sua popolarità, per intraprendere un‘altra strada, meno convenzionale forse, più "on the road", sicuramente, in cui ritrovare la propria identità. Cercando un altro "vitellone", tentando di domare un “cavallo pazzo”, come Silvio Muccino che gli ha stravolto la vita, in scena come nella realtà. Trovando alla fine un amico. E chi trova un amico, si sa, a volte trova un tesoro, altre volte un film. O tutte e due…
Il soggetto
Carlo Verdone - Inizialmente non era previsto Silvio Muccino, e quando abbiamo proposto il progetto che avevamo in mente a De Laurentiis lui ci ha chiesto di lavorare a qualcosa di più dinamico. Abbiamo iniziato ad elaborarlo, cercando queste caratteristiche, ma in quelmomento ci siamo resi conto che dovevamo cercare un attore di un certo tipo, ma avevamo ancora un’idea astratta su chi poteva essere il protagonista. Ad un certo punto il nostro interesse è caduto su Silvio Muccino, che ci è apparso subito un’ottima scelta, condivisa dai produttori. Quando ci siamo visti con Silvio (che ha collaborato alla stesura della sceneggiatura ndr) già dalle prime chiacchierate è emersa la voglia di tutti e due, forse proprio perché lui è un attore già conosciuto e in ascesa, di evitare di concentrarci troppo su una storia padre-figlio, per cercare di allontanare l’idea di In viaggio con papà.
Non volevo che poi il pubblico facesse un parallelismo con quella commedia che è stato un bel ricordo per me che però non ritengo sicuramente il miglior film di Sordi né il mio miglior film: è stato un incontro felice, simpatico affettuoso…il film andò benissimo al botteghino…ci sono molti momenti divertenti ma alla fine è la storia di un figlio che rovina un week end d’amore al padre, un soggetto abbastanza anni ‘60 girato negli anni ’80.
Invece noi ci siamo detti “prendiamo la strada più difficile, cerchiamo di non essere padre e figlio ma forse di diventarlo nel proseguo della storia e di iniziare in una maniera inconsueta”.
Allora ho suggerito a Silvio un’idea, quella di un plot iniziale che potesse far nascere subito uno scontro subito tra questi due personaggi, tra un ragazzo proletario di vent’anni e un perbenista borghese di cinquant’anni, ricco, proprietario di una catena di alberghi che appartengono in realtà alla moglie, con una vita agiata e abbastanza ipocrita, che ha qualche scheletro nell’armadio.
Per innescare questo scontro ho pensato ad una situazione che portasse ad un conflitto, come il licenziamento di una donna sospettata di aver sottratto un computer, che è in realtà la madre di Orfeo/Muccino. Il figlio poi, convinto dell’innocenza della madre, verrà da me con un tono molto arrogante chiedendo di riassumerla, mentre io le darò della psicopatica davanti a tutti in una specie di processo pubblico, da qui inizierà lo scontro tra i protagonisti. A quel punto Orfeo inizia a seguirmi per scoprire se nella mia vita c’è qualcosa che vale la pena di essere denunciato davanti a tutti per farmi del male e ci riuscirà.
E così, mentre io a Sordi rovinavo solo un week end d’amore lui a me distrugge letteralmente la vita…
A quel punto lo scontro generazionale diventa molto violento, nella prima parte anche fisico. Chiaramente nel film il divertimento non manca perché è una commedia, però attenzione, è una “tragicommedia”, un film dove la difficoltà maggiore da parte mia e degli sceneggiatori e di tutti gli attori è stata quella di scivolare lentamente ora dalla parte comica a quella meno comica del film, per andare alla parte drammatica e poi salire verso un tono brillante, riprendendo quello comico… c’è da dire che eravamo aiutati da un buon copione che aveva tutti questi scarti scritti con una certa abilità e maestria. La faccia poi a quel punto deve diventare una maschera comica e tragica, allo stesso tempo, quindi ci siamo concentrati molto su questo aspetto.
Lo sforzo che sta dietro “Il mio miglior nemico”
Carlo Verdone - Il film è stato molto faticoso, perché ha avuto la bellezza di 133 scene, tantissime per una commedia, così come sono state tante le location: siamo partiti da Roma, poi siamo passati a Sabaudia, poi siamo andati sul Lago di Como, a Ginevra, a Istanbul...nella seconda parte è molto on the road. Alla fine Orfeo dopo avermi distrutto la vita, la famiglia, il lavoro, la stima di mia figlia distruggerà anche se stesso. Orfeo è un ragazzo che ha un rapporto molto particolare con la madre, è lui l’ometto di casa perché la madre l’ha avuto a 17 anni durante un sabato sera d’amore con un uomo che poi è sparito e che rincontreremo nel film, in una delle scene più belle e drammatiche di Il mio miglior nemico…
Il mio miglior nemico è un film abbastanza impegnativo, pieno momenti brillanti e drammatici.
Credo sia anche un film che va a scavare sul rapporto generazionale, padre-figlio, anche se Orfeo non è mio figlio. Lo è forse perché lui ha rapporto molto particolare con la madre così come io ho un rapporto particolare con mia figlia e forse perché alla fine il film me lo fa assumere un po’ come un “figlio” questo ragazzo che tanto odio e disprezzo. E in quel momento il fatto di aver subito quelle umiliazioni e di aver perso tutto mi dà la forza di ricostruire la mia vita e di riappropriarmi di quei valori, nel rapporto con mia figlia, importanti.
Quindi posso definirlo un film pieno di sentimenti, tragicomico con un occhio particolare sugli incontri e gli scontri tra generazioni diverse che scandaglia abbastanza bene i rapporto padre-figlio Con una finale che mi auguro “alla Verdone”, però con una luce di speranza, una bella immagine. Se poi noterete cosa c’è dietro la mia faccia nell’inquadratura finale…un’immagine alla quale tengo moltissimo, perché ci sono due elementi importanti e se il pubblico riuscirà a coglierli sarò molto contento…è stata una scelta abbastanza particolare quella che ho fatto.
Sono contento di come è stato accolto il film in tutta Italia, dove lo sto presentando girando il paese in lungo e in largo. Non potevo mancare qui in Veneto dove il pubblico è particolarmente esigente e quando gli dai una commedia italiana gli devo dare devi dare qualcosa di sostanzioso, se no le preferenze vanno al cinema americano. Noi in questo senso abbiamo fatto un grande sforzo, sapendo anche che Manuale d’amore (prodotto anch’esso da De Laurentiis ndr) è stato venduto in molti paesi…
Luigi De Laurentiis - in 15 paesi… - interviene il produttore - Questo film lo chiamerei la “commedia delle emozioni”. Viaggiando in giro per l’Italia, quello che abbiamo potuto vedere e riscontrare, quando ci richiamavano in sala alla fine di ogni proiezione era un applauso molto lungo e appassionato. E credo sia dato dal fatto che il film ha tanto emozioni. Molti hanno parlato di due film in uno, perché si piange e si ride, e ci s’innamora allo stesso tempo.
Il film è stato molto impegnativo durante le riprese
Carlo Verdone - Io mi sono molto affaticato per fare questo film, l’ho scritto nel mio sito, l’ho detto alla stampa...Cambiavo due set ogni giorno. Abbiamo girato in autunno, con l’inverno che avanzava, a Ginevra abbiamo girato a meno 4, meno 5. Pensavamo di trovare un clima più mite a Istanbul, macché, ‘na tempesta de neve…
È stata una cosa terribile. Col rischio ad esempio di non vedere le moschee, un rischio continuo, capitando in un momento difficile. Però alla fine abbiamo superato tutti gli ostacoli, anche se fisicamente è stata dura…
La cosa "migliore" de “Il mio miglior nemico”…
Carlo Verdone - La parte più bella del film è stata sicuramente il rapporto che ho avuto con Silvio, questo ragazzo che è veramente un “ragazzo speciale”. Un pazzo, secondo me nella vita privata, un “cavallone” che sfascia tutto, rompe tutto. Quando veniva a sceneggiare a casa mia, me rompeva tutto me dava le ditate contro i cristalli, prendeva la bresaola con le mani, buttava le briciole per terra, i divani bruciato, un casino. Però, al momento di lavorare, una disciplina, una concentrazione e una voglia di lavorare come pochi e allora io mi son sentito in obbligo, soprattutto verso un attore più giovane, di seguirlo come un angelo custode…
Perché a me piace molto fare il regista, lo sapete bene. L’ho voluto seguire bene perché in qualche modo avevo in mano la carriera di un ragazzo di 23 anni e volevo, anche se ormai sono convinto che l’abbia fatto bene, che facesse questo film nel migliore dei modi.
Lui mi ha seguito in tutto e per tutto, ha imparato molto però anch’io ho ricevuto da lui tanta energia positiva, tanta creatività, e questo mi ha fatto molto bene.
Quando c’è la possibilità di avere questi scambi tra generazioni diverse, nei film, se i ragazzi sono un po’ come lui, creativi, positivi (come con Beppe Fiorello in C’era un cinese in coma ndr), anch’io traggo tanta energia, tanta benzina che mi manda avanti. E io do a loro tutta l’esperienza che ho.
Non è un film autobiografico
Carlo Verdone - Fortunatamente non c’è niente di me in questo film. Non sono un borghese ipocrita, sì sono un borghese perché vengo da una famiglia così, ma non ho comportamenti ipocriti, ho un attimo rapporto con i miei figli che sono la mia unica ragione di vita. Ho solo interpretato questo personaggio, però una cosa “personale” l’ho fatta e sono molto orgoglioso di averla fatta. L’immagine finale del film riprende una fotografia che io ho fatto con mia figlia nello stesso luogo.
Ero talmente contento di aver fatto quella foto con lei che per l’immagine finale sono andato a ripescare lo stesso identico scorcio ed è venuta uguale. In qualche modo, chi lo sa, inconsciamente o meno, è stato anche un po’ un omaggio a mia figlia Giulia.
Le figure femminili del film…
Carlo Verdone - L’attrice che interpreta mia figlia l’ho scelta dopo un solo provino. Ho chiesto al casting di convocarla, lui mi ha detto che era rumena e la cosa mi aveva un po’ preoccupato, ma poi ho saputo che era dall’età di sette anni che stava in Italia, mi ha fatto vedere un provino filmato e mi è piaciuta immediatamente. Si chiama Ana Caterina Moriaru e credo che avrà successo e vi piacerà. Ha una bellezza acqua e sapone, ed è molto brava, molto intensa, viene dal Centro Sperimentale di Cinematografia. Poi mia moglie è interpretata da Agnese Nano, la madre di Muccino è una bravissima attrice di teatro, Sara Bertelà, poi abbiamo un'altra rumena che fa la parte di mia cognata. Ed infine abbiamo la fidanzatina di Orfeo che ha un ruolo piccolino, ed è slovena. Come vedete tante attrici, tante aree culturali diverse che si stanno integrando perfettamente nel cinema italiano. Però le ho scelte proprio perché mi piacevano e mi convincevano tutte allo stesso modo. Ho fatto il provino anche alla Bertelà, anche se sapevo che era brava. Vedrete un bel cast, anche se il film è stretto tra me e lui, però il contorno si muove bene, molto bene.
L’arte di improvvisare…
Una cosa di cui sono stato molto contento. In questo film per la prima volta non ho provato quasi mai prima di andare in scena. Solo la prima settimana, per far star tranquillo Silvio e gli altri attori, prendevo le posizioni, dicevo a mezza bocca le battute per aiutare il direttore della fotografia (Danilo Desideri ndr) , il fonico ecc. però volevo che ci fosse più improvvisazione, che fosse buono il primo ciak.
Mi sono reso conto che i miei ciak migliori son sempre i primi, quindi più vado avanti con le prove e più sono meccanici. Allora questa volta mi sono proprio lanciato in quello che mi veniva lì al momento. Questo significa tra l’altro che uno è tranquillo, sereno, più sicuro, concentrato sul lavoro. Ed era divertente vedere come il mio corpo spesso se ne andasse per conto suo…ogni tanto veniva fuori una gestualità che magari in prova non mi sarebbe mai venuta. Mi sono sorpreso spesso sul set di andare al “controllo” e vedere delle scene che mi hanno proprio stupito.
Per cui anche a Silvio a metà lavorazione ho detto “Senti Silvio, me fai ‘na cortesia, comincia a non provare pure te. Vedo che il personaggio ce l’hai dentro, se poi c’è qualcosa che non va la rifacciamo…però non prova’...”
Perché lui è pam, pam pam…Comincia una settimana prima, sta sulla scena un sacco di tempo...“Se fai così alla fine ti sfianchi, perdi tutta l’energia, ti carichi in maniera disumana, vai con più scioltezza, sii più sicuro dei tuoi mezzi…”.
Io mi sono molto concentrato sulla gestualità delle mani. Un attore quando è bravo lo vedo subito da come si muove…Ma eccolo!! - Esplode Verdone…
Eccolo "cavallo pazzo" Silvio Muccino. Irrompe nella conferenza stampa in ritardo per colpa del suo aereo, con l’aria stanca e un po’ svogliata di chi è in turnée da un po’ ma con lo stesso argento vivo appena descritto da Verdone e che contagia tutti, compreso il suo amicone “mentore” con cui inizia subito a scherzare, confabulando e prendendosi in giro…
Verdone - Mi meraviglio di vederti ancora in piedi.
Muccino - E pure io mi meraviglio di essere ancora in piedi…
Verdone - L’ho lasciato ieri sera a mezzanotte a Torino e gli ho detto “Vattene a dormi' che domani te devi sveglia' alle cinque…eccolo qua…”
Muccino - Ciao a tutti!
Verdone - Guarda che ti sto facendo un panegirico…
Muccino - Ma grande!
Verdone - Parla va…
Muccino - Parlo io allora…
Tra “Don Chisciotte”, “Kill Bill” e “I vitelloni”…
Silvio Muccino - Innanzitutto devo dire una cosa, che Carlo Verdone m’ha dato molto coraggio. E’ stato lui a spronarmi verso una direzione diversa da quella che avevo preso fino ad ora. Credo che vedrete un altro Muccino in questo film. Carlo ha lavorato su di me dandomi delle direzioni sempre precisissime, facendomi studiare…mi ha spinto ad osare moltissimo. Non soltanto quindi un’interpretazione in cui fisicamente mi pongo in modo diverso, ma mi pongo diversamente soprattutto nelle piccole cose… nella sceneggiatura Carlo ha molto insistito che io portassi e scrivessi molto del mio mondo altrimenti sarebbe stato difficile e meno credibile uno scontro generazionale se io non potevo portare dentro delle esperienze che sono quelle di un ventenne. Quindi già dalla sceneggiatura io e Carlo abbiamo pensato subito di creare un’osmosi tra le sue esperienze, i suoi film, i suoi personaggi, quello che Carlo sa raccontare e quello che io potevo portare. Orfeo è comunque un personaggio, anche se è totalmente lontano dalla mia esperienza personale, che ho raccontato e che conosco molto bene.
Poi Carlo mi ha seguito come un padre. Fin dall’inizio, facendomi studiare il Sordi dei Vitelloni perché un pocchettino questo personaggio lo può ricordare, per due aspetti. Primo perché vive anche lui in un “finto cinismo”, secondo perché ha un legame a doppio filo con la madre, una madre assolutamente instabile e che quindi è un peso che grava sulle spalle di questo ragazzo. L’unica cosa che abbiamo mantenuto, a livello personale, per una mia esigenza, è stata la volontà di approfondire le fragilità di questo ragazzo che è un po’ un filo conduttore, un filo rosso di tutti i personaggi che ho interpretato finora: le fragilità in generale. Fragilità che a 16 anni vengono manifestate e si raccontano come goffaggine, come incertezza…come lo sfigato con la “zeppola”…piano piano la “zeppola” se n’è andata ma le fragilità no.
E le fragilità quando cresci diventano grandi, e quelle di una ragazzo che non ha mai conosciuto il padre e che vive alla giornata, con una madre incapace di vivere da sola, si traducono in questo caso in una grandissima aggressività che si focalizza esclusivamente contro Achille che diventa il bersaglio prescelto perché Orfeo è un ragazzo che non ha niente nella vita e quando trova una persona come Achille che invece incarna il benessere, il successo, ma anche l’ipocrisia, siamo tra Don Chisciotte e Kill Bill…
Orfeo si scatena contro quest’uomo che poi però dopo averlo distrutto, dopo avergli tolto tutta la sovrastruttura, arrivando all’uomo nudo e puro, ed essersi distrutto a sua volta, diventando a sua volta una persona priva di ogni sovrastruttura, a quel punto si riconoscerà in lui e piano piano il nemico che incarnava tutti i suoi fantasmi si trasforma in una sorta di figura paterna.
Quindi il film racconta un percorso attraverso questa guerra tra nemici, da uno “scontro” generazionale, all’”incontro” tra un possibile padre e un possibile figlio…
Beh, ho detto tutto... - sospira lievemente.
Ma non dite che ricorda “In viaggio con papà”…
Carlo Verdone - Non ha niente di quel film. Abbiamo voluto proprio evitare ogni parallelismo. Ma non perché io ce l’abbia con quel film. Lo amo moltissimo, mi ha fatto conoscere un attore che mi ha fatto amare il cinema, un carissimo amico, un attore che ho stimato tanto soprattutto per i film in bianco e nero, soprattutto per quelli. Però In viaggio con papà era il classico commedia anni ’60, girato nell’82. Non c’era una trama vera e propria. Era un film di tenerezza,la tenerezza di un padre verso il figlio giuggiolone…
Questo è un film che è invece molto più profondo, più attuale, con dei problemi reali, in cui non c’è bisogno di battute. Noi facciamo ridere con la gestualità, con il cambio di ritmo dei dialoghi, dei tempi di recitazione, l’espressione facciale, mimica, anche nei silenzi. Però è tutto di fioretto…
Muccino - Ma fin dalla scrittura siamo partiti prendendo le distanze da quel film…
Verdone – Infatti non c’è assolutamente nessun legame. Se vogliamo dire che il rapporto c’è tra Sordi e me e quello di Verdone nei confronti di Silvio Muccino, anche qua è diverso.
Sì, io sono molto più grande di lui però alla fine abbiamo tanti gusti in comune, ci capiamo al volo. Una volta a Sordi mi venne in mente, durante in una scena per quel film, povero pazzo io, di dirgli “Albe’ prendi The Rhythm of The Heat di Peter Gabriel per questa scena, cerca di fare una cosa moderna”, e lui me fa “io sento tutti ‘sti tamburi…ma che vor dì, questo…”. Un pezzo meraviglioso me l’ha definito così. E’ un’altra storia, insomma…
Io e Silvio abbiamo tanti gusti in comune, musicali, cinematografici, pittorici…
Muccino - Me porta ai concerti Verdone a me…
Verdone – Ci scambiamo musica condividiamo molto, anche se c’è una differenza d’età. Però devo dire che Sordi mi ha protetto molto in quel film, è stato molto onesto “m’ha tenuto tutto, m’ha tagliato poco. E anch’io Silvio, l’ho tenuto tutto, tagliato poco ma soprattutto l’ho seguito tanto…”
Ho cercato di fare il massimo con lui e credo francamente d’averlo fatto. Giudicate voi.
Il rapporto con il Veneto
Carlo Verdone – Beh, io ho girato in provincia di Treviso a Castelfranco Veneto alcune scene importanti di Perdiamoci di Vista. Mi piacerebbe tornare. Sono molto legato al Veneto. Ho degli splendidi ricordi legati a questa terra, anche perché mio padre è stato dirigente della Mostra di Venezia durante gli anni ’50 quindi sono quei ricordi d’infanzia che ti rimangono nel cuore. Quando stai al Lido di Venezia e vedi tutti quei divi, sai che sono delle persone importanti, e le vedi così…li mitizzi, vedi tuo padre che sta in mezzo a loro pensi che sia importante.
Papà in realtà è sempre stato un intellettuale che ha scritto dei libri importanti ma non è stato mai un divo, una star. Però lo vedevo così. Oggi mi fa strano…Però certamente Venezia mi rimane nel cuore. Ci ho passato quattro o cinque estati, perché papà lavorava con Luigi Chiarini, con Domenico Meccoli…
I primi autografi li ho chiesti là…
Dopo molti anni sono tornato in Veneto per Perdiamoci di vista, e a Padova per Viaggi di nozze…scene un po’ veloci…
Però mi auguro di tornarci in futuro perché la provincia dà parecchi spunti. Oggi ad esempio venivo da Torino in macchina. Un paesaggio così inconsueto, per noi, per carità…
Però vedere queste industrie, queste pianure con una leggera nebbiolina, paesi che son così diversi dove c’è tutta un’altra vita…
A volte sento la pesantezza della città per tanti motivi, quindi non escludo che per il prossimo film possa uscire dalla grande città e affrontare meglio la provincia magari in un ruolo che non sia quello di un borghese, non lo so. Francamente però vorrei tanto tornarci, mi trovo bene e poi qui ho tanti amici…
Il ritorno in scena dopo una pausa di regia e l’esperienza di “Manuale d’amore”
Carlo Verdone - Il mio momento di pausa, in realtà, me lo sono preso dopo C’era un cinese in coma. Quello è stato un vero momento di pausa. Sono stato 2 anni in silenzio. Dopo averlo fatto ho capito che quel film era importantissimo per me perché se non avessi girato C’era un cinese in coma, che alla fine è stato il mio film di minor successo, certe cose oggi non le potrei fare. Là azzardavo una comicità un po’ cattiva che ora ritroviamo ne Il mio miglior nemico: perché questo film è una commedia abbastanza cattiva, eh? Non è mica tanto sdolcinata…è un po’ malinconica sì, ma c’è anche tutta una parte molto cattiva…
Là provavo una commedia cattiva, in modo diverso, dove si rideva poco, una comicità abbastanza cupa. Poi ognuno può dire la sua, mi piace, non mi piace…a me quel film non dispiace proprio per niente, però all’epoca ho sentito che il pubblico non m’era venuto incontro, allora mi son detto “sai che c’è di bello? La prossima battaglia non si deve perdere. E qual è il modo migliore per non perderla? Non combattere nessuna battaglia e starsene buoni a casa”…
Quindi per due anni sono stato a godermi la casa, i figli, mi sono fatto dei viaggi, però mai con la paura che il successo non sarebbe più tornato. Non è che il talento un bel giorno prende e se ne esce dalla finestra. Il talento se ne va quando uno entra in depressione. Se uno si deprime, non ha più contatti con la realtà, si stanca di questo lavoro, di osservare, allora sì son dolori…
Ma io no, ero sicurissimo di quello che stavo facendo. Mi sono fermato e quando mi son rimesso in gioco l’ho fatto con Ma che colpa abbiamo noi che era un film corale, quindi sono rientrato in punta di piedi. Sono andato ancora meglio con L’amore è eterno finché dura, poi Veronesi mi ha proposto di fare un episodio di Manuale d’amoredove c’era anche Silvio ed è avvenuto il nostro primo incontro. L’ho fatto e avete visto com’è andata: David, Nastri…
In questo momento sono sereno, tranquillo, sicuro e mi diverto. Non ho più quell’ansia, quella pesantezza di una volta e quindi forse le cose mi riescono anche meglio.
Solo dopo C’era un cinese in coma ho scelto di fermarmi un attimo. Però è con serenità che mi sono ritirato, non con angoscia. Quando il pubblico mi dirà “ci siamo stancati”…io “non mo faccio di’ du’ vorte”, me ne vado. Non voglio fare la figura patetica di quello che rifà i vecchi film pur di rimanere sulla cresta dell’onda. Non lo farò mai io. Già ringrazio Dio per quello che ho avuto. Fare questo lavoro da trent’anni già mi sembra una specie miracolo. Perché dopo Bianco, rosso e verdone mi ero dato uno o due film, non di più. E poi invece, è stata diversa la faccenda…
Lo stato del cinema italiano oggi, considerata anche la nomination agli Oscar del film della Comencini…
Carlo Verdone - Lo stato di salute del cinema italiano dipende un po’ da certe annate. Ci sono delle annate in cui escono quei quattro, cinque film importanti che risolvono la situazione per il rotto della cuffia. L’anno scorso se non c’era Manuale d’amore era un disastro per tutti quanti.
A marzo, quando è uscito, ha dato una boccata di ossigeno veramente grande, soprattutto agli esercenti, se no sarebbe stato un macello.
Quest’anno però la filmografia italiana è particolarmente ricca, c’è stata la Comencini, c’è stato Romanzo criminale di Placido, i film di Natale, c’è stato Benigni, anche se non è andato benissimo, ci saranno Virzì, Sorrentino, Moretti, quindi secondo me non dovrebbe andar male. Dipende dalle annate. Certamente il taglio alla cultura e al cinema che è stato fatto è una cosa veramente brutta perché si tarpano le ali alle nuove generazioni che devono uscire, ai nuovi progetti, ai nuovi produttori che vogliono azzardare qualcosa…
Vedete adesso in sala un film che sta andando bene Notte prima degli esami: un regista nuovo, attori emergenti, freschi. Insomma noi dobbiamo essere contenti che questi “outsiders” escano fuori. Certo questo è un film commerciale, se vogliamo, perché Notte prima degli esami appartiene un po’ a tutti quanti, ma è comunque una novità, con un produttore giovane.
Però i tagli rischiano di fregare altri, perché i futuri “Sorrentino” difficilmente verranno fuori se questa situazione resterà così. La cultura è l’orgoglio di un paese, la sua statura, se tu gli tagli i fondi lo deprimi. In questo momento campiamo di anno in anno. Però dovremmo essere più sostenuti, dal governo assolutamente. Più sostenuti anche nella nostra visibilità all’estero.
Ma insomma, noi compriamo tutto, compriamo pure Kiarostami, qualsiasi cosa, ma possibile che è tanto difficile mandare un nostro film in Francia? Ma perché? Perché loro si proteggono. Ma allora facciamo qualcosa anche noi, non è possibile…
Fortunatamente i De Laurentiis sono riusciti a vendere bene Manuale d’amore…adesso dobbiamo rifare per forza l’esempio di Manuale d’amore, però scusate, è l’unico film che è stato venduto in 15 paesi…
Luigi De Laurentiis - Bisogna dire che Manuale d’amore è un film che tratta temi universali,“le quattro fasi dell’amore” che hanno venduto ovunque, conquistando tutto il mondo. L’abbiamo portato in Spagna con grande successo, adesso tocca alla Francia e alla Germania che organizzerà un’uscita enorme investendo più di un milione e mezzo di euro nella campagna pubblicitaria.
In Italia i problemi sono tanti. Prima di tutto il governo che sicuramente tagliando i fondi per lo spettacolo non aiuta i giovani. Allo stesso tempo non ci sono abbastanza scuole per far crescere nuove leve. Infatti se si guarda al cinema italiano i film che incassano oltre i 5 milioni di euro sono per la maggior parte commedie, perché in Italia praticamente non esiste il film di genere, sono pochissimi gli esempi in questo senso. Quest’ultimo anno secondo me è stato interessante perché Romanzo criminale è un film di genere, che comunque ha incassato. In Italia 5 milioni di euro è un incasso enorme. Credetemi sotto i cinque milioni di euro sta la maggior parte degli incassi di tutti i film italiani in un anno. E Romanzo criminale è uno solo, ed è un film di genere.
Notte prima degli esami è un’altra commedia. Fa piacere vedere un film che incasserà tra i 7 e i gli 8 milioni di euro. Grandi cifre. Purtroppo però un film come Romanzo criminale è costato molto e difficilmente riuscirà a coprire le spese, quindi vedete che è un grande problema realizzare certi film in Italia. In Francia ad esempio ci sono il doppio degli spettatori che ci sono in Italia, solo che in Francia limitano l’entrata dei film americani all’anno, cosa che in Italia non si fa. Perché in Italia dobbiamo accettare qualsiasi film americano, preferendolo ad un film italiano? O ad un film come Il mio miglior nemico che comunque è l’evento della primavera perché esce da solo contro tutti. Un film che non ha nulla da invidiare agli americani, al livello comunicativo.
A volte gli esercenti non capiscono che in un cinema di 12 sale devono riuscire a far passare il trailer in tutte le 12 sale, perché questo è un film che porterà pubblico nelle loro sale. Ci sono tanti problemi in Itala, questo è un periodo altalenante. Per fortuna ci sono molti film in arrivo, anche se non so quanti riusciranno ad ottenere un buon incasso per poter almeno farsi ascoltare dagli italiani.
Un altro problema è che molti di questi film che verranno prodotti quest’anno non viaggeranno all’estero. Anche perché molti autori scrivono film unicamente per l’Italia. Non si sa per quale motivo un film italiano debba rimanere solo in Italia. Però i temi universali, come quelli di Il mio miglior nemico e Manuale d’amore possono funzionare all’estero. E Manuale d’amore ha costruito un successo che aiuterà Il mio miglior nemico che tratta anch’esso temi universali, come lo scontro generazionale, con una storia d’amore, una vicenda familiare, il rapporto tra un possibile padre e un possibile figlio, quindi una storia che viaggerà ovunque, più di Manuale d’amore e questo per noi è il più grande successo. Quello di riuscire a portare con successo il cinema italiano all’estero…
In conclusione...
Carlo Verdone - Ci auguriamo che possiate apprezzare questa nostra fatica, il verdetto sta a voi. Noi ci crediamo e speriamo veramente di aver fatto un buon lavoro…
Mentre la conferenza stampa si chiude il trillo di una suoneria fa capolino alle spalle di Verdone…
Verdone - Ecco, vedete, questo è Muccino…Dove stai?
Muccino - Sto qua dietro…
Verdone - Va a guarda’ chi te chiama…Se ‘na ragazza ie piace mette ‘a suoneria in un certo modo, se no ie piace la mette in un altro…
Muccino - Ma che cosa, non è vero!!! Queste me le passa tutte De Laurentiis…
Vabbé, un po’ di show…Gliel’hai raccontata quella della bresaola?
Verdone - E certo! E’ nato tutto da là lo scontro generazionale…
Verdone Vs Muccino: l'incontro si conclude ai punti. Parola al pubblico.
K.O. Tecnico invece per noi giornalisti, stesi al tappeto in poche riprese da un gancio destro di simpatia e da un improvviso e inaspettato sinistro di impegno e profondità.
Foto Ottavia Da Re. Tutti i diritti sono riservati
Altre immagini nel portfolio: www.studio.R8.com
Si ringrazia il Cinecity Multiplex di Padova per l'ospitalità e l'organizzazione. Info: http://padova.cinecity.it
(18/03/2006)
Intervista a cura di: Ottavia Da Re
|