Intervista al regista Andrea Lisco e al cast dello spettacolo Latte+

INTERVISTA al cast e al regista di "LATTE +"

Quelliche...ilcinema ha incontrato il regista Andrea Lisco e il cast di “Latte +” in scena in questi giorni al Teatro Libero di Milano, con uno spettacolo ispirato ad “Arancia Meccanica”, occasione troppo ghiotta per farcela sfuggire…

Il tema della violenza e quello sessuale sono trattati in modo molto diverso rispetto al film, in particolare il secondo qui mi sembra molto più velato e meno esplicito. Ce ne vuoi parlare?
Si, è vero, il film concentra l’azione sugli aspetti immediati e maggiormente riconoscibili della violenza,mentre qui nel nostro spettacolo, avviene una sorta di gioco attraverso il quale si descrive la violenza. Non ho sentito la necessità di inserire il richiamo sessuale così esasperato nel film, perché in quel contesto non c’erano intenti provocatori, ma solo velleità estetiche. Era una scelta di Kubrick che non aveva necessariamente richiami narrativi o messaggi cui alludere.

Per quanto concerne il protagonista, Alex, egli è piuttosto distante da quello cinematografico. Ha una notevole componente dandy ma soprattutto fanciullesca, e lo si nota soprattutto nella scena dell’omicidio. Come mai?
Nel nostro spettacolo, Alex è estremamente giocoso,malvagio, certo,ma giocoso. Ha movenze feline, da gatto e ci siamo più volte chiesti in che modo potesse uccidere il nostro Alex. Da cui è originata la scelta di modificare la scena dell’omicidio della signora della villa,che nel film, ricordiamo, era una specie di maniaca del sesso, una feticista del fallo, tanto da avere un’enorme statua in casa con la quale, poi, Alex la uccide. Nello show che proponiamo è molto diversa, appunto, è una povera zitella con ridicole fisime salutiste, che vive isolata dal mondo e quando le capita rientrarci in contatto, non lo riconosce. Poi,certo, c’è il richiamo sadico negli istanti prima dell’omicidio:lei che scopre la passione e vi si abbandona, mentre lui gioca ferocemente al gatto col topo….
L’attenzione no è né vuol essere riposta nella violenza del singolo, bensì su quella del meccanismo sociale, che a mio parere, è la peggiore,oltre che la più pericolosa. Chi bastona un barbone per strada ci appare lontano e difficilmente ci tocca, mentre la violenza di Alex, capace anche di bastonare gli amici, è più pericolosa, più pura, più cattiva.

Numerosi sono i riferimenti alla Commedia dell’Arte tra cui l’incipit tratto dal Don Giovanni, ci spieghi l’origine della citazione?
Ho scelto Don Giovanni perché, secondo me, egli è un antieroe, è il ruolo teatrale dell’Impunito per antonomasia, colui che non paga mai per le proprie colpe né tanto meno si redime. Proprio per questo Alex, sul palco, ne fa il proprio mito, come evidenziato, anche, dall’utilizzo, in scena, di una maschera,che richiama anche la figura di un Arlecchino malefico, quasi diabolico, che, come ricorda uno degli attori, ha tracce di questa origine proprio sulla sua maschera, dove la macchia scura non è altro che ciò che resta del corno luciferino tagliato.

La maschera, appunto…E’ ovvio che nel vostro spettacolo essa sostituisca il celeberrimo makeup dei drughi…la ciglia rovesciata sull’occhio sinistro di Alex ha fatto storia…
Assolutamente, ma portarlo a teatro… Per il nostro spettacolo la maschera serve ad istituire un gioco tra i drughi, infatti quando la si toglie, da metà del primo atto in avanti, il gioco viene meno e gli elementi costitutivi del gruppo si sfaldano. La maschera in sé non ha riferimento alla violenza, in questo senso viene rivalutato il tema del film.

Maschere, movenze feline…come avete creato la specificità di ciascun personaggio?
Si, è vero, c’è uno studio preciso dietro le movenze di ciascun personaggio…Alex è un gatto, GeorgieGirl è un uccello e Bamba è pensato come se fosse un cane…. Tutto ciò ha comportato un notevole sforzo per gli attori, che hanno dovuto affrontare un importante lavoro sulla fisicità che è poi stato seguito da uno, forse ancora più complesso, sulle sonorità e sulle voci. Da non dimenticare che il testo da cui partivamo,il libro di Burgess, è, da questo punto di vista quasi incomprensibile, dato l’elevato tasso di gergalità e la complessità lessicale in genere. In più noi abbiamo la necessità di un linguaggio teatrale, che rende difficile esprimere le relazioni ed i legami che si instaurano nel gruppo. Ad esempio…Bamba parla in modo quasi incomprensibile…una sorta di dislessia che irrita terribilmente Alex, che invece è un cultore della lingua , come si evince anche dalla ricercatezza lessicale con cui si esprime. Anche questo è un modo per far recepire i rapporti tra i personaggi, in questo caso si tratto di un elemento rapportale di contrasto.

Una cosa che mi ha colpito molto, da spettatrice, è l’uso della tunica bianca che indossa Alex quando entra in carcere…quasi da chierichetto…e qui mi riallaccio anche ai riferimenti grotteschi fatti alla religione, come la sequenza in cui Alex vede il prete con i carcerati tutt’attorno a mo’ di Ultima Cena
Dunque, diciamo subito che tutto ciò che si vede sul palco, tutte le situazioni rappresentate nello spettacolo sono filtrate dagli occhi di Alex, o meglio dalla sua mente: ecco,ad esempio, il motivo per cui l’infermiera della cura Lodovico non è più fredda, austera e tremenda, come nel film, ma diventa bella, giovane e super sexy: così appare ad un ventenne che non vede donne da due anni! Nella scena del carcere, la tunica bianca simboleggia il gioco all’inganno che Alex compie e al quale finisce lui stesso per credere. Cerca, cioè, d’ingannare gli altri che sia guarito. La figura del prete, invece, così caricaturale, rappresenta la scelta, il libero arbitrio, che non dovrebbe mai venir meno,di contro a quella del primo ministro che rappresenta l’ordine di riassorbire, nei tessuti sociali, qualcosa che era stato espulso dalla società perché in questo modo può essere d’utilità per il potere politico. In pratica come i due drughi che trovano il modo, legalizzato, di continuare ad esercitare la violenza, venendo ad essere re-inglobati dalla società che sprezzavano. Cosa potrà fare Alex una volta guarito, non si sa…magari il politico…

Una volta uscito dopo la Cura Lodovico, Alex incontra lo scrittore che aveva aggredito anni prima, ma non viene riconosciuto come il suo aggressore di qualche anno prima…come mai?
Abbiamo scelto in questo modo perché così la strumentalizzazione ideologica è più pesante, più “bastarda”. Alex, probabilmente, è più pazzo di prima, dopo le “cure”, ma stavolta è legittimato e questo è terribile.

Altra cosa ad avermi colpito è il continuo riferimento artistico, specialmente pittorico…se poi consideriamo il fatto che tutto è visto attraverso i suoi occhi..viene da supporre che lui sia l’unico personaggio dotato di cultura…
Sì, l’immaginario artistico ed estetico di Alex è altissimo, e copre tutto di arte: i riferimenti a tal proposito sono numerosissimi, da Botticelli a Leonardo da Vinci, da San Sebastiano all’Ultima Cena e alla Crocifissione, che attraverso la struttura ciclica a ritroso, un po’ come in Eyes Wide Shut, tornano a palesare la passione di Alex per il sadismo ed il martirio, la flagellazione.
Per quanto riguarda il ruolo della cultura, nel nostro spettacolo l’essenziale era far capire che l’estrazione culturale non è in alcun modo l’elemento discriminante tra un buon individuo ed uno malvagio, anzi. Il nostro messaggio vuol essere un altro, ovvero ribadire l’importanza della libera scelta, arrivando a dire, estremizzando, che è meglio scegliere di essere malvagi piuttosto che non poter scegliere proprio! In pratica sono gli stessi temi che si ritrovano nella pellicola, ma qui vengono un po’ riequilibrati.

Passando ai personaggi, in “Latte +” uno dei drughi è una donna. Scelta inquietante, curiosa e crea un certo disorientamento. Come mai?
Pensavamo che una donna nel ruolo di un drugo potesse creare sconvolgimento, dopotutto disturba pensare che una donna possa scegliere di essere violenta: l’idea era quella di una donna che esercita il potere. Ed è proprio con riferimenti alle lotte e agli ideali femministi che l’attrice si carica per questo ruolo, e bisogna dire che fa effetto, mette quasi paura!!!

Nel personaggio di Deltoid, l’ispettore, non c’è un’esasperazione della morbosità?
Beh, qui la complicità tra Alex ed il suo ispettore giudiziario minorile è molto forte, nonché caricata ed amplificata nella componente del desiderio sessuale.Per il resto non c’è bontà o interesse nei confronti del ragazzo, per l’adulto è preferibile far bella figura con i propri superiori che non redimere Alex, dietro il quale, peraltro, non c’è il benché minimo interesse di redenzione da parte di nessuno! In questo sta la vera atrocità, e cioè nel fatto che è l’istituzione sociale ad essere violenta, squilibrata ed emarginante. Essa sfrutta gli individui per i propri scopi di sopravvivenza e di mantenimento dell’ordine.

Un ultima domanda… il personaggio di Alex, il vero fulcro della storia, è piuttosto diverso dal film, oltretutto nel vostro spettacolo si alternano due attori in questo ruolo, che danno vita a due versioni completamente differenti del personaggio. Uno, che purtroppo non è qui stasera, da corpo ad un Alex maturo, consapevole della violenza e della ferocia che esercita, un vero e proprio predatore, che prende ciò che vuole senza pensarci due volte, dal momento che secondo lui lo fanno tutti. L’Alex visto stasera, invece, è adolescenziale, estremamente dandy, con mosse da damerino, è estremamente giocoso nel modo di fare, una sorta di cherubino demoniaco, di putto dionisiaco che prende ciò che vuole per puro capriccio…
Già, è vero, sono diversissimi…Daniele, ovvero l’Alex degli altri spettacoli, è anagraficamente più maturo di Paolo, l’attore visto stasera, ha 34 anni ed un vissuto tutto suo a cui inevitabilmente attinge per creare il personaggio,che porta in scena da tre edizioni. Paolo, invece, ha 22 anni, una minor esperienza teatrale ma soprattutto una diversa visione della vita, dell’arte e della violenza. Ha una freschezza ed una giocosità molto maggiori e le infonde nel protagonista, nella cui creazione ha comunque inserito anche l’esempio delle scorse versioni dello spettacolo.

E per il cast…. che effetto fa recitare ogni volta con un protagonista diverso?
Per noi è estremamente stimolante, perché non abbiamo modo di abituarci, nel senso negativo del termine. Sai, quando fai tante repliche del medesimo spettacolo ti sintonizzi completamente sui ritmi, sulle movenze e sulle interpretazioni dei tuoi colleghi e rischi anche tu di andare avanti “per inerzia”, mentre in casi del genere, quando, cioè, i protagonisti si alternano, è estremamente stimolante per un attore…perché ad ogni replica il ritmo e le suggestioni mutano e tu sei costretto a star più attento a non assopirti nella consuetudine e tutto ciò da nuova linfa ad ogni personaggio.

Grazie mille della chiacchierata ed in bocca al lupo per il proseguo della vostra turnè e come si dice in questi casi…Goodnight and good Luck!

Marta Ravasio e Ilaria Serina


Al Teatro Libero di Milano “Latte+”, rappresentazione teatrale da una riscrittura originale di Raffaella Fontana, progetto e regia dello spettacolo a cura di Andrea Lisco

Alex ed i suoi drughi sono stati nuovamente di scena; ma questa volta non si tratta delle pagine scritte da Anthony Burgess (1962), tanto meno della celeberrima pellicola diretta da Stanley Kubrick (1971), ma bensì delle tavole di un palcoscenico. Per i nostalgici ed appassionati – ma non solo – il Korova Milk Bar è rimasto aperto sino a lunedì 14 novembre in via Savona 10, allestito per tutti voi affezionatissimi al Teatro Libero di Milano: facente parte del Circuito Teatri Possibili, una comunità artistica che si prefigge la messa in scena, la divulgazione ed anche la fruizione di una differente esperienza teatrale. Ma non siate tristi fratellini miei – così lo stesso Alex si rivolge al pubblico in cerca di complicità – ritroveremo il nostro drugo in una tourné che lo porterà per altre città e teatri italiani nei prossimi quindici giorni.
Nonostante siano passati quasi 35 anni dal primo fatale incontro con questo personaggio indimenticabile - inutile dirlo - che esercita su di noi una fascinazione indiscutibile, nonostante molti dei suoi hobby siano invece più che discutibili; lo ritroveremo intento a sorseggiare latte+ (per l’appunto!) e quanto mai pronto nell’esercizio dell’amata ultraviolenza, che lo condurrà inevitabilmente alla parabola di eventi che già tutti ben conosciamo.
A dirigere questa quanto mai riuscita trasposizione teatrale di un indiscusso capolavoro e caposaldo della storia del cinema è Andrea Lisco, direttore organizzativo del Teatro Libero dal 2002, coordinatore teatrale del Circuito Teatri Possibili dal 2004 e regista della stessa compagnia teatrale Teatri Possibili dal 2005. Creatore di spettacoli come “Girotondo” di Arthur Schnitzler andato in scena nel 2000, “Sick Boys” (tratto anch‘esso da una famosissima pellicola di un regista britannico come Danny Boyle, “Trainspotting” per la precisione) drammaturgia teatrale di Luca Spadaio, andato in scena lo scorso anno e “Paragrafo 175” di questo stesso anno.
La violenza e la sua manifestazione da parte dell’uomo è – molto più spesso di quanto noi tutti amiamo pensare ed ammettere – una scelta operata in modo lucido e razionale. Non provocata da condizionamenti o provocazioni esterne; ma, pur rimanendo un’aberrazione della natura umana, per cui risulta necessario combatterla, è anche importante preservare e garantire la possibilità – cara ad ognuno di noi – di esercitare una scelta libera e consapevole.
Anzi, per il regista è senza ombra di dubbio il nodo centrale su cui dipanare l’intero impianto dello spettacolo stesso. Se è pur vero che la riflessione sul tema della violenza ed il suo esercizio – non soltanto da parte di Alex, ma cosa ancor più grave, dalle stesse istituzioni della nostra società – erano l’assunto alla base sia dell’opera letteraria, che di quella filmica; nella trasposizione di Lisco, il libero arbitrio e l’imprescindibile capacità che ad ogni essere umano dev’essere garantita di poterlo esercitare, risulta quasi essere un appello accorato nei confronti di una società “violenta, squilibrata ed emarginante” che si fa allo stesso tempo giudice e carnefice nei confronti di tutti coloro che tale violenza la esercitano, con una legge che più che giusta ed imparziale, risulta dimostrarsi l’equivalente della cosiddetta legge del taglione, per di più giustificata e contestualizzata nel nostro presente.
“Latte+” muove da un saggio di Eric Fromm, psicologo tedesco “Anatomia della distruttività umana”: indagine globale sulla tendenza dell’uomo alla violenza distruttiva. Bisogna infatti distinguere quella che viene esercitata per autodifesa, da quella che Alex, in questo caso, trasforma in un’autentica passione al pari dell’arte, della musica e del linguaggio forbito con il quale è aduso ad esprimersi. Per lui non si tratta di un processo di catarsi, ma uno stimolo all’immaginazione!!...Eh sì cari fratellini, perché il nostro Alex è tutto fuorché un becero bulletto di periferia che utilizza la violenza come passatempo ingiustificato: per lui si tratta dell’esercizio di un’arte tra le arti, questo ovviamente secondo un suo modestissimo parametro di valutazione e giudizio. Il nostro drugo è un essere sadico ed edonista, un Arlecchino mefistofelico ed un Don Giovanni impenitente, che coinvolge le donne in un balletto di seduzione mortale. Ma la presenza femminile, nell’adattamento teatrale di Andrea Lisco, diviene anche una presenza inquietante, prepotente e disorientante che prende corpo nella figura di Georgie girl: a dimostrare che anche le donne possono esercitare con un certo piacere e disincanto la violenza, rimanendone affascinate ed anelando, tanto quanto gli uomini a posizioni di potere. Attraverso lo sguardo lezioso, ma quanto mai colto del nostro protagonista, noi assistiamo ad uno spettacolo “circolare” che lo vede suo malgrado costretto a tramutarsi, da carnefice qual’era, in vittima di una società che condanna perentoriamente il suo modo di essere, ma si fa poi beffe di lui sottoponendolo a quella che potremmo senz’ombra di dubbio definire una “cura medioevale”.
Il nostro “povero mal capitato” di bianco vestito, nella convinzione di poter agevolare rapidamente il suo reinserimento nella cosiddetta società civile; non mancherà di dimostrarsi pentito e pronto davvero a tutto, nel sottoporsi alla cura Lodovico, alla quale per altro il regista sottoporrà anche il pubblico accanto ad Alex.
A chiunque approcci con scetticismo a quest’opera teatrale, va fatto notare come Andrea Lisco sia quanto più lontano possibile da una mera e sterile “copia” o remake (come noi cinefili saremmo più propensi facilmente ad etichettare) dell’opera kubrickiana. La sua rilettura di tale opera, nonché del libro di Burgess è quanto mai personale, originale e colta: affonda le sue radici nella commedia dell’arte di Moliere, utilizza in maniera spregiudicata, ma al contempo funzionale opere d’arte di Botticelli e Leonardo da Vinci, per non parlare della colonna sonora, che passa attraverso Mozart per arrivare ai Pink Floyd e pur diversificandosi dalle scelte di Kubrick, ne mantiene senza dubbio invariato l’impatto sul pubblico.
Ce n'é abbastanza, ve lo assicuro, cari i miei drughi, per solleticare ed allenare, con pensieri molto “Karatscho” il vostro bel Gulliver!!

Ilaria Serina


"Latte+" sarà allo Studio Foce di Lugano il 25 novembre, al Teatro Villoresi di Monza il 26 novembre.

Per maggiori informazioni:
Circuito Teatri Possibili: http://www.teatripossibili.it/news.php?did=607&oid=30

(16/11/2005)

Intervista a cura di:


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