
Il segreto di Mara
Dopo il successo dello Speciale Ballando sotto la pioggia, Quelliche…il cinema incontra Mara Galeazzi, étoile presso la Royal Opera House di Londra. Un’intervista esclusiva lunga e informale, che svela i retroscena del teatro britannico e la personalità di una ballerina che ha esportato il talento italiano.
LONDRA - Incrocio per la prima volta Mara Galeazzi nello store della Royal Opera House, tempio della classica britannica. Il pomeriggio è grigio, l’aria fredda. Ci chiudiamo da Valerie, una sala da the di fianco al teatro, per un incontro preliminare davanti a una Coca insieme ai webmaster del suo sito ufficiale.
Alta e sottile, i tratti decisi del viso liberi dai capelli raccolti, Mara sa parlare con entusiasmo senza mettere ansia. Italiana, formata come ballerina dalla scuola del Teatro alla Scala, si ritrova a trent’anni unica artista nostrana a vantare il titolo di Principal dancer (equivalente del nostro étoile) in una delle compagnie di balletto più famose del mondo: il Royal Ballet.
Non ha rifiutato i ruoli principali del repertorio più impegnativo (da Lo schiaccianoci a Paquita fino a Il lago dei cigni, da lei studiato ma non ancora eseguito in scena), si è imposta nel ruolo di interprete dotata di intelligenza e risorse sempre apprezzate (fra i suoi cavalli di battaglia, Anastasia e Tatiana).
Scherziamo. “Non rispondo!”, esclama sorridendo davanti alle domande più provocatorie. Ma non siamo certo lì per parlare di gossip o pareri superficiali. Quando ci incontriamo il giorno dopo, dietro il sorriso rivela una capacità analitica conscia e decisa. Dopo aver attraversato i corridoi della Royal Opera House, sprofondo sulla poltrona di un piccolo studio. Oltre i vetri, i tetti di Londra sotto un mattino pallido. Ma Mara dà le spalle alle finestre. Si concentra, respira, mi guarda.
Sei italiana e hai studiato in Italia, per poi arrivare a Londra… Puoi parlarci di questo passaggio, del tuo arrivo alla Royal Opera House e della carriera che ti ha portata a diventare Principal?
Ho studiato per otto anni a Milano, alla Scala, e a diciott’anni ho lasciato l’Italia. A spingermi a questa decisione è stato il desiderio d’esperienza e di nuovi… look, diciamo. Ho avuto la grande opportunità di fare un’audizione al Royal Ballet, e sono stata accettata subito. Ho iniziato il 12 settembre del 1992… ricordo ancora la data! Non parlavo la lingua, a scuola avevo studiato francese. La compagnia aveva degli studi anche in Barons Court, dove si trovava anche la scuola; lì ho cominciato le lezioni, visto che gli spettacoli sarebbero iniziati solo a novembre… infatti ho visto per la prima volta la Royal Opera House a ottobre. L’arrivo qui a Londra è stato abbastanza traumatico: non conoscevo nessuno, non riuscivo a comunicare… Ho però ricevuto grande aiuto da Monica Mason [attuale director del Royal Ballet, ndr], che mi ha trovato un alloggio e aiutato in molti modi, anche riguardo le difficoltà con la lingua inglese. Il primo impatto con la compagnia è stato abbastanza scary… gli inglesi non sono persone pazienti a livello di lingua. L’unica persona paziente è stata un’artista del corpo di ballo con cui ho diviso il camerino, mi ha aiutato molto. Il lago dei cigni è stato il mio primo balletto con la compagnia… ricordo che mi davano istruzioni durante le prove, e facevo una fatica immensa a capirle! Con l’andare del tempo, quando le difficoltà di comunicazione sono progressivamente venute meno, mi sono sentita accolta in modo stupendo da tutta la compagnia. Durante quell’anno ho ricoperto tanti ruoli in corpo di ballo; verso dicembre, poi, Glenn Tetley è venuto a montare uno dei suoi balletti più famosi, La Ronde. Noi eravamo alle prese con Symphony in C di Balanchine… ricordo che Tetley, vedendomi fra le ragazze del corpo di ballo, ha puntato l’indice verso di me e ha esclamato “Lei!”.
Il giorno dopo il cast è uscito, e mi sono ritrovata fra le cinque protagoniste del balletto… La Ronde è infatti composto da dieci passi a due interpretati da cinque prime ballerine e da cinque primi ballerini, ognuno dei quali interpreta due pas de deux.
Tutte le interpreti erano Principal, ossia étoile… quando ho visto il mio nome la prima reazione è stata “Oddio…!”. Voglio dire… c’erano nomi come Viviana Durante, Darcey Bussell, Fiona Chadwick, Leanne Benjamin… Mi sono sentita onorata: dopo sei mesi in compagnia interpretavo un balletto così importante e così difficile! Questo è stato il mio primo ruolo da Principal. Con gli anni ho potuto interpretare tantissimi ruoli, anche sostituendo colleghe che ballavano da più anni. Mayerling di MacMillan è stato il mio primo balletto di tre atti. Lo ricordo ancora… dovevo interpretare una delle prostitute nel secondo atto. Un giorno una ragazza è venuta da me e mi ha detto di andare in bacheca a vedere il cast di Mayerling.
Pensavo mi prendesse in giro… sono andata e ho letto il mio nome per il ruolo della protagonista Mary Vetsera! Sono rimasta di sasso. È un balletto splendido, il ruolo è fantastico. E a diciotto anni trovarsi a debuttare in un ruolo principale in un balletto del genere… diciamo che non capita di solito! L’inizio classico è sempre Romeo e Giulietta… È stata un’occasione grandissima. Lo spettacolo era a Istanbul con Adam Cooper… la data era il 17 luglio 1993. La preparazione è avvenuta durante la nostra tournée europea, avevamo ballato a Palermo e in altre città, provavamo in palestra… Ho imparato il balletto in dieci giorni! I miei genitori sono venuti a vedermi: è stata un’esperienza stupenda. È strano, ma questo spettacolo se lo ricordano tutti, anche in compagnia… è stato molto particolare, abbiamo avuto qualche problema con le scene e i cambi di costumi fra le altre cose. E io ero una ragazza di diciotto anni che interpretava il ruolo della protagonista di Mayerling…
Hai lasciato l’Italia e la Scala anche perché vedevi al Royal Ballet maggiori possibilità per lavorare e per crescere?
Se devo essere sincera, il mio obiettivo era inizialmente l’America, quando ancora studiavo. Poi ho incontrato Messerer… era venuto a montare Class Ballet per la scuola. Gli sono piaciuta molto, mi ha detto che pensava avrei potuto fare carriera alla Royal Opera House. Ha visto in me un’interprete drammatica adatta al repertorio di Kenneth MacMillan… e infatti, appena sono arrivata al Royal Ballet, sono piaciuta molto a Monica Mason, un’artista che ha lavorato tantissimo con MacMillan.
Cosa conoscevi di MacMillan prima di arrivare a Londra, a parte il suo Romeo e Giulietta?
Non tante cose… conoscevo Manon, per esempio. A Milano conoscevamo parecchio Roland Petit, Balanchine e diversi balletti dell’ABT. Il repertorio del Royal Ballet non mi era molto noto… e in questo senso la mia partenza è stata un po’ un salto nel buio! A scuola non ci avevano insegnato nulla né del repertorio di MacMillan né di storia della danza e dei coreografi. Non ci è mai stata data una cultura internazionale… purtroppo ci hanno informato solo su quello che c’è o si fa in Scala. Io comunque avevo voglia di cambiare… vedevo che la situazione in Scala non era delle migliori a livello di contratti. E sapevo che gli spettacoli, alla fine, erano quelli… Il desiderio di nuove esperienze c’è stato sicuramente. Mi sono trovata molto bene. Il mio primo anno qui è stato ricco di soddisfazioni. Non è stato facile, ma è stato davvero bello.
Quali sono state le differenze che hai notato qui alla Royal Opera House? Il Royal Ballet dà grande importanza all’aspetto interpretativo, non solo alla tecnica… e tu sei famosa anche per essere una grande interprete.
Forse è per via del sangue italiano, forse per un fatto di personalità… anche nella vita lascio trasparire parecchio le mie emozioni. Di certo quando sono arrivata a livello artistico ho notato differenze enormi. Ho avuto un’esperienza incredibile. E penso che in molte compagnie tutto questo non riesca ad arrivare. Parlando con i giovani di oggi, per farti un esempio, le cose che sento dire sono sempre le stesse: “Quella ballerina ha alzato la gamba, quell’altra ha fatto tantissime pirouettes…” E io chiedo sempre: “Ma hai notato il lato artistico? Quella ballerina ti ha lasciato qualcosa anche sul piano emozionale, o ti ha semplicemente fatto vedere un bel piede o una gamba alla seconda?” Anche a scuola non sono mai stata attratta dalla tecnica della danza, ma dal movimento, dal desiderio di dare al pubblico. Questa compagnia è straordinaria anche sotto questo punto di vista. Guardando al passato, diverse ballerine non avevano doti tecniche strabilianti… ma il pubblico inglese è incredibilmente sensibile al lato artistico della danza…
E credo che questo sia molto importante anche per chi balla…
Senza dubbio. Ovviamente è importante essere artisti anche sul piano interpretativo, oltre che sul piano tecnico.
Fra i personaggi cui hai dato vita, quali sono quelli non solo che ricordi più volentieri, ma che ti hanno lasciato qualcosa, su cui hai lavorato meglio?
Il ruolo di Giulietta è uno di quelli su cui ho lavorato parecchio. Non è vero che deve essere interpretato solo da giovani… non è sbagliato interpretarlo a quarant’anni. Andando avanti con gli anni comprendi molto meglio la parte interiore del personaggio. Quando sono stata Giulietta per la prima volta, lo sono stata perché ero una ragazzina, ero giovane… potevo calarmi nel ruolo con maggiore naturalezza. Quando ho ricoperto di nuovo il ruolo di Giulietta l’anno scorso, sempre nella versione di MacMillan, l’ho vissuto diversamente; ma l’ho amato di più...
...hai un segreto, allora?
Per ruoli così artistici serve anche un’esperienza di vita. Ci sono figure in cui non puoi calarti a diciott’anni. Ma non sto parlando di semplici dati anagrafici. Ho conosciuto Kenneth MacMillan, ho parlato con lui una volta… ma sono riuscita a conoscerlo davvero attraverso i suoi balletti. A lui bastava vedere una ragazza, anche del corpo di ballo, per considerarla adatta a un suo ruolo e per sceglierla. Non ha mai guardato nomi e ruoli… non ha mai scelto nessuno solo perché era Margot Fonteyn o Sylvie Guillem. Decideva i cast soltanto sulla base delle sue idee. Con gli anni, dopo la sua morte, questo metodo si è perso. È un peccato. Tanti ruoli vengono ricoperti da ballerine bravissime, ma che forse non sono le più adatte… e possono esserci persone in corpo di ballo che potrebbero dare altrettanto.
La gerarchia è così rigida?
Credo di sì. Anche se probabilmente è dovuto anche al pubblico, che aspetta spesso grandi nomi, mentre dovrebbe invece dare maggiore aiuto anche ad altri artisti…
Forse ha il suo peso il fatto di non avere un coreografo residente…
Certo. Quando c’era MacMillan la sua influenza era molto grande, decideva i cast, minacciando in caso contrario anche di non lasciare andare in scena il suo balletto. Non è sbagliato: le sue coreografie erano accompagnate dalle sue decisioni per quel che riguarda gli interpreti. Tornando a parlare dei ruoli, ci sarebbe quello in Mayerling, un ruolo molto completo per una donna, intenso: amore, passione, madness… Svariati balletti di MacMillan, come Concerto, che è del tutto differente… un balletto astratto, ma che ha saputo darmi molto: l’emozione interiore, quando l’ho ballato, è stata fortissima. Non sono molto esperta se parliamo di un altro coreografo, Frederick Ashton, che celebriamo quest’anno qui alla Royal Opera House con Ashton 100 celebrations, di cui ieri sera hai visto Cenerentola e questa sera vedrai Sylvia. Ho ballato spesso in corpo di ballo nei suoi balletti, come Sogno di una notte di mezza estate… L’unico ruolo importante che ho avuto in una sua creazione è stato quello in Symphonic Variations, un balletto che ti distrugge davvero…!
Beh, hai ballato in Sylvia e in A Wedding Bouquet…
Sì, c’è Sylvia… ci sono stati anche Thaïs e Voices of Spring. Ma non posso definirmi un’esperta di Ashton. A lui piaceva ascoltare la musica e poi ballare, ballare, ballare… aveva un’idea molto precisa di quanto voleva vedere.
Parliamo un po’ del personaggio di Tatiana in Onegin…
Ok!
L’hai interpretato tante volte… ci racconti come l’hai preparato?
Come l’ho preparato…ottima domanda…!
Hai visto il film diretto da Martha Fiennes, per fare un piccolo esempio?
Sì, l’ho visto. Ma non ho mai visto il balletto da spettatrice. Non mi imbarazza dirlo. Conoscevo il balletto, ma non ho mai voluto vederlo. Quando abbiamo avuto Ross Stretton come direttore, ha portato alla compagnia coreografie molto diverse; lui conosceva da tempo Reid Anderson, che detiene i diritti sul balletto Onegin, creato da John Cranko. E a Ross Stretton è sempre piaciuto molto. Era la prima volta che ballavo in una creazione di Cranko. Reid Anderson è venuto per fare i cast, mi ha scelta per la parte di Tatiana… Il problema era questo: in compagnia non c’era un partner che potesse interpretare Eugenio Onegin accanto a me. Allora Anderson, che voleva darmi il ruolo di Tatiana, ha chiamato apposta Robert Tewsley per farlo ballare con me… ci vedeva bene insieme, era convinto che saremmo stati una coppia adattissima. Robert ballava a Stoccarda all’epoca; per questo mentre studiavo il ruolo di Tatiana ero ancora senza partner. Da Stoccarda è arrivato Ivan Cavallari per insegnarci Onegin… così nel frattempo, avendo lui già ballato in questo ruolo, mi ha aiutata. Fino a quando Robert, tre giorni prima dello spettacolo, è arrivato. Non avevamo mai ballato insieme. Abbiamo provato per la prima volta una domenica, dopo esserci conosciuti… e quella domenica abbiamo ballato tutti i passi a due, uno dopo l’altro, senza problemi… per poi portare in scena Onegin il mercoledì successivo. Reid Anderson aveva avuto ragione. Robert in quel ruolo è fantastico, è davvero il suo ruolo. Mi sono trovata benissimo con lui. E, parlando francamente, Tatiana è uno dei ruoli che preferisco in assoluto. Soprattutto nell’ultimo atto… Non riesco a spiegarlo a parole. È un ruolo definitivo per una ballerina, completo. Quel finale, in cui lei rifiuta il suo amore per Eugenio, è devastante… Io trattengo le lacrime, cerco di essere forte, per poi scoppiare quando si chiude il sipario e la tensione si scioglie. Anche se tutti mi invitano a smettere: il pubblico non deve vedere le lacrime, ma solo il carattere forte di Tatiana.
È cambiato il tuo modo di interpretarla con gli anni?
Ogni spettacolo è sempre diverso per me. Non sono una persona calcolata. Non penso sempre a come devo interpretare il ruolo prima di entrare in scena ogni sera… penso ai passi, è ovvio. Ma a livello emotivo, in scena do quello che mi viene naturale. Per questo vivo diversamente ogni ruolo ogni sera. Possono esserci sere in cui piango meno, per esempio… Ogni giorno è diverso, per tutti. Se un giorno sono contenta, essere drammatica è più difficile. È poi il balletto stesso a trascinarti; e pensare al proprio vissuto è sempre un aiuto.
Ti viene lasciata quindi una certa libertà a livello interpretativo…
Reid era molto preciso, soprattutto sui primi due atti, che per me sono più difficili del terzo. Per una ragazza di diciotto anni può essere il contrario. Io, che ho già compiuto i trent’anni, devo invece tornare indietro con l’età. Ma è l’artista che deve sapere come interpretare.
Immagino che tu voglia parlare anche di Anastasia…
Ci tengo a parlare dell’Anastasia di MacMillan in quest’intervista. Anastasia è stato il ruolo più importante della mia carriera. Mi è difficile spiegare le emozioni che ho provato nell’interpretarlo. Mi ha completato come artista; mi ha fatto crescere. Inizialmente non avrei dovuto interpretarlo; avevo studiato il ruolo di Mathilda, la ex-mistress dello zar, un personaggio comunque difficilissimo che ha reso nervose alcune delle più grandi ballerine. Sfortunatamente Tamara Rojo, che avrebbe dovuto interpretare Anastasia, si è infortunata. Io ero determinata a preparare il personaggio di Anastasia anche come sostituta; la storia di Anastasia mi ha sempre affascinato… è così intensa! Ci sono tanti elementi: politici, familiari, emozionali… è una storia molto completa, è anche una tragedia. Mi sono commossa quando ho visitato i luoghi in cui s’è consumata la vicenda di Anastasia in Russia. Ho quindi studiato Anastasia anche per me stessa. Tre giorni prima dello spettacolo Tamara ha deciso di non andare in scena; e Monica Parker, che ha montato il balletto, ha detto: “Mara è pronta. Può farlo”. Avevo provato tutti i giorni, ore e ore… Leggevo anche, nel frattempo, dei libri su Anastasia. È importante per il personaggio conoscere la storia, se si è alle prese con qualcosa di realmente accaduto; una base di cultura storica non può che aiutare. Il ruolo mi piace perché porta a interpretare una bambina spensierata, una parte presente in ognuno di noi, ma che non possiamo esprimere con facilità nella vita reale… è bello ogni tanto esprimerlo, ed è una fortuna poterlo fare in scena. Nel secondo atto invece siamo davanti a una donna cresciuta, una principessa… ed è sempre bello fare la principessa. Il salto forte si ha con il terzo atto, che in origine era l’unico (i primi due sono stati richiesti e aggiunti in un secondo momento). L’ultimo atto concentra in sé una vita intera: sofferenza, amore, esperienza matrimoniale… Sono entrata nella vita di Anastasia percependo addirittura le sue emozioni, grazie alla coreografia di MacMillan… Quel coreografo era un mago, un vero genio! Credo che abbia voluto esprimere le emozioni di una vita in balletti molto drammatici.
Anastasia ha cambiato il tuo modo di recitare?
Sì. Ma anche nel periodo in cui lo interpretavo non riuscivo a uscire dal personaggio dopo lo spettacolo… pensavo continuamente alle sue vicende, ero coinvolta. Mi ha reso un’artista migliore. È strano. Forse molte persone trovano che Anastasia sia un balletto strano, difficile da amare… ma per una ballerina è davvero un ruolo completo. È ballato, tecnicamente non dà tregua dall’inizio alla fine, anche se nel terzo atto ogni movimento è funzionale all’espressione di uno stato d’animo.
Ti sei comunque cimentata anche in ruoli tecnicamente molto difficili e relativamente meno complessi sul piano interpretativo. Restando legati a MacMillan, in Manon hai avuto la parte della mistress di Lescaut…
Hai ragione: è meno complesso per quanto riguarda l’interpretazione. Non è un ruolo che amo alla follia, ma è divertente. Tecnicamente è difficile, complesso… ma mi sono divertita. A livello di recitazione non crea difficoltà, non è necessaria la concentrazione che richiedono figure più drammatiche. Debutterò invece nel ruolo della protagonista, Manon, quest’estate in Giappone… sono molto contenta.
Ci parli dei tuoi partner più importanti, fra cui abbiamo già ricordato Robert Tewsley?
I più importanti sono stati Irek Mukhamedov e Adam Cooper (che molti ricorderanno per il cameo nel finale del film Billy Elliot di Stephen Daldry, in cui interpreta il protagonista adulto). Ho ricordi splendidi di La Ronde e Mayerling ballati con Adam. Insieme a lui ho ballato Onegin, Thaïs… è un interprete molto naturale, e per questo siamo sempre andati molto d’accordo. Non ho mai avuto problemi con Adam, è una persona adorabile. E siamo sulla stessa frequenza anche a livello personale. Irek invece ha fatto tanto per me, ha sempre cercato di spingermi avanti a livello di carriera. Quando Viviana Durante ha lasciato la compagnia è stato lui a chiedere di ballare con me, anche se ero troppo giovane. Ho ballato spesso anche con la compagnia di Irek… Non posso non dire che ballare con lui è un’esperienza incredibile: la parola per descriverlo è “fantastico”. Un grandissimo artista, con un grande cuore. La partnership con lui è stata importantissima. Balliamo insieme ancora oggi, ogni tanto… nei ruoli che può ancora ricoprire. Sono stata al suo fianco anche in occasione della sua ultima Mayerling. Parlando di questo balletto, posso dirti che Robert Tewsley l’ha ballato la prima volta con me. Robert, Irek e Adam sono davvero i miei partner preferiti. Se ne sono andati tutti e tre… sono rimasta sola!
Beh, fra gli artisti del Royal Ballet hai ballato con Martin Harvey in occasione del tuo ultimo Onegin…
Sì, ho ballato con Martin quando ho interpretato Tatiana la scorsa stagione, anche se non ho mai lavorato molto con lui. Sono stata comunque molto contenta di quegli spettacoli. Ho ballato Romeo e Giulietta con Federico Bonelli, e anche quell’esperienza mi ha resa felice… una coppia di italiani qui a Londra per questo balletto… una cosa speciale. Devo dire però che mi manca una partnership solida, un partner con cui ballare abitualmente. Irek non può più farlo regolarmente, Adam ha lasciato la compagnia, Robert ha lasciato la compagnia… se ci sono occasioni, comunque, consideriamo sempre la possibilità di ritrovarci, di chiamarci a vicenda. Spero allora che Monica Mason mi trovi presto un partner stabile…!
Ci sono mai state discussioni con i tuoi partner… problemi o incidenti?
Non ho mai avuto rapporti burrascosi con i miei partner, le discussioni sono state pochissime. Di incidenti nei pas de deux non ne ho mai avuti per fortuna!
Fra le tue colleghe, invece, ce n’è qualcuna che apprezzi in modo particolare? Ti faccio io il primo nome: Sylvie Guillem…
Dai tempi della scuola ho avuto una grandissima stima per Sylvie Guillem, ho sempre ammirato molto la sua tecnica. Alessandra Ferri, che però non balla nella nostra compagnia, mi ha ispirato molto, vederla è stato un forte stimolo. Fra le mie colleghe ammiro tanto Tamara Rojo: lavora parecchio e ha uno stile particolare, diverso da molti altri. Ammiro le persone che sono se stesse, che non cercano di diventare personaggi che non sono, di copiare. Tamara non ha mai cercato di imitare qualcuno. Come lei, anche Alina Cojocaru, e molte altre ballerine. Sono sempre contenta per il successo di tutte loro… ho le mie preferenze, ma è questione di gusto personale.
C’è amicizia? Vi trovate bene fra di voi?
Le amicizie qui al Royal Ballet sono stupende. Non c’è gelosia, non si sgomita. L’ambiente è molto sano nella relazione con i colleghi. Le nostre carriere convivono e si evolvono insieme. È per questo che amo la compagnia: ognuno è diverso, ognuno ha la sua personalità. Ed è questo che crea ricchezza.
Le nazionalità degli artisti qui sono molteplici, in effetti… Tu sei la sola Principal femminile italiana…
Per questo il Royal Ballet è il Royal Ballet. Non è questione di British people. È perché c’è tanta scelta per qualsiasi tipo di repertorio: noi non abbiamo bisogno di ospiti che vengano da fuori. C’è molta attenzione per l’artista. Sono diventata Principal non perché ho nel mio curriculum una serie di ruoli, ma perché le interpretazioni di personaggi principali che ho dato erano al livello di una Principal. Qui non si arriva al grado di Principal solo perché si fa un certo tipo di ruoli classici.
Hai comunque sostenuto diversi ruoli principali in balletti del repertorio classico più impegnativo…
Sì. Ho interpretato La Fille Mal Gardée, sempre di Ashton, per farti un esempio. Poi Paquita, di cui esiste un video che non ho mai visto…
Ti rivedremo un po’ più spesso in Italia?
L’8 febbraio farò uno spettacolo per beneficenza, cui parteciperanno anche dei bambini di scuola privata. Non sarà un gala di soli adulti… Si terrà al Teatro Grande di Brescia, sarà costituito da quattro passi a due che io interpreterò, e probabilmente ci saranno anche variazioni di due ballerini. Spero di poter in futuro arrivare in Italia per uno spettacolo con artisti del Royal Ballet.
Che ricordo conservi degli anni della scuola in Italia?
È strano… ma non ho un bel ricordo degli anni della scuola. E il motivo è soprattutto il fatto d’aver lasciato la mia famiglia molto presto. Mi è mancata moltissimo. Vivevo a Milano, mentre i miei stavano a Brescia. Ho perso tanta adolescenza, non pensavo a uscire e divertirmi… Non sono pentita però. È servito. Anche se l’esperienza mi ha reso troppo indipendente, a volte; spesso divento aggressiva nel voler fare tutto a modo mio. Credo sia dovuto al fatto d’essermene andata presto da casa.
Quali sono le tue passioni, oltre la danza?
Suono il pianoforte e compongo. Ho creato musiche, sui cui forse un giorno riuscirò a vedere una coreografia… mai dire mai! Mi piace molto andare a cavallo…
Non è un problema per una ballerina?
Certo che lo è! Infatti spesso e volentieri non lo dico… Ma amo tanto i cavalli. Cavalcare è una sorta di liberazione per me, il contatto con la natura… Confesso di non essere una grande spettatrice per il balletto. Se esco una sera non vado a vedere un balletto… ho bisogno di distrarmi, lasciare da parte il lavoro. Non mi dispiace vederli ogni tanto, ma non sono una fanatica. A teatro vado a vedere prosa, al massimo musical. Vado poi al cinema, ma mi piace anche stare a casa, cucinare. So essere una persona casalinga… non sono una party girl!
Ti rimane tempo libero?
Da quando sono Principal sì… fortunatamente ho più tempo libero adesso. Posso passare più tempo con il mio ragazzo, con cui sono fidanzata da tre anni e mezzo ormai. Lui lavora come meccanico di palcoscenico. Ci siamo conosciuti in tournée… era la sua prima tournée con il Royal Ballet. Ci siamo incontrati fra le quinte…! Sono felicissima. È importante avere una vita al di fuori della professione per non rimanere troppo coinvolta con il lavoro. Non è stato comunque facile, se devo dirlo, trovare amici fuori dal teatro… Londra è immensa.
Hai fatto incontri interessanti qui?
Diversi anni fa ho conosciuto Patrick Swayze, mentre provavo un passo a due di Ashley Page, i cui balletti sono di una difficoltà enorme. Page lo conosceva… e Swayze è venuto a vedere le prove. È stato un colpo trovarmelo davanti.
Hai citato Ashley Page… il tuo rapporto professionale con lui é stato molto importante: ha creato dei ruoli per te, ti ha voluta come guest...
La relazione che ho - e che ho sempre avuto - con Ashely Page é davvero molto bella. Adoro lavorare con lui: mi ha sempre dato molta confidenza e fiducia. E insieme abbiamo lavorato parecchio; ha creato tanti balletti su di me e per me… È una persona stupenda, ricca d’immaginazione. Trova che io sia anche una ballerina molto sensuale… e infatti, nella maggior parte dei casi, i suoi sono balletti piuttosto sexy! Lui lavora in Scozia al momento, è direttore dello Scottish Ballet da quasi due anni ormai; e l’anno scorso mi ha invitata per ballare la sua nuova produzione di Schiaccianoci. Un’esperienza splendida! La compagnia lavora davvero bene. Lavorare con Ashely é stata una grande gioia. Speriamo di tornare a collaborare di nuovo in futuro.
Altre conoscenze…?
Ho conosciuto Clinton, un personaggio che mi è piaciuto molto. Se dobbiamo andare avanti, David Beckham, il principe Carlo e la principessa Margaret… Bryan Adams…
E quei tuoi amici…
I Keane, è vero! Sono comparsa in un video di pop music… sono nel video del loro Everybody’s Changing.
Balli?
No, suono il pianoforte in tutu.
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Immagini e foto di scena di Bill Cooper, Yuko Miyazawa, Andy Whale. Per gentile concessione della Royal Opera House, Covent Garden, Londra.
Foto di scena: nell'ordine, Mara Galeazzi in Mayerling (con Johan Kobborg), in Onegin (sola e con Martin Harvey), in Anastasia, in Sylvia (con Darcey Bussell e Jonathan Cope), ancora in Onegin (con William Tuckett).
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(28.01.'05) Intervista a cura di: Alessandro Bizzotto
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