
Essere Legris
Conversazione esclusiva con uno dei divi del balletto più celebri di tutti i tempi: Manuel Legris, étoile del Ballet de l’Opéra di Parigi. Ospite a Stoccarda per Onegin, ha accettato con entusiasmo di raccontare se stesso, il suo lavoro, il suo recente debutto
STOCCARDA – Ce lo si immagina vivace, esuberante. Mentre di persona Manuel Legris è rilassato e sempre sorridente. Lo sguardo penetrante, l’accento francese non fanno pensare a uno snob, piuttosto a uno che la sa lunga.
Nureyev l’ha fatto étoile dopo una Raymonda al Metropolitan di New York, infischiandosene del fatto che fosse ancora Sujet, e non Primo ballerino. Poi, dal palco dell’Opéra parigina ai maggiori teatri del mondo, Legris ha sempre strappato applausi. Oggi, star internazionale, è Chevalier des Arts et Lettres, Officier des Arts et Lettres, Chevalier dans l’Ordre National du Mérite. E non sembra aver intenzione di smettere; piuttosto, di continuare a fare quanto gli piace.
Per l’intervista, ci incontriamo mentre è a Stoccarda per ballare come guest l’Onegin di Cranko, dopo aver debuttato nel ruolo in Giappone, accanto a Maria Eichwald.
Partiamo da Onegin: un nuovo ruolo e un debutto importante per uno dei danzatori più famosi di oggi…
È meraviglioso… è un altro sogno che si realizza. Sognavo da tempo di interpretare Onegin e La dama delle camelie di Neumeier. E ora ho la possibilità di ballarli entrambi… il mio ultimo sogno si è realizzato!
… ultimo?
Beh… voglio dire, quanto al repertorio classico e neoclassico non credo ci siamo altri ruoli così importanti che possa augurarmi di interpretare. Ho davvero ballato di tutto… preferisco non ripetermi in continuazione. Ok, Don Chisciotte eccetera vanno bene… però… (ride, n.d.r.)
… e Il lago dei cigni?
No, dai… sono stato felicissimo di ballare Il lago dei cigni a Parigi durante le feste di Natale. Ma questi balletti tutti tecnica per me ormai hanno perso interesse… non dico di non volerli più interpretare… ma non capisco perché fermarsi a interpretare La Bayadére o quel genere di balletti disseminati di difficoltà tecniche che tutto il pubblico si aspetta… ne ho fatti abbastanza. E dopo un po’ diventano noiosi. Per questo un balletto come Onegin, per me, oggi rappresenta il meglio che si possa danzare. In ogni caso, anche l’ultimo Lago dei cigni è stata una bella occasione… siamo andati in scena all’Opéra Bastille, e per me è stata una nuova chance di confronto con il repertorio più pesante… l’ho fatto, è andata bene!
Onegin rappresenta invece la tua prima occasione di confronto con un lavoro di John Cranko…
È da un sacco di tempo che desidero cimentarmi con qualche lavoro di Cranko. Ma non abbiamo suoi balletti a Parigi… non ci sono mai stati rapporti così stretti e amichevoli fra chi detiene i diritti sui lavori di Cranko e l’Opéra di Parigi. E lì non abbiamo mai avuto la possibilità di ballare Onegin. Ho debuttato nel ruolo in Giappone… conoscevo gli organizzatori della tournée giapponese del Balletto di Stoccarda, avevo lavorato molto spesso con qualcuno di loro. Ho ricevuto così una telefonata che mi informava della tournée in Giappone dello Stuttgart Ballet… mi volevano come ospite. Io ho risposto subito “Contateci, vengo!”… così mi hanno messo in contatto con Stoccarda, e ho debuttato in Giappone nel ruolo di Onegin con la compagnia. Le recite sono andate davvero bene, così mi hanno invitato a interpretare nuovamente Onegin qui a Stoccarda… è bellissimo!
Come si lavora con lo Stuttgart Ballet?
È una grande compagnia, ha tante grandi personalità… e balletti in cui serve più della tecnica, come Bisbetica domata, che richiedono forte presenza. Qui a Stoccarda non ci sono solo ballerini validi dal punto di vista tecnico, ma anche grandi interpreti. Sto lavorando sodo, spingendomi molto avanti… e mi piace, va bene!
Quale étoile dell’Opéra di Parigi hai in repertorio tantissimi lavori di Nureyev… come ti trovi invece con le creazioni dette neoclassiche, come quelle di MacMillan e appunto di Cranko?
Mah… non posso dirti che le preferisco… voglio dire, ogni balletto ha qualcosa di speciale per me. Mi piace danzare coreografie di Nureyev, come Don Chisciotte appunto… MacMillan è diverso, ma ogni volta è una sfida… mi riempie di gioia interpretare i suoi lavori. Ma non posso dirti che tipo di lavoro preferisco su un altro. Amo tutti i coreografi del mio repertorio, per i motivi più diversi. Se qualcosa non mi piace… beh, faccio a meno di ballarlo! Ogni nuova possibilità di affrontare un ruolo ha coinciso con un periodo della mia vita. Quando ho interpretato Manon per la prima volta era il momento giusto per interpretarlo… MacMillan era ancora vivo. E adesso credo sia il momento giusto per ballare Onegin… dieci anni fa forse sarei stato un interprete meno adatto. Sono contento: il ruolo è fantastico e questa è davvero l’occasione giusta per viverlo e proporlo al pubblico.
Trovi ci sia qualche somiglianza fra MacMillan e Cranko?
No. Trovo che Nureyev e MacMillan siano più vicini e simili come coreografi… credo che Nureyev abbia preso molte cose da MacMillan…
… Nureyev?
Sì.
È molto interessante sentirtelo dire…
Davvero, sono serio. Ho ballato sia il Romeo di MacMillan che quello di Nureyev… guardandoli, ti possono sembrare diversi e lontanissimi… ecco, io ti dico che non è così. Romeo nella versione di MacMillan, con tutte quelle prese, non è semplice e ha qualcosa che lo accomuna a quello di Nureyev. Cranko è diverso… ha tante prese, ma sono… non più semplici, ma… più logique diciamo. Nureyev e MacMillan non sono molto logique per il corpo a volte… anzi, proprio l’opposto!
Spesso però il pubblico ha l’impressione che Nureyev sia più difficile e impegnativo per un ballerino…
È terribile, te lo dico io…
… e che MacMillan sia relativamente più semplice a livello tecnico…
Mah… guarda il suo Romeo… è difficilissimo. La scena del balcone, il pas de deux… sono belli, si guardano volentieri e sembrano facili… Ma ci sono altre parti e variazioni molto ostiche. I tipi di balletti possono sembrare diversi…
… beh, paragoniamo Raymonda e Manon…
Ok, sono storie diverse. Ma i passi di MacMillan non sono facili. Credo che a Cranko invece la difficoltà tecnica interessasse relativamente… in Onegin non è mai fine a se stessa. Onegin ti porta a confrontarti con un personaggio, non solo con dei passi. A volte il personaggio, nelle creazioni di Nureyev, esce direttamente dalla danza… la danza lo caratterizza. Può sembrare stupido, ma è più o meno quello che avviene. Anche nel caso di Romeo: fai talmente tanti passi che la gioia si esprime, la relazione con Giulietta si evolve anche grazie a tutti quei passi; balli tantissimo… Con Cranko le cose sono diverse: c’è maggiore linearità, maggiore normalità nel ritrarre emozioni e sentimenti. Con Nureyev la normalità è molto rara.
Preferisci il Romeo di Nureyev o quello di MacMillan?
Penso di preferire quello di Nureyev… perché ho lavorato sul ruolo con lui, lui mi ha insegnato il balletto. L’ho ballato per anni e anni, mi piace moltissimo, è stato uno dei miei primi ruoli importanti. Ho danzato diverse volte il Romeo e Giulietta di MacMillan, mi sono divertito tanto… ma l’ho imparato dai maîtres, non da MacMillan in persona. E non è la stessa cosa… Romeo e Giulietta nella versione di Nureyev è più mio, lo sento più mio proprio perché Nureyev mi ha suggerito i passi e il modo d’eseguirli. Per me risulta anche più semplice in quest’ottica… non è facile oggettivamente, ma per me lo è.
E Balanchine?
Mi piace parecchio… ma preferisco dei lavori con una storia da raccontare e da vivere… la sensazione è diversa. Balanchine è grandioso anche perché la musica su cui crea è grandiosa: se ami la musica e danzare sulla musica, Balanchine è fantastico. Io preferisco guardare un balletto di Balanchine da spettatore piuttosto che interpretarlo…
È una domanda classica e noiosa… ma c’è qualche ruolo cui ti sei affezionato più che ad altri?
No, no, non è noiosa… ma è difficile. Adesso potrei dirti che è il ruolo di Onegin, perché lo sto ballando in questi mesi ed è un piacere immenso. Ma mi piacciono anche Manon e Romeo e Giulietta… Mi sono sempre divertito ballando Don Chisciotte… Mi trovo in difficoltà nel darti una risposta secca. Credo che per il mio fisico e per il mio stile i migliori balletti siano Romeo e Giulietta, La Bella Addormentata e Manon. Interpretando Bayadére e Don Chisciotte ho dovuto spingere, sforzarmi di più… Ho fatto Bayadére così spesso perché Nureyev me l’ha chiesto, ma se lui non l’avesse fatto non l’avrei certamente danzato così tante volte. L’ho fatto perché ho la tecnica per farlo, ma oggi non posso dire che sia stata la cosa migliore della mia carriera. Ecco perché non voglio più ballarla… ho sempre dovuto sforzarmi e combattere per riuscire a farlo bene. E adesso non voglio più combattere.
Pare che l’Opéra di Parigi stia pensando di non rendere noti i cast degli spettacoli in anticipo… qual è la tua opinione in proposito?
È una decisione che non mi entusiasma… ma il problema non è solo quello a valle, c’è una questione a monte. Fra gli étoile di Parigi ce ne sono sempre di infortunati… non so perché. E per questo i cast cambiano sempre. Fino a dieci, quindici anni fa i cast erano resi noti con grande anticipo, e chi ci si aspettava di veder ballare andava in scena. Oggi ci sono molti più problemi. Se hai in mano un cast due mesi prima non hai certezze che quel cast resterà invariato. Ecco perché ultimamente non si rendono più noti i nomi dei danzatori in anticipo… non è perché il balletto è considerato necessariamente più importante dei suoi interpreti. Per Il lago dei cigni comunque i cast sono stati pubblicati… non tre, quattro mesi prima, ma almeno un mese prima i nomi si sapevano. Ma sono nomi che possono sempre cambiare…
Parliamo delle tue partner…
Sì, certo! Mi sono sempre piaciute le mie partner…!
Mi citi le più importanti?
Questa è una domanda davvero difficile…
Eh, lo so…
A Parigi ho sempre avuto partner incredibili. Monique Loudières è stata davvero speciale per me… Non abbiamo bisogno di parlare: abbiamo lo stesso modo di danzare, la stessa musicalità… quando avviene questo, hai trovato il rapporto migliore con la tua partner. Questo rapporto si è instaurato con Monique, senza dubbio. Anche con Elisabeth Maurin; quando eravamo giovanissimi abbiamo lavorato parecchio e benissimo insieme. E ora con Aurélie Dupont: è così semplice ballare con lei…! Anche nel caso del Lago dei cigni, abbiamo ballato insieme con facilità incredibile; e anche con lei ho lavorato tantissimo. Ci sono state tantissime altre étoile con cui ho danzato, ma credo che queste tre siano state quelle con cui ho saputo costruire il feeling più grande. Anche fuori dall’Opéra di Parigi ho lavorato bene con molte partner… E ora con Maria Eichwald… wow! Sei qui anche per vederci in Onegin, no?
Sì.
Allora non ti dico niente! Devi semplicemente vederla! È qualcosa come… boom! Davvero… aspetta e vedrai! La prima volta che l’ho incontrata qui a Stoccarda è stato uno shock. Una cosa simile a quella che mi era capitata con Monique. Lo stesso feeling, la stessa forza… ed è davvero bellissima in scena. Vedrai…
Ma devi dirmi qualcosa anche del tuo lavoro con Sylvie Guillem…
Certo! Ho scordato Sylvie…! Ho lavorato molto anche con lei…
È criminale dimenticarla…
È vero… ma è solo perché ad un certo punto le nostre carriere si sono divise, e ormai non balliamo insieme da un po’. E all’inizio la partnership non sembrava delle più adatte… Sylvie è molto alta, per me rappresentava il limite massimo quanto ad altezza di una partner. Per balletti come Romeo e Giulietta era quasi troppo alta per me… per questo con Monique ed Elisabeth Maurin c’erano meno problemi, così come oggi con Aurélie e Maria. A livello fisico la collaborazione con Sylvie non poteva includere tutto. Un partner più alto di me riesce a lavorare decisamente meglio con lei. Con Sylvie sono stati perfetti Il lago dei cigni, Grand pas classique, Bayadére…
… Arepo?
Sì… ma quelli erano davvero gli inizi! E ti dirò… agli inizi Sylvie era già una star incredibile agli occhi di tutti. Io per molti quasi non esistevo di fianco a lei…
… ma no, dai…
No, no, è vero. I primi due anni io ero “il partner di Sylvie Guillem”. C’è voluto un po’ di tempo, e il distacco di Sylvie dall’Opéra, perché la gente si accorgesse che anch’io… forse avevo talento.
Che tipo di persona è Manuel Legris? Timida o esuberante…?
Ero più timido una volta… col passare degli anni sono diventato più aperto. Non ero così prima!
Sei tranquillo anche quando vai in scena?
Sono sempre felicissimo di andare in scena… è sempre un piacere! Smetterei se non fosse così, se dovesse prendermi l’ansia o qualcosa di simile…
… a volte è il pubblico ad essere più in tensione, in vista di una variazione o di un passaggio difficile.
Io no… sono molto forte! Ma a volte, sai, non è la tecnica a fare la differenza… Conosco ballerini migliori di me dal punto di vista tecnico o fisico… ma quando si è in scena ciò che fa la differenza è qui… nella testa! Non solo nel fisico. All’Opéra di Parigi ci sono un sacco di danzatori esattamente come me, o che possono piacere addirittura di più… ma è come se non facessero niente. Non c’è l’approccio, il sentimento giusto… manca il cuore, manca la testa. Prendi il mio caso… ho ballato ieri sera la prima recita di Onegin qui allo Stuttgart Ballet: non avevo mai visto il palco, o le luci, o l’orchestra… sono andato in scena così com’ero. Può sembrare un suicidio, lo so! La recita è andata benissimo… io a volte pensavo qualcosa come: “Dove sono esattamente?”, era la prima volta su quel palcoscenico… ma è andata bene, non mi sono perso, sentivo il balletto… e io e Maria siamo arrivati alla fine senza problemi… anzi! Nonostante fossi qui da poco…
… sei appena arrivato da Séoul, vero?
Sì. Ho avuto un periodo un po’ travagliato, a causa di qualche infortunio… E proprio nel periodo in cui cominciavo a riprendermi ho studiato Onegin debuttando per la prima volta nel ruolo in Giappone. Poi sono tornato e ho avuto un mese per prepararmi al Lago dei cigni di dicembre… per un mese ci ho davvero dato dentro, sono tornato in ottima forma e ballando il Lago mi sentivo benissimo. Non mi è pesato andare a Séoul, e adesso sono qui senza problemi… non ci penso nemmeno al jet lag ! Sono qui, ballo… va bene!
Niente tempo libero insomma!
No, ma per ora va bene anche questo. Mi piace… ho avuto un sacco di tempo per me stesso, ed ero incredibilmente depresso!
E per chiudere… speriamo di rivederti in scena presto dopo questi Onegin!
Uhm… dopo i Gala italiani a Modena e Ferrara, all’Opéra di Parigi mi aspettano la Bella figura di Kylian e un lavoro di Abou Lagraa…
… ah già, la nuova creazione…
Sì… aspetto di scoprire di cosa si tratta. Non ne so ancora niente! Ho visto solo un suo lavoro… l’ho trovato piuttosto strano, quindi non so cosa mi aspetti. Ma credo sarà comunque un’esperienza positiva. E poi partirò per il Giappone con il Ballet de l’Opéra, in tournée, dove farò Paquita… In seguito, senz’altro La dama delle camelie ! Sarà a Parigi a giugno… è la prima volta. Ho sempre eseguito dei pas de deux da quel balletto, ma mai il balletto per intero. Sono contentissimo di ballarlo tutto finalmente… così come mi rende felice ballare Onegin qui a Stoccarda! Vieni a vedermi domani sera, allora?
Eh sì… sono qui apposta.
Ok… wow! Poi mi dirai, allora!
* * *
Immagini per gentile concessione dello Stuttgart Ballet, del Ballet de l'Opéra National di Parigi, della Japan Performing Arts Foundation, di Michel Lidvac.
Dall'alto: Manuel Legris in un ritratto (David Elofer); con Maria Eichwald nel terzo atto di Onegin (Kiyonori Hasegawa / NBS); in Etudes di Lander (Icare); in Phrases de quatuor di Béjart (Michel Lidvac); in Sylvia di Neumeier (Icare).
Vai a: Tracce di Onegin
Sito ufficiale di Manuel Legris
* * *
Intervista a cura di: Alessandro Bizzotto
|